Recensione di Maurizio Brasini
Prospettive teoriche e metodologiche nel libro di Stefano Blasi
Definire lo statuto scientifico della psicologia è da sempre una questione complessa, data la contraddizione insanabile tra la natura intangibile e “spirituale” dell’oggetto di indagine, e l’aspirazione a sviluppare su di esso un discorso che lo riconduca nell’alveo delle scienze naturali. Nel caso della psicologia clinica, questa dialettica si fa ancor più spinosa, poiché la clinica è l’arte di applicare la conoscenza medica alla cura del caso singolo. Così, scienza della natura e dello spirito si incontrano e tendono a confliggere quando si tratta di definire una teoria della conoscenza ed un metodo propri per la psicologia clinica e, se da una parte si fa sentire la tendenza, quasi la tentazione, di adagiare la psicologia clinica nel letto di Procuste delle altre scienze mediche, d’altro canto si tende ad invocare uno “statuto speciale” per questa disciplina che la liberi dai vincoli a cui deve necessariamente attenersi ogni sapere che voglia accreditarsi come scientifico.
Coraggio e curiosità sono le due principali doti che, a parere di chi scrive, hanno animato il curatore del libro “L’epistemologia della Psicologia Clinica – Prospettive teoriche e metodologiche” di Stefano Blasi (Psicologo, Psicoterapeuta, docente presso numerose scuole di psicoterapia per medici e psicologi e presso l’Università di Urbino “Carlo Bo” dove svolge anche attività di ricerca), nell’impresa di riunire oltre 20 tra i più significativi studiosi del campo della psicologia clinica Italiana attorno ad un argomento così denso di implicazioni e, ammettiamolo, così scomodo in particolare per chi della clinica ha fatto una professione. Nel volume, pubblicato di recente da Giovanni Fioriti Editore, Blasi parte da una serie di domande tanto fondamentali quanto imbarazzanti sulla scientificità della conoscenza su cui basiamo la nostra pratica clinica, ciascuna delle quali ricorda la storiella zen del millepiedi che, soffermandosi a riflettere su come faccia a camminare coordinando mirabilmente i suoi numerosissimi arti, finisce per non riuscire più a muovere neppure un passo. Perché esistono così tante “scuole” di psicoterapia? Su quali prove di efficacia basiamo la nostra pratica clinica, e sulla base di quali metodi di indagine? In che modo e fino a che punto è possibile misurare i costrutti psicologici su cui poggiano le nostre teorie? Quale ruolo riveste la tecnica nell’agire terapeutico? E quale spazio va riservato all’esperienza individuale, alla soggettività e all’unicità dell’incontro tra paziente e terapeuta? La disamina di queste ed altre questioni apparentemente filosofiche, ma con ricadute evidenti e molto concrete sulla pratica clinica, ha dato come risultato il volume che, con modestia, Blasi afferma che avrebbe voluto leggere da studente, e che anima anche nel lettore lo stesso appassionato desiderio di comprensione e di approfondimento.
Nella prima parte del volume si affrontano alcune delle principali controversie epistemologiche e metodologiche in psicologia clinica, con i contributi di Franco del Corno, Cesare Scandellari, Margherita Lang e Santo di Nuovo.
La seconda parte è dedicata ad un vivace dibattito sulla psicoterapia tra modello medico e modello sperimentale, sviluppato a partire dai contributi di Paolo Migone, Lucio Sibilia, Riccardo Sartori, Aristide Saggino e Marco Tommasi.
Nella terza parte si affronta il tema del dialogo tra la psicologia clinica e le altre scienze attraverso i contributi di Silvano Tagliagambe, Marco Casonato, Omar Gelo e Gloria Lagetto, e Giovanni Liotti (con quello che probabilmente è uno dei suoi ultimi scritti, pubblicato postumo).
La quarta parte affronta il dibattito sulla scientificità e sull’efficacia della psicanalisi, con i contributi di Dario Antiseri, Alfredo Civita, Vittorio Lingiardi e Maria Ponsi, Antonello Colli, Rosita Ricci e Giulia Gagliardini.
Nella quinta ed ultima parte si parla della psicologia clinica come scienza dell’esperienza, tra fenomenologia, costruttivismo e terapia cognitiva, grazie ai contributi di Maria Armezzani, Gabrele Chiari e Stefano Tempestini, Sergio Salvatore e Ruggero Andrisano Ruggieri, e Silvio Lenzi.
Un’ultima nota di merito va espressa nei confronti dell’editore Giovanni Fioriti il quale, in un’epoca dominata dai manuali pronto-uso che rispondono alla sempre crescente richiesta di tecniche e protocolli, compie un’operazione di notevole valore culturale nell’offrire spazio ad un testo che ritorna a far riflettere su teorie e metodi della conoscenza in ambito clinico, cioè proprio su quel terreno a partire dal quale è fiorita la stagione migliore della psicologia clinica Italiana.