Riconoscere e affrontare le dinamiche genitoriali
La madre è comunemente la principale figura di accudimento del bambino, soprattutto nei suoi primi anni di vita. Di conseguenza, la madre è la figura che trascorre più tempo con il bambino e che lo conosce meglio. Sa riconoscere il significato del suo pianto, ne identifica i bisogni e corrisponde le sue esigenze.
La mamma, vicina e presente, rischia così di diventare il “guardiano” di tutto ciò che riguarda il bambino, incluso l’avvicinarsi degli altri. Questo controllo, in parte naturale e in parte giustificato dalle esigenze ambientali, può portare sia al burnout della mamma – dopotutto, se guardi sempre tuo figlio, anche quando è il turno di qualcun altro che si prende cura di lui, ti sentirai presto esausto e esaurito – sia a un crescente conflitto tra i due genitori.
Accanto alle “mamma guardiana” (dall’inglese maternal gatekeeping), infatti, si delinea il “papà che aspetta”. Il papà in attesa del riconoscimento del proprio ruolo di padre e della possibilità di poterlo espletare. Quando il padre rientra a casa e cerca di inserirsi nel nucleo familiare non sempre trova lo spazio o il tempo per esplorare e conoscere i bisogni del piccolo. La mamma è sempre lì, pronta a fornire indicazioni, ad anticipare e spiegare cosa fare e come farlo al meglio, criticando o sbuffando alla prima cosa che non va come secondo lei dovrebbe andare, dalla temperatura del latte del biberon, al giusto abbinamento degli abitini indossati, all’elargizione di premi e punizioni: con diritto o meno, la madre è pronta a giudicare o inibire gli interventi del padre. A questa immagine si associano frasi come “quando saprà parlare…”, “quando lo capirà”, “quando saprà camminare…”. Quando, quando, quando. I vantaggi e i traguardi di cui potrà godere il padre vengono sempre posticipati al futuro, dilatando di anno in anno la possibilità di creare un legame con il figlio e correndo il rischio di non vederli mai arrivare.
Le ragioni per cui una madre si impegna nel gatekeeping variano. Le madri potrebbero avere difficoltà a rinunciare alla responsabilità della cura della prole, potrebbero voler convalidare il loro ruolo ed essere riconosciute per i sacrifici che fanno per le loro famiglie oppure potrebbero considerare il padre come incapace o addirittura un pericolo per i figli. Quest’ultimo punto di vista potrebbe essere basato su prove reali, sui comportamenti passati del padre o sui suoi fallimenti come uomo e padre.
La dinamica della “mamma guardiana” e del “papà che aspetta” si mantiene nel tempo, lasciando spazio a una madre che gira come una trottola attorno ai bisogni e alle necessità dei figli e a un padre assente. Questa dinamica, reiterata, può provocare conflitti e può accrescere la distanza tra i partner, logorandone il legame.
Se come genitori vi riconoscete in questa dinamica non cercatene la causa o l’origine. Per uscirne non serve trovare il colpevole o individuare chi ha iniziato! Per lui il punto d’inizio potrebbe essere stato: “non mi lasciavi mai prendere in braccio il bambino”, mentre per lei forse era: “non mostravi alcun interesse per lui, non mi hai mai chiesto di poterlo cambiare”. Seguire questa linea rischia di dare avvio a ulteriori discussioni interminabili, senza realmente offrire una soluzione. Il punto è che entrambi avete bisogno l’uno dell’altro nel percorso di genitorialità e della vostra coppia. Provate ad allontanarvi dal contenuto delle discussioni e spostatevi, invece, sui vostri bisogni. Come donna forse avresti bisogno di avere un partner che si mostri più coinvolto nella cura dei bambini e nella loro gestione quotidiana? E come uomo, invece, forse vorresti che la tua compagna ti consentisse di fare il papà? Provate ad essere più dolci l’uno per l’altro.
Prendiamo un esempio classico: il caricare la lavastoviglie. È il tipico stereotipo che fa sorridere, ma che divide le famiglie da quando hanno inventato la lavapiatti! Ciascuno vuole farla a proprio modo. Capita che quando un partner inserisce le stoviglie a modo suo, l’altro intervenga criticando o imponendo il proprio, più corretto. Come affrontare in modo più sereno questo gesto di vita di coppia quotidiana?
La prima cosa da fare è prendere le distanze:
- qual è lo scopo del caricare la lavastoviglie? Che piatti, posate e bicchieri vengano puliti.
- è possibile che questo avvenga in diversi modi? Certamente!
- E ora… Qual è lo scopo dell’educare i figli? Che crescano e diventino adulti e che sappiano perseguire i valori e rispettare le regole che voi trovate importanti nella vita
- È possibile che questo avvenga in modi diversi? Certamente!
Questo significa che dobbiamo lasciar andare tutto e far fare agli altri quello che gli pare? Oppure, che la lavastoviglie debba girare anche con un piatto e una postata, senza dire nulla in merito se non siamo d’accordo? Certamente no.
Significa, piuttosto, non alimentare una discussione infinita, cercando, invece, di restare nella relazione senza cadere in un circolo di accuse. In un attimo ci si trova a dire “ma cosa stai facendo ora?! Lasci partire la lavastoviglie senza niente dentro?”. Se l’altro partner ha avviato la lavastoviglie con cinque pezzi, forse aveva un buon motivo per farlo? Forse i piatti erano rimasti sporchi e oleosi oppure preferiva giocare con i bambini, invece di sprecare il proprio tempo lavando piatti e, magari, desiderava farti un piacere facendoti trovare tutto pulito al rientro a casa?
I bambini hanno bisogno che i padri abbiano il loro ruolo. I modi diversi di prendersi cura e di gestire le incombenze domestiche rappresentano un arricchimento peri bambini, senza dimenticare che pensare che ci sia una differenza nei modi di assolvere certi ruoli o compiti non implica necessariamente che questa differenza realmente esista!
Per approfondimenti
Nina Mouton (2020). Mild Ouderschap. Zelfs tijdens de woedeaanval in de supermarkt