Se la religione “ossessiona”…

di Olga Ines Luppino

Nel muovermi tra la letteratura recente relativa al DOC mi sono imbattuta in un lavoro che ha indagato la potenziale influenza della religione sullo sviluppo del disturbo ed il suo impatto in termini di esiti di trattamento.

Tipologie diverse di pensieri intrusivi legati alla religione sono riscontrabili tra le forme di ossessioni più comuni: pensieri osceni, pensieri di natura sessuale che coinvolgono Dio o altre entità, pensieri circa la possibilità di seguire il diavolo. In alcuni soggetti un rigido codice di condotta morale diventa il focus della sintomatologia e la persona si preoccupa esageratamente di aver detto qualcosa non del tutto vera, di aver involontariamente rubato, di aver esposto qualcuno al rischio di ingiuria. Per quanto concerne le compulsioni, soggetti con pensieri ossessivi di natura religiosa, controllano attentamente di non sbagliare, si preoccupano del trattamento che riservano agli altri ed a testi o simboli religiosi, chiedono continue rassicurazioni per non rimanere col dubbio di aver peccato, pregano compulsivamente, accumulano materiale religioso. La maggior parte di tali rituali ha come fine ultimo l’espiazione del peccato commesso attraverso pensieri o azioni “disdicevoli” che potrebbero precludere la salvezza eterna.

Gli esiti dei diversi lavori che hanno indagato il legame tra religione e salute mentale sono a tutt’oggi contrastanti, e nonostante ciò sia attribuibile almeno in parte a differenze metodologiche, la relazione tra grado di religiosità e sintomi ossessivo-compulsivi appare estremamente complessa e da indagare cross culturalmente. Sica e colleghi (2002) hanno evidenziato che soggetti molto religiosi mostrano con maggiore probabilità un’associazione tra sintomatologia del doc ed alti punteggi di importanza attribuita ai propri pensieri e di necessità di controllo degli stessi, suggerendo quindi che le credenze religiose possano influenzare la natura della sintomatologia del doc nei termini in cui, ad esempio, l’idea di essere responsabili di pensieri peccaminosi faciliti la scelta di soluzioni di controllo o di soppressione dei pensieri.

Il lavoro che ho letto con interesse riserva notevole spazio alla tecnica dell’esposizione con prevenzione della risposta. L’esposizione a pensieri intrusivi di natura religiosa potrebbe partire dalla creazione, insieme con il paziente, di una lista di 10 – 15 pensieri blasfemi organizzati gerarchicamente oppure dalla costruzione di uno scenario, sotto forma di racconto, che chiami in causa immagini religiose negative e che diventi passo passo sempre più complesso; una volta preparate la lista o la narrazione, si procederebbe alla registrazione delle stesse, lette dal paziente. L’incontro di esposizione potrebbe organizzarsi, secondo gli autori, in tre diversi momenti, di 30 minuti ciascuno: in una prima fase il paziente ascolta la registrazione, successivamente passerà a leggere gli stimoli ad alta voce, nell’ultima mezz’ora scriverà più volte di seguito i pensieri o il racconto.

Una seconda tipologia di esercizio potrebbe prevedere che il soggetto venga esposto agli stimoli religiosi (chiese, bibbie, croci ed altri simboli) o inappropriati (riviste per adulti) che generalmente fungono da innesco per l’avvio dei rituali. Gli stimoli potrebbero essere collocati in casa del paziente, invitando quest’ultimo ad osservarli più volte al giorno esponendosi all’ansia ed evitando qualunque comportamento volto a sedarla.

Per quanto riguarda invece i rituali legati alla supposta violazione di standard morali, l’esposizione potrebbe prevedere proprio la violazione di regole, portando il paziente ad esempio a prendere più di un coupon gratuito, a dire qualcosa di offensivo a qualcuno, a fare la carità con un pezzo di metallo piuttosto che con una moneta.

Il lavoro è stato per me occasione di riflessione; giro ai colleghi una sintesi di quanto letto nella speranza di fornire spunti interessanti…confrontiamo le nostre esperienze cliniche a riguardo, facciamoci venire altre idee…

Riferimenti bibliografici

Himle J.A., Chatters L. M., Taylor R. J., Nguyen A. (2011), The Relationship Between Obsessive-Compulsive Disorder and Religious Faith: Clinical Characteristics and Implications for Treatment. Psychology of Religion and Spirituality, 3, 4, 241-258.
Sica C., Novara C., Sanvio E. (2002), Religiousness and obsessive-compulsive cognitions and symptoms in an Italian population. Behavoiur Research and Therapy, 40, 813-823.

Per approfondire…

Studi e ricerche sul Disturbo Ossessivo Compulsivo

La dura legge del contagio

 di Viviana Balestrini

Facendo una review sulla contaminazione nel DOC, mi sono imbattuta in un esperimento non recente, ma tanto semplice, quanto interessante.

Com’è noto, il timore di contaminazione si riferisce all’intensa e persistente sensazione di essere stati inquinati, sporcati o infettati a causa del contatto, diretto o indiretto, con un oggetto, luogo o persona  percepiti come sporchi, impuri o infetti (Rachman, 2006) e ha molto a che vedere con alcuni pazienti affetti da DOC. Numerosi studi sono stati condotti sulle credenze magiche legate alle modalità di contaminazione (irrilevanza della dose, permanenza nel tempo, etc.), tra questi la sperimentazione di Tolin e colleghi (2004), che hanno voluto indagare la “legge del contagio”. Eccone una breve descrizione.

I ricercatori hanno ingaggiato un gruppo di soggetti clinici, pazienti con DOC con timore di contaminazione e pazienti con disturbo di panico, e un gruppo di soggetti non clinici di controllo. È stato chiesto ai partecipanti di identificare l’oggetto “più contaminato” del luogo dove si trovavano. Quindi lo sperimentatore ha preso una matita nuova e l’ha sfregata sull’oggetto individuato. A quel punto ha chiesto ai partecipanti se e quanto la matita fosse contaminata. Successivamente lo sperimentatore ha preso un’altra matita e l’ha sfregata con la precedente e nuovamente ha domandato ai partecipanti se attraverso il contatto avvenuto si fosse contaminata. Questa stessa procedura è stata ripetuta per 12 matite. Al termine dell’esperimento, i soggetti con disturbo di panico e del gruppo non clinico hanno riferito che c’era una riduzione della contaminazione vicina al 100%, mentre i per i pazienti con DOC, la riduzione della contaminazione si è attestata intorno al 40%.

Una riflessione clinica. Se ancora ce ne fosse bisogno, tali risultati sono suggestivi di quanto sia arduo intervenire sulla modificazione delle assunzioni del paziente rispetto alla minaccia di essere contaminati e anche di quanto ciò possa essere controproducente, perché incrementa la tendenza ad attivare ragionamenti dialogici, sia intrapersonali che interpersonali, che mantengono il disturbo. Alla luce di ciò, piuttosto che tentare di scalfire la dura legge del contagio e le altre credenze ad essa connesse, occorre inquadrarle in un’ottica funzionale, in modo da comprendere insieme al paziente quanto la sintomatologia e i particolari meccanismi e processi cognitivi soggiacenti abbiamo un senso ai fini del raggiungimento di uno scopo.

 

Riferimenti bibliografici

Rachman, S. (2006). Fear of contamination: assessment and treatment. New York: Oxford University Press Inc.
Tolin, D., Worhunsky, P., & Maltby, N. (2004). Sympathetic magic in contamination-related OCD. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 193-205.

Per approfondire…

Studi e ricerche sul Disturbo Ossessivo Compulsivo

Eabct – First Meeting of the Special Interest Group On Obsessive Compulsive Disorder

di Giuseppe Romano

A maggio 2011, si è svolto ad Assisi, il primo meeting europeo dello Special Interest Group della European Association of Behavior and Cognitive Psychotherapy, dedicato al Disturbo Ossessivo Compulsivo. Alcune delle presentazioni sono state pubblicate nel numero 3/2011 del journal Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale. Altre verranno pubblicate nel prossimo numero. Per gentile concessione del direttore del journal, prof. Ezio Sanavio, e della casa editrice Erickson (www.erickson.it) è possibile scaricare gratuitamente i primi quattro articoli.

Michael Zivor, Paul Salkovskis and Victoria Oldfield
Do we need to formulate in cognitive behavioural therapy for obsessive- compulsive disorder?

Gisela Röper
A clinical developmental perspective on the understanding and treatment of obsessive-compulsive disorder

Francesco Mancini and Amelia Gangemi
Fear of deontological guilt and fear of contamination in obsessive-compulsive disorder

Davide Dèttore
Obsessive-compulsive disorder and thinking illusions