Immagina positivo… E ce la farai!

di Barbara Basile

Visualizzare immagini di sé positive le rende più probabili

L’immaginazione come modalità di accesso a processi emotivi e cognitivi più o meno consapevoli è stata largamente usata nell’antico Egitto, nel Buddismo Tibetano e dai Gesuiti, dove Sant’ Ignazio di Loyola proponeva di visualizzare la vita dei santi con l’obiettivo di trarne inspirazione e farsi guidare da essi. L’utilizzo delle tecniche di imagery positivo” ha trovato ampia diffusione nella psicologia dello sport, dove, tramite simulazione mentale, viene usata per anticipare e prevedere strategie e mosse future proprie e dell’avversario, con l’obiettivo di aumentare le probabilità di vittoria.

Il centrocampista e attaccante brasiliano Ronaldinho racconta: “Quando mi alleno, mi concentro per creare un’immagine di come potrei passare al meglio la palla al mio compagno di squadra, preferibilmente lasciandolo da solo di fronte alla porta. Quello che faccio prima di una partita, giorno e notte, è cercare di visualizzare il più spesso possibile come potrebbe andare la partita, immaginando gli scenari e i passaggi più improbabili. Avendo chiaramente a mente chi sono i miei avversari. In pratica, immagino la partita e il suo esito”.

È noto da diversi studi che immaginare esiti più positivi nel futuro ne rende più probabile l’accadimento. Ad esempio, immaginare che il proprio partito politico vincerà le prossime elezioni rende l’evento più probabile, così come è altrettanto vero il contrario: immaginare i sintomi di un certo disturbo è associato a una maggior probabilità di contrarre proprio quel disturbo.

Nell’ambito della psicoterapia, le tecniche di visualizzazione positiva vengono utilizzate per immaginare nel modo più vivido possibile un evento prossimo, in modo da sviluppare in imago un migliore problem solving, una maggiore assertività o delle abilità di auto-regolazione emotiva. A sostegno dell’utilità dell’immaginazione interviene anche la teoria dell’equivalenza funzionale di Kosslyn. Questa suggerisce che immaginare un comportamento o un vissuto attiva un network cerebrale analogo a quello coinvolto nella sua esperienza reale. Di conseguenza, immaginare un comportamento più sano e adattivo ne faciliterà la concretizzazione nella realtà.

L’immaginazione positiva viene usata anche per definire gli obiettivi di un individuo. Martin Conway, professore all’University of London,  la definisce come “un tipo di rappresentazione mentale specializzata nel figurarci i nostri obiettivi”: l’immaginazione positiva  sembrerebbe, dunque, un vero e proprio linguaggio “degli scopi”. Per Emily Holmes, psicologa inglese e insegnante al Karolinska Institutet, in Svezia, l’imagery positivo aumenta la probabilità di agire in linea con e di raggiungere i propri obiettivi, e anche in ambito clinico.

Numerosi approcci di Terapia Cognitivo Comportamentale promuovono l’applicazione di tecniche immaginative positive per favorire comportamenti e immagini di sé più sane e funzionali. I principali sono la Compassionate Mind Therapy (CMT) di Paul Gilbert, il Competitive Memory Training (COMET) di Kees Korrelboom, il modello del nuovo senso di sé di Christine Padesky, l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) e il potenziamento del Mode dell’Adulto Sano della Schema Therapy.

In questi giorni, e per tutto il 2020, la Scuola di Psicoterapia Cognitiva ha promosso, in diverse sedi italiane dei corsi specifici sull’applicazione delle tecniche di immaginazione in psicoterapia, usando come cornice di riferimento teorico il modello della Schema Therapy.

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