Giornata salute mentale: webinar sul DOC

COME LA PANDEMIA HA PEGGIORATO
I SINTOMI OSSESSIVO-COMPULSIVI

Gli esperti spiegano effetti e cure in un webinar aperto a tutti il 10 ottobre 2021 alle ore 17.00

La pandemia da Covid-19 ci ha resi tutti un po’ ossessivi. “Mi sono disinfettato a sufficienza?”, “Indossavo correttamente la mascherina?”, “Anche le scarpe potrebbero essere contaminate?”, “E la spesa?”, “La posta?”: queste domande hanno spesso attraversato la nostra mente spingendoci a prestare attenzione ai nostri gesti, a prendere tutte le precauzioni per non contrarre il virus e non trasmetterlo ai nostri cari. In questo contesto pandemico, abbiamo avuto un assaggio di cosa voglia dire temere di esser contagiato e di quanto impegno e stress comporti la prudenza.

Cosa distingue il normale dubbio da quello patologico?
Quali sono i meccanismi che imprigionano la persona nelle maglie del disturbo Ossessivo Compulsivo? Come uscirne?

Se ne parlerà domenica 10 ottobre 2021 nel corso della terza edizione della conferenza Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC): comprendere come funziona per scegliere come curarsi, organizzata dalla Scuola di Psicoterapia Cognitiva di Roma in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, che da oltre venti anni si propone di sensibilizzare le istituzioni e la comunità e di stimolare gli sforzi necessari affinché tutti possano esercitare il pieno diritto al benessere psicologico. L’incontro, patrocinato dall’Associazione Italiana Disturbo Ossessivo-Compulsivo (AIDOC) e dalla SITCC Lazio (Società Italiana Terapia Comportamentale Cognitiva), si svolgerà alle ore 17.00 in modalità webinar, è gratuito e aperto a tutti.

“Ho investito qualche pedone mentre guidavo la mia automobile?”
“Ho lavato a sufficienza le mani?”
“Ho chiuso il gas? E la portiera della macchina?”
“Ho disposto correttamente gli oggetti sulla scrivania?”

Sono questi normali dubbi che insorgono quotidianamente nella nostra mente senza crearci particolare disagio. Quando persistono e condizionano pesantemente la vita della persona, arrivano a configurare un vero e proprio disturbo, il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC): secondo stime recenti, in Italia sono circa 800 mila le persone che ne soffrono. Il DOC può essere così debilitante e invasivo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo ha classificato nella Top ten delle malattie più invalidanti, in termini di perdita di reddito e riduzione della qualità della vita. Le persone affette da questo disturbo si ritrovano a svolgere ogni giorno controlli estenuanti per accertarsi di aver chiuso la porta di casa, l’auto, il gas, a effettuare lavaggi massacranti del proprio corpo e dell’ambiente per prevenire malattie, a ripetere scaramanticamente gli stessi gesti per scongiurare eventuali disgrazie, o, ancora, a ripercorrere alla guida della macchina lo stesso tragitto diverse volte per sincerarsi di non aver causato incidenti.

Diversi studi si sono occupati di verificare gli effetti che la diffusione del Covid 19 e le conseguenti misure di prevenzione e contenimento, abbiano avuto sulla salute fisica e mentale della popolazione mondiale. Gli autori hanno registrato un generale peggioramento di diversi quadri clinici e un aumento delle difficoltà psicologiche sia negli adulti (Hao et al., 2020) sia nei bambini e negli adolescenti (Clemens et al., 2020). Alla luce di questi dati, è interessante chiedersi quali siano state le conseguenze che l’emergenza Covid-19 abbia avuto sul disturbo ossessivo compulsivo; d’altra parte, quello che stiamo vivendo equivale per molti di noi ad un assaggio dell’universo in cui una persona con disturbo ossessivo compulsivo si trova a vivere ogni giorno: in particolare, siamo colpiti da frequenti pensieri intrusivi circa la possibilità di esserci contaminati o sulla responsabilità che abbiamo nel proteggere adeguatamente noi stessi e i nostri cari.

Recenti ricerche hanno analizzato i dati raccolti durante il primo lockdown (gennaio-maggio 2020) su persone con disturbo ossessivo compulsivo in diversi Paesi compresa l’Italia (Benatti et al., 2020) ed è stato dimostrato un peggioramento dei sintomi ossessivo-compulsivi confermato anche sul campione italiano. In particolare, è stato dimostrato un aumento significativo delle ossessioni di contaminazione e delle compulsioni di lavaggio sia negli adulti (Prestia et al., 2020) sia nei bambini e adolescenti anche in presenza di un trattamento in corso (Tanir et al., 2020). Una possibile spiegazione di questi dati potrebbe essere correlata al timore costante circa il virus e alle incessanti raccomandazioni nel mantenere elevati livelli di igiene (Chaurasiya et al., 2020).

Infine, è stato registrato un aumento dei comportamenti di evitamento e una maggiore richiesta di consulenza psichiatrica durante il lockdown rispetto all’anno precedente (Capuzzi et al., 2020).

Nel webinar in programma domenica 10 ottobre, a condividere e divulgare le conoscenze scientifiche a oggi disponibili su questo disturbo saranno esperti di fama nazionale e internazionale, moderati dalla giornalista Paola Mentuccia: Francesco Mancini, psichiatra e psicoterapeuta, direttore delle Scuole di Specializzazione In Psicoterapia Cognitiva (SPC) e gli psicologi e psicoterapeuti Teresa Cosentino, Francesca Mancini, Monica Mercuriu, Giuseppe Romano, Angelo Maria Saliani, Paola Spera e Katia Tenore.

Nel corso dell’evento, saranno affrontati i diversi aspetti del Disturbo Ossessivo-Compulsivo, per chiarirne le caratteristiche nei soggetti in età evolutiva e negli adulti e illustrare i trattamenti di provata efficacia. In particolare, i relatori si concentreranno sui seguenti temi:

  • Cos’è il DOC, come si manifesta e quanti sottotipi esistono
  • Quanto è diffuso e che impatto ha sulla società e sulla vita di chi ne soffre
  • Il DOC in epoca Covid-19
  • Perché la persona non riesce a liberarsi da quei pensieri, pur giudicandoli assurdi o esagerati
  • Come mai ripete più e più volte lo stesso gesto/azione e ha difficoltà a smettere
  • Quali sono i segnali del DOC nei bambini e come distinguerli dai tic
  • Quali sono le cause del DOC e i fattori che predispongono la persona al suo sviluppo
  • Quali sono le cure che si sono dimostrate efficaci per gli adulti e per i bambini
  • Cosa possono fare i familiari per essere d’aiuto ai propri cari.

Ampio spazio sarà dedicato, infine, alla discussione e alle domande che arriveranno dal pubblico.

Per informazioni: 3332541724 –  conferenzadoc@apc.it

 

2 aprile 2020: autismo in quarantena

di Giulia Giovagnoli

Oggi ricorre la Giornata Mondiale dell’autismo. Non siamo tutti uguali in questo straordinario momento di isolamento e di paura

Passa una pubblicità: una famiglia sorridente si gode la quarantena, condivide momenti di gioia ritrovata per la coatta possibilità di vivere insieme giornate altrimenti trascorse dietro a mille impegni. Con una musica che ormai ci nausea, la televisione consiglia come trascorrere le giornate. Il Coronavirus ci sta regalando ciò che avevamo perso: il tempo con i nostri cari.

Questo vale, però, solo per alcune famiglie, quelle dove il tempo trascorso a casa è prezioso, ricco, da raccontare nei Natali che verranno.

Tuttavia, esiste anche un’altra realtà, ben diversa, dove la quarantena non regala tempo, ma lo sottrae: è il tempo della terapia, della riabilitazione e della socializzazione.

In Italia, le persone che presentano un disturbo dello spettro autistico sono migliaia e ora, come tutti, sono costrette a rimanere a casa. La situazione allora è molto diversa dalla pubblicità.

I genitori che ancora hanno un impiego sono occupati nello smart working e il lavoro non fa sconti nemmeno se si ha nella stanza accanto un bambino che ha bisogno di attenzioni e stimoli costanti. Madri e padri si alternano nel cercare di intrattenerli, ma non è semplice. Gli interessi non sono quelli dei loro coetanei neurotipici, spesso non si può semplicemente fare un puzzle o un disegno. Bisogna inventarsi attività a misura del bambino, tenere conto dei suoi interessi, delle sue capacità e rispettare tempi di attenzione spesso brevi. Se il figlio è grande, intrattenerlo è forse ancora più dura. D’altra parte, lasciarlo da solo significa sapere che penserà ai suoi interessi stereotipati, ripeterà frasi apparentemente senza senso, camminerà avanti e indietro senza uno scopo preciso. I dispositivi elettronici arrivano in soccorso intrattenendolo più a lungo, ma spesso con la conseguenza di aumentare quel soliloquio senza senso. Il genitore lo sa: gli deve lasciare quel tempo da solo, è inevitabile. Intanto, il telefono squilla, il capo chiama, c’è una scadenza da rispettare, un lavoro da mantenere.

Il costo da pagare è il conto emotivo che si presenta quando il genitore si chiede se tutto quel tempo da solo gli abbia fatto male; quando si angoscia pensando alle ore di terapia perse, alle occasioni di socializzazione ormai inesistenti, alla paura di veder svanire le conquiste faticosamente raggiunte; quando si rimprovera per non aver avuto pazienza, si sente in colpa e si rinnova la sofferenza e il senso di impotenza.

Certo, la salute fisica è un bene più grande. Lo sanno perfettamente questi genitori che dal giorno della diagnosi si chiedono: “Cosa succederà quando non ci sarò più?”. Chissà, allora, quanta paura si prova per il contagio, per la morte, quanto timore si può provare di lasciare un bambino o un ragazzo senza aver avuto il tempo per programmare il suo futuro. Chissà come può essere angosciante il pensiero di vedersi sottrarre un posto in terapia intensiva riservato a qualcuno “sano”, qualora il proprio figlio venisse contagiato.

Il disturbo dello spettro autistico ci impone di considerare che l’uguaglianza non è giustizia e che “tutti” è una parola che fa rabbia. Non siamo “tutti uguali” nella vita quotidiana, quando i pomeriggi sono scanditi dagli orari delle terapie, i pasti dai gusti selettivi dei bambini, lo stipendio dal pagamento delle terapie spesso private, la scuola dai programmi differenziati e dagli insegnanti di sostegno. Non siamo “tutti uguali” quando i genitori devono imparare da specialisti come interagire con i loro figli, come stimolarli, come gestirli. Non siamo allora “tutti uguali” adesso, in questo straordinario momento mondiale di isolamento e di paura.

Oggi, 2 aprile, ricorre la Giornata Mondiale per la consapevolezza dell’autismo e forse i palazzi della politica e della cultura verranno illuminati di blu. Forse “tutti gli altri” ricorderanno che esiste anche questa realtà e che ha diritto di essere ascoltata soprattutto adesso. Se non siamo “tutti uguali” nelle difficoltà, non dobbiamo esserlo nemmeno nel riconoscimento dei diritti: il diritto di uscire di casa, di avere un sostegno economico per proseguire le terapie, di avere degli esoneri prolungati dal lavoro, di usufruire di una didattica specializzata e individualizzata.

Forse le luci blu serviranno a ricordare a tutti che il disturbo dello spettro autistico non è il problema di pochi ma una responsabilità comune e, come diceva Fabrizio De André: “Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”.