“L’ultimo passo della ragione è il riconoscere che ci sono un’infinità di cose che la sorpassano” (Blaise Pascal)
Ogni evento storico offre all’uomo la possibilità di porre se stesso di fronte ad uno specchio, per interrogarsi e comprendere maggiormente la propria natura e la qualità delle proprie relazioni. Come sistole e diastole, ai tempi del nuovo Corona Virus, assistiamo all’alternarsi di considerazioni tra egoismo e altruismo, senso civico ed anarchia, psicosi di massa e comportamento orientato, filantropismo e mors tua mascherina mea.
Diversi quotidiani, negli ultimi tempi, riportando la bizzarra vicenda che ha coinvolto la birra messicana “Corona”, hanno suggerito un interessante spunto di riflessione sul funzionamento della mente umana: il famoso brand, infatti, in una sola settimana ha perso l’8% alla borsa di New York a causa di un deliberato associazionismo lessicale e di significato con il famosissimo virus Covid-19. Quali spiegazioni psicologiche possono sottostare ad un simile meccanismo e giustificare una perdita economica di 285 milioni di dollari in pochi giorni? In che maniera si sviluppa un legame reale e sostanziale tra le parole e la realtà delle cose?
Il verbo «contaminare», che in latino, lingua da cui proviene etimologicamente, presenta lo stesso tema di «tangere» (toccare), suggerisce l’idea che la parola, da sempre creatrice di significati, non è solo capace di rievocare immaginari altri, ma anche di avere un illusorio potere di fusione con la realtà, tanto da riuscire a modificarla con la sua azione: “Non esiste una magia come quella delle parole” (Anatole France).
La contaminazione per somiglianza è un fenomeno ben noto alla psicologia, ampiamente descritto, già nei primi del ‘900, dall’antropologo Frazer nella sua opera “Il ramo d’oro”: il pensiero magico incarna una forma mentale che contraddistingue il funzionamento cognitivo infantile, le cui tracce sono però spesso rintracciabili anche nella mente adulta. Questo fa sì, dunque, che la razionalità umana, specialmente nei momenti di stress, lasci facilmente spazio a modalità decisionali atte a seguire principi ben diversi dal cogito cartesiano. “Legge di similarità” e “legge di contatto”, infatti, suggeriscono come, da sempre, il simile produca il simile (è possibile nuocere a un nemico danneggiando una sua immagine), l’effetto rassomigli alla causa e le idee vengano costantemente associate per similarità e contiguità. La creazione di una causalità illogica e irrazionale si esprime non di rado attraverso una rottura dell’organizzazione spazio-temporale o la creazione di coincidenze tra il tutto e le sue parti (riti magici, totemismo, agiti scaramantici).
Fin dalle origini l’uomo ha sempre tentato di dominare l’ambiente sviluppando rapporti tra fenomeni fittizi e completamente slegati fra loro. In questo modo, il desiderio di considerarsi agente attivo della propria esistenza ha prevaricato, a livello transgenerazionale e transculturale, una deprimente razionalità, impronta della sua finitudine e precarietà. Non di rado, di fronte a impotenza e paura, si rilevano nella mente umana bias di “illusory correlation” (correlazione illusoria) che, oltre a ostacolare il pensiero critico, giudicano interdipendenti eventi appartenenti a differenti domini della realtà.
L’essere umano, dunque, di fronte all’angoscia ed all’insicurezza, mosso da un atteggiamento iperprudenziale, regredisce ad un pensiero magico il cui scopo primario risulta essere quello di difenderlo, proteggerlo e conferirgli un’illusoria rassicurazione. Il desiderio di “rubare il fuoco” rende l’individuo contemporaneo un goffo Prometeo, tanto desideroso di conoscere e dominare ciò che non può essere conosciuto e dominato, quanto primitivo nell’accettare e affrontare la realtà. Pandemie, guerre e sconvolgimenti naturali, tuttavia, spaventano proprio perché ricordano all’uomo la più banale delle verità: il suo essere mortale. Non accettare tale condizione significa scivolare in strategie negazionistiche, ipercontrollanti o scaramantiche, tanto “selvagge” e inutili quanto banalmente rassicuranti.
Ai tempi del Corona Virus, quando la razionalità sembra spesso lasciar spazio a più veloci e primordiali fenomeni di pensiero, sembra vero ciò che ironicamente diceva il drammaturgo Eduardo De Filippo: “Essere superstiziosi è da ignoranti ma non esserlo porta male”. Lo stato di allerta induce il crollo di molte maschere, rivelando all’uomo la parte della sua natura che maggiormente rinnega: irrazionale, caotica, impulsiva, scaramantica e primitiva. Purtroppo l’amuchina non pulisce l’ignoranza, le mascherine non proteggono dalla trasmissione della paura: benvenuti alla fiera dell’Es!
Per approfondimenti:
Frazer J., “Il ramo d’oro”, Bollati Boringhieri, Torino, 2012
https://www.ilsole24ore.com/art/l-assurdo-caso-birra-corona-marchio-colpito-coronavirus-ACMzAQMB