di Giuseppe Romano
Un’espressione che, talvolta, amava usare Roberto Lorenzini, che mi è rimasta impressa e che simpaticamente mi fa pensare al suo sguardo e al suo sorriso, mentre lo dice, aspettandosi una reazione divertita da parte di chi lo ascolta.
Roberto era così: diretto, semplice, schietto, con la sua ironia che colpiva e faceva riflettere, ma che, spesso, capivi qualche istante dopo.
Allora anche io, a bischero sciolto, voglio raccontare un po’ di lui, ricordare un po’ di lui con me, raccontare un po’ di noi.
Voglio un bene enorme a Roberto.
Il suo insegnamento e la sua presenza, nella mia vita, vanno oltre la “semplice” importanza che ha avuto come didatta.
Mi ha aiutato a diventare un uomo prima ancora che un terapeuta.
Mi ha sostenuto, soprattutto durante gli anni della mia formazione, in modo rispettoso e attento delle mie necessità, attento alla persona che ero, alle mie fragilità e ai miei limiti, non facendomi mai percepire di essere in debito con lui… e invece gli devo tanto.
Roberto ti capiva e sapeva usare le giuste parole per starti vicino in modo discreto, il suo supporto era fondamentale e ti arrivava dritto e profondo e in quei momenti, chiudendo la conversazione o leggendo tra le righe del suo messaggio o della sua mail, mi accorgevo che mi stava dicendo proprio quello che mi serviva. Ed era così, con me, sia come didatta che come collega e amico.
Sapeva trarre da qualsiasi avventura e disavventura un’occasione, uno spunto, per elaborare una possibile teoria, per dare origine a una riflessione clinica, per delineare una nuova manovra terapeutica. Mi ha insegnato ad avere un atteggiamento aperto e curioso, nei confronti dei pazienti, ad essere benevolo e rispettoso verso le idee altrui: anche quella che può sembrare un’apparente conclusione inutile, merita di essere ascoltata perché è frutto di riflessione e impegno, perché il processo di ragionamento è più importante del risultato a cui si è giunti.
Sono tanti e preziosi i ricordi insieme: le sere, dopo una cena con Brunella, Andrea e Luigi, a discutere di “credenze dolenti” e “teorie naïve”, i capitoli scritti a 4 o 6 mani, i viaggi in macchina verso Grosseto, verso le sedi dei congressi SITTC o il Forum di Assisi, le mail di supervisione che scriveva alle 4 di notte e che leggevo la mattina appena sveglio.
Estote parati: da bravo formatore e capo scout, ce lo hai fatto capire almeno altre due volte che dovevamo essere pronti a questo momento, ma non è così, non sono pronto… lasci un vuoto incolmabile.