Clinica della Mente Ossessiva

di Valentina Silvestre e Cecilia Laglia

Secondo weekend del ciclo di workshop dedicato al disturbo ossessivo compulsivo

Nel secondo weekend del ciclo di workshop “Clinica della Mente Ossessiva”, tenutosi a fine marzo presso la sede della Scuola di Psicoterapia Cognitiva di Verona, Barbara Barcaccia, psicologa psicoterapeuta, ha introdotto e approfondito gli interventi di terza ondata della psicoterapia cognitiva.
La prima giornata è stata incentrata sull’applicazione della Mindfulness nel trattamento del paziente ossessivo. Il primo protocollo basato sulla mindfulness fu il programma Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), riduzione dello stress basato sulla mindfulness, descritto dal suo autore Jon Kabat-Zinn e indicato per la gestione dello stress in persone con malattie organiche e/o con difficoltà di coping rispetto al dolore e alla disabilità. Negli anni si sono sviluppati numerosi protocolli basati sulla mindfulness per i disturbi clinici, Mindfulness-Based Interventions (MBI), che ricalcano la struttura dell’intervento MBSR ma che presentano delle specificità a seconda del disturbo target. L’applicazione della mindfulness al trattamento di disturbi psicologici implica il divenire consapevoli di ciò che sta accadendo dentro di noi e ri-direzionare l’attenzione per non essere travolti dalla prepotenza dei contenuti mentali. La mindfulness è l’opposto dell’agire con il «pilota automatico», meccanicamente e inconsapevolmente. Per molti pazienti con DOC questo rappresenta un’abilità rilevante: è proprio la reattività automatica a intrusioni, emozioni e sensazioni a determinare l’innesco di circoli viziosi auto-invalidanti. In un contesto di Mindfulness Based Cognitive Therapy (MBCT), i pazienti accettano di esporsi grazie al precedente addestramento alla mindfulness, in cui la pratica rende l’esposizione meno traumatica.
Nella seconda e terza giornata è stata messa in evidenza l’importanza dell’applicazione dell’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo.
Il tema dell’accettazione ha le proprie radici nella tradizione filosofica Occidentale che si è, poi, incontrata con quella Orientale e con i più recenti sviluppi degli interventi clinici basati su accettazione e mindfulness. L’ACT sottolinea l’importanza di due aspetti centrali: l’accettazione di ciò che non si può evitare e l’impegno a camminare in direzione dei propri desideri e valori. L’obiettivo dell’ACT non è quello di cambiare i contenuti dei pensieri disfunzionali ma il modo di rapportarsi ad essi, imparando a riconoscerli come prodotti della nostra mente. Nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) lo scopo è quello di aiutare il paziente ad accettare l’esperienza di colpa e confrontarlo con la possibilità di smettere di prevenire il rischio di essere moralmente imperfetto. Nel favorire l’accettazione della colpa, la rinuncia allo scopo di prevenire la colpa può implicare nel paziente con DOC una diminutio sul piano del valore morale: si ha una rinuncia senza diminutio quando il paziente valuta la possibilità di rinunciare a mettere in atto i tentativi di soluzione come qualcosa che può essere moralmente imperfetto ma compatibile con il mantenimento del proprio valore morale. L’identificazione dei propri valori personali è un passo fondamentale: rappresentano la bussola che indica la direzione, la direzione di vita prescelta. Sono il motore del cambiamento in terapia, ciò che consentirà al paziente di affrontare la sofferenza per poter vivere una vita degna di essere vissuta. Le giornate si sono strutturate in un’ottica esperienziale, per apprendere in prima persona le tecniche proposte. Come ha affermato Jon Kabat-Zinn: “L’insegnamento deve scaturire dalla pratica personale”.

Perché il perdono può essere talvolta una via d’uscita dalla sofferenza emotiva?

di Barbara Barcaccia

Quando sentiamo che abbiamo subìto un torto ingiusto e che qualcuno ha violato i nostri diritti o i princìpi in cui crediamo, ci sentiamo feriti, offesi. A seconda del nostro sistema di valori, l’offesa sarà per noi più o meno grave. Ma conta anche il modo in cui è stata perpetrata l’offesa, ad es. quanto siamo convinti che il comportamento offensivo dell’altro sia stato intenzionale: quanto è stato deliberato il torto commesso? Quanta responsabilità ha la persona che ci ha fatto del male, secondo noi? Infatti, quando una vittima pensa che l’offensore sarebbe stato perfettamente in grado di controllare il proprio comportamento, e invece non lo ha fatto, tende a provare più rabbia. Tra le altre variabili che possono incrementare il peso dell’offesa, ci sono la reiterazione, per cui essa viene ripetuta più e più volte, ma anche il grado di vicinanza con la persona (più si è in una relazione stretta, più intensa sarà la sofferenza), e se lede gravemente la dignità della persona. Infine, il fatto che chi ci ha offeso non riconosca il danno compiuto e che non chieda scusa per la propria azione, rendono ancora più bruciante la ferita.

È noto che, alle offese percepite come gravi si tende a reagire, istintivamente, con l’odio e la vendetta, oppure con l’evitamento e la fuga. Si tratta di reazioni che, pur messe in atto nella convinzione di poter essere risolutive, purtroppo tendono a peggiorare la sofferenza della vittima dell’offesa. In pratica, i tentativi di soluzione diventano problemi, ed è per questo che la psicologia ha cominciato a occuparsi del perdono, intravedendone le potenzialità benefiche in termini psicologici. Leggi tutto “Perché il perdono può essere talvolta una via d’uscita dalla sofferenza emotiva?”

Il processo di accettazione in psicoterapia: Corso sull'Acceptance and Commitment Therapy

di Elena Bilotta

L’acronimo ACT racchiude in sé gran parte del significato dell’approccio dell’Acceptance and Commitment Therapy: l’azione. Ma fare ACT non vuol dire solo rimboccarsi le maniche e mettersi all’opera. Il passaggio all’azione è accompagnato da un processo di accettazione, che comporta un nuovo modo di porsi nei confronti delle credenze e delle emozioni disfunzionali: riuscire a vedere il pensiero come una serie di parole in fila e fare spazio all’emozione scomoda, passandoci attraverso, senza esserne sovrastati. Nei due giorni intensivi del Corso tenutosi a Roma (5 e 6 marzo 2016)ACT Roma, 5 e 6 Marzo 2016, la Dott.ssa Barbara Barcaccia* ci ha fornito una chiara visione del modello dell’Acceptance and Commitment Therapy, trasmettendo con grande entusiasmo la chiave di lettura ACT all’intervento in psicoterapia. Leggi tutto “Il processo di accettazione in psicoterapia: Corso sull'Acceptance and Commitment Therapy”