Emergenza noia

 di Caterina Pariso
Correlazioni dell’inclinazione alla noia con la psicopatologia, in particolare con i disturbi dell’umore
“Non è eccentrica, non è così vistosa; né sensuale né formosa ma ci sta”. Ai “sorcini” verrà certamente spontaneo cantare questi versi del brano “Emergenza noia” di Renato Zero.
Risale al 1912 l’opera “La tasse de chocolat” di Pierre Auguste Renoir: una donna fissa con occhi spenti una tazza di cioccolata e con una mano sostiene la stanca testa, quasi abbandonata allo scorrere del tempo. È la noia a scandire questo suo tempo o forse la malinconia?
E poi ancora: Vasco Rossi con la noia nella relazione, Jovanotti che affida questa sopita emozione a un ritmo coinvolgente. Insomma: la noia è affare assai spinoso al punto da attirare l’attenzione di molti pittori, cantanti, filosofi, psicologi.
Nel 1990, lo psicologo James Danckert seppe che suo fratello maggiore Paul era stato coinvolto in un grave incidente stradale. Il ricovero immediato in ospedale si rivelò particolarmente difficile: nonostante la guarigione, dopo la degenza nulla riusciva a donare più felicità a Paul. Continuamente e con ostinata amarezza, ricorda Danckert, Paul si lamentava di essere semplicemente in uno stato di noia totale: si trattava di una profonda frustrazione unita ed enfatizzata dall’insoddisfazione nel non riuscire a trarre alcun beneficio da ciò che in passato l’aveva reso felice e che amava.
Qualche anno dopo, quando Danckert stava intraprendendo la strada della neuropsicologia, si ritrovò a dover lavorare fianco a fianco con venti giovani uomini che ebbero dei traumi al cervello. Ripensando al caso personale di suo fratello, chiese se anche a loro fosse capitato di dover affrontare il peso della noia più frequentemente e con più difficoltà rispetto a quanto non avvenisse prima che si presentasse la complicazione cerebrale: ognuno di essi rispose
affermativamente, confermando la propria lotta con la noia.
Dalle testimonianze relative alle esperienze di questi venti uomini emerse in Danckert la voglia di ricercare in maniera approfondita delle informazioni rispetto al tema della noia.
Non esiste una definizione universalmente accettata per descrivere il concetto di noia; si tratta di uno stato emotivo ubiquitario nella psicologia normale e nella psicopatologia. Nonostante la sua presenza così pervasiva sul continuum emozionale, e forse a causa della sua natura indefinita, essa è un costrutto tutt’oggi non definitivamente descritto nel campo della psicologia.
Secondo l’indagine cognitiva, ad esempio, si possono considerare due ragionevoli e interessanti prototipi della noia. L’emozione di noia può infatti indicare uno stato interno in cui gli scopi sono del tutto inattivi o una valutazione in termini di monotonia e ripetitività degli stimoli esterni, tale da impedire l’acquisizione di nuove conoscenze. Complessivamente ​si potrebbe interpretare la noia come un’emozione metacognitiva , un’emozione della mente che indica come il sistema cognitivo sia in una fase di “stallo”.
“È la noia fitta nebbia tra di noi, strada buia dove cadi e non lo sai. Pillole e intrugli vanno giù da soli, sono voli simulati quelli tuoi…”: non sarà forse un monito, quello di Renato Zero, i cui versi indurrebbero qualsiasi ricercatore a pensare a una correlazione tra stati di noia e disturbi dell’umore e predisposizione alla noia nei disturbi da abuso di sostanze?
Secondo alcuni studi, la noia sarebbe caratterizzata sia da un basso sia da un elevato arousal (attivazione fisiologica). Nei casi in cui, ad esempio, gli individui esperiscono negli stati di noia un’attivazione fisiologica elevata, essi sarebbero portati alla ricerca di un notevole bisogno di novità, di cambiamento, di eccitazione e di esperienze comportamentali ed emotive complesse. Il rapporto tra suscettibilità alla noia e abuso di sostanze sta per questo destando sempre più interesse tra i ricercatori. L’inclinazione alla noia rappresenterebbe, difatti, una dimensione psicologica con numerose correlazioni con la psicopatologia, in particolare con i disturbi dell’umore .
“E no che non m’annnoio, non m’annoio […] e no che non mi stanco, non mi stanco”: è il ritmo spasmodico di Jovanotti che invita a non fermarsi mai e seguire il proprio tempo. In questo caso, sarà forse una strategia di fronteggiamento quella suggerita? Un legame tra la noia e altri profili psicopatologici?
Effettivamente, secondo alcuni studi, la noia sembrerebbe proprio una faccenda di attenzione. In una ricerca del 2012, è stato riscontrato che le persone più propense alla noia ottengono prestazioni peggiori nei compiti che richiedono attenzione, con una maggiore probabilità di presentare sintomi di ADHD e depressione.
Molti ricercatori nutrono numerose speranze nell’espandere le direttrici degli studi finora condotti in materia di noia; esiste la necessità di arrivare a realizzare quanto sia affascinante la noia. Perché la noia è tutto fuorché noiosa!

Perché la noia è interessante?

di Barbara Basile

Poco sopportata e evitata a tutti i costi… La sua intolleranza predispone all’abuso di sostanze e ad assumere comportamenti rischiosi: eppure la noia ha dei risvolti positivi

La noia, temuta e combattuta, risulta essere, dopo la rabbia, l’emozione che più spesso si cerca di sopprimere, con conseguenze a volte drammatiche. Emozioni di noia sono associate all’impulsività e alla ricerca di forti sensazioni e inversamente correlate alla qualità della vita e dei rapporti sociali. Di fatti, le persone che hanno difficoltà a tollerare questa emozione spesso ricorrono a comportamenti dannosi pur di liberarsene.

Da alcune ricerche è emerso che la noia è, assieme ai vissuti ansiosi e depressivi, il più frequente attivante delle abbuffate (binge eating). In un altro studio, tramite un simulatore di guida, è stato misurato il livello di distraibilità al volante. Si è osservato che chi ha una maggiore tendenza alla noia guida più velocemente, ha riflessi meno pronti nel gestire gli imprevisti e guida più spesso al centro della strada. In un’altra indagine si è osservato che oltre il 50% di studenti statunitensi con elevata tendenza alla noia faceva un uso significativamente maggiore di tabacco, droghe e alcol, rispetto ai colleghi meno sensibili  a questa emozione.

La società di oggi è sempre più complessa e articolata, offrendo un numero crescente di stimoli. A livello del Sistema Nervoso Centrale, la stimolazione produce un rilascio di dopamina e più la mente viene stimolata, più diventa dipendente e va alla ricerca di nuovi input. Di conseguenza, la capacità di restare concentrati su un compito per un tempo più lungo diventa sempre più difficile. In un esperimento sorprendente, alcuni ricercatori dell’Ohio hanno mostrato come persone sane a cui veniva chiesto di restare per 20 minuti soli e inoperosi in una stanza, sceglievano spontaneamente di provare dolore pur di interrompere l’esperienza della noia. Il 24% delle donne e il 67% degli uomini hanno scelto, almeno una volta, di auto-somministrarsi uno stimolo elettrico doloroso pur di “sentire qualcosa”.

In Germania un gruppo di studiosi ha identificato cinque diverse forme di noia partendo da una noia “indifferenziata”, più lieve e innocua (attiva per esempio, quando si assiste a lezioni o convegni o quando si è in attesa in fila), a una forma più acuta (definita “epathetic boredom”), a cui corrisponde un abbassamento dell’attivazione fisiologica e che sembra associata alla depressione. Proprio in Italia, un gruppo di psicoterapeuti cognitivisti sta indagando il ruolo di questa emozione nell’ambito della psicopatologia, con particolare focus sui disturbi dell’umore. In occasione del recente Congresso della Società Italiana di Terapia Cognitivo-Comportamentale (SITCC) a Verona, i colleghi toscani hanno presentato i dati di una ricerca in cui la noia è stata misurata in tre gruppi di pazienti affetti da Disturbo Bipolare di Tipo 1 (DB1), Disturbo Bipolare di Tipo 2 (DB2) o da un Disturbo Ciclotimico. I dati preliminari hanno mostrato che, rispetto agli altri, i pazienti con DB1 erano più suscettibili a questa emozione e tendevano a cercarne la causa nell’ambiente esterno. Analogamente, solo nel DB1, la noia era significativamente correlata con alcuni indici di malessere soggettivi, quali l’attivazione psicomotoria, l’umore instabile, l’irritabilità, tendenze suicidarie e uso di sostanze.

Intesa come un momento di stallo in cui gli scopi sono disattivi, la funzione della noia sembrerebbe ingaggiare in nuove attività, ricercando nuovi scopi e obiettivi. Diversi ricercatori sostengono che la noia promuova il mind wondering, il fantasticare, e che questo possa a sua volta facilitare il problem solving e il pensiero creativo. Alcune persone sono riuscite a trasformare l’intolleranza alla noia in qualcosa di positivo, abbracciando serenamente l’incessante bisogno di nuovi stimoli in modo adattivo.

Psicoeducazione e Terapia Cognitivo Comportamentale nel Disturbo Bipolare: alcune esperienze

di Lisa Lari

Il trattamento dei pazienti bipolari presenta caratteristiche e complessità particolari. In tale ambito, un ruolo significativo può sicuramente essere riconosciuto alla psicoeducazione.

Tale approccio, semplificando, consiste nel fornire al paziente in modo chiaro, semplice, didattico e possibilmente interattivo, le informazioni e le istruzioni per prevenire ed affrontare, su di un piano concreto, i disturbi mentali e disagi di natura psicologica ed interpersonale. Leggi tutto “Psicoeducazione e Terapia Cognitivo Comportamentale nel Disturbo Bipolare: alcune esperienze”