Acceptance e Commitment Therapy

di Niccolò Varrucciu

La supremazia degli studi cognitivi sugli antichi fondamenti comportamentali non è affatto scontata

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un enorme diffusione delle psicoterapie cognitivo-comportamentali di terza generazione e in particolare dell’Acceptance e Commitment Therapy, in breve ACT.

Quest’ondata di novità, dal sapore strettamente cognitivo con aggiunta di mindfulness e momento presente sembra, a prima vista, consolidare la supremazia degli studi cognitivi a dispetto dei più antichi fondamenti comportamentali, coerentemente con l’impegno dei cognitivisti degli ultimi decenni di allontanarsi dalla “semplicistica” Skinner Box. Ma è proprio così? Le psicoterapie di terza generazione sono così lontane da tutto ciò?

A sentire il dott. Harris, psichiatra australiano e autore del libro “Fare ACT”, non sarebbe proprio così, anzi. Harris descrive l’ACT come il piano superiore di una bellissima casa a tre piani: “al secondo piano – spiega – troverete la Relational frame theory, RFT, una teoria comportamentale che studia il linguaggio e la cognizione umana”. E al piano terra si trova “l’Analisi comportamentale applicata (ABA), un potente modello per la predizione e l’influenzamento del comportamento”.

Sempre Harris descrive come il terreno su cui poggia il tutto sia quello del “contestualismo funzionale”.

Molti modelli psicologici sono basati su una filosofia meccanicistica, in cui la mente è formata da elementi separati fra loro; in questi modelli, i pensieri e le emozioni disfunzionali sono viste come elementi difettosi e lo scopo del terapeuta e tentare di “aggiustare” queste parti. In quest’ottica i pensieri e le emozioni sono etichettate come disfunzionali o patologici.

Anche i nostri pazienti arrivano spesso in terapia con l’ottica “meccanicistica” di essere danneggiati, difettati o sbagliati, e alla ricerca di qualcuno che li aggiusti, un terapeuta che abbia i giusti strumenti di riparazione. Ritengono, inoltre, di sperimentare emozioni o pensieri inaccettabili, che non vogliono più “sentire”.

Nelle psicoterapie più funzionaliste si cerca di cambiare il modo di vedere le cose; l’ACT cerca di modificare il rapporto fra la persona e ciò che le causa sofferenza, sfumando, nel corso della terapia, il concetto di sintomo “nocivo” o “anormale”, e la tendenza dell’individuo a volersene liberare a ogni costo, con tutte le conseguenze secondarie che ne derivano. Nell’ACT lo scopo è specificatamente di aiutare gli esseri umani a creare una vita ricca, soddisfacente e piena di significato. Pertanto l’ACT insegna alle persone ad aumentare la consapevolezza del proprio comportamento (sia pubblico che privato), e a notare come questo funzioni nel contesto delle loro vite.

Dopo aver dato una breve descrizione dell’ACT torniamo al punto di partenza: da dove proviene?

La risposta potrà sorprendervi: proviene da una branca conosciuta come “comportamentismo radicale”, in cui qualsiasi cosa un organismo faccia è visto come un comportamento; i processi come pensare, sentire e ricordare sono tutte forme di comportamento, e sono tutti importanti.

Ci sono due suddivisioni principali del comportamento, quello pubblico, cioè direttamente osservabile dagli altri (azioni), e quello privato, ossia quello che viene osservato solamente dalla persona che lo sta eseguendo (pensare, sentire, ricordare, fantasticare, preoccuparsi, assaggiare, annusare, ecc.).

Ma se non c’è una teoria cognitiva stricto sensu, che c’è al piano terra della nostra casa?

La risposta, anche in questo caso, ha una deriva comportamentale; al piano terra si trova, infatti, la scienza del comportamento applicato, altresì detta ABA.

L’Analisi comportamentale applicata è la scienza che applica sistematicamente strategie derivanti dai principi del comportamento per migliorare comportamenti socialmente significativi. Tramite specifiche strategie è infatti possibile predire e influenzare il comportamento. Tra i principali strumenti si trova “l’analisi funzionale del comportamento”. In altre parole, si cerca di scoprire quale sia lo scopo del comportamento agito.

Nell’analisi funzionale la A sta per antecedente: “Cos’è accaduto prima di questo comportamento e cosa lo ha influenzato?”. Fra gli antecedenti ritroviamo pensieri, sensazioni, memorie, ecc.; la B sta per comportamento: nello specifico il comportamento oggetto d’indagine; la C sta per conseguenze del comportamento: “Quali effetti ha questo comportamento su sé stessi, sugli altri e sull´ambiente?

Nell’ACT, come nell’analisi del comportamento applicata, nelle psicolpatologie “neurotipiche” come nei disturbi del neurosviluppo, analizziamo spesso il comportamento problema attraverso il metodo ABC, come un primo passo per aumentare la consapevolezza di cosa veramente accade e favorire il distanziamento e il cambiamento.

In conclusione, considerando il terreno comune che sottostà ad alcune pratiche terapeutiche, approfondire paradigmi e nozioni di natura comportamentale aumenterebbe le nostre capacità terapeutiche, che spesso consideriamo, in modo arbitrario, troppo isolate e autoevidenti.

 

GLOBAL CONCERNS, GLOBAL COMMUNITY

di Emanuele Rossi

Si è conclusa da qualche giorno la 13ª ACBS Annual World Conference , tenutasi a Berlino dal 14 al 19 Luglio 2015. Con un una crescita costante di partecipanti, la conferenza annuale dell’Association for Contextual Behavioral Science rappresenta l’evento mondiale di riferimento per ACT, RFT, e scienze contestualistiche-comportamentali. In tale occasione si riuniscono clinici e ricercatori per condividere ricerche di punta, esperienze, workshop e soprattutto costruire e mantenere un forte senso di comunità, valore cardine dell’ACBS, avvalorato dal tema annuale della conferenza “Global Concerns, Global Community”, primariamente dedicata agli scopi comunitari, le diversità, e i bisogni dell’umanità nella sua globalità.

Il 14 e 15 Luglio sono stati dedicati ai workshop specifici pre-conferenza (formazione avanzata a costi accessibili). Nello specifico l’offerta formativa prevedeva 11 workshop della durata di due giorni e 3 workshop della durata di un giorno, presentati da trainer di riferimento quali Steven C. Hayes, Russ Harris, Kelly G. Wilson, Frank Bond, Louise Hayes, Joseph Ciarrochi, Jason Luoma, Jenna LeJeune, Jan Martz, Hagen Boeser, Niklas Törneke, Carmen Luciano, Mavis Tsai, Robert J. Kohlenberg, Robyn D. Walser, Giovambattista Presti, Giovanni Miselli, Barbara L. Fredrickson, Lisa W. Coyne, Darin Cairns.

Dal 16 al 19 Luglio ha avuto luogo la conferenza vera e propria. Come da consuetudine ha aperto i lavori Steven C. Hayes, quest’anno introdotto da Kirk Strosahl, con una plenaria sulle scienze contestualistiche-comportamentali quali scienze dell’evoluzione, e sull’importanza dell’impatto globale del lavoro comunitario nel lungo termine. A seguire, quattro stimolanti giornate professionali, caratterizzate da un programma estremamente ricco che prevedeva: 151 appuntamenti tra sessioni plenarie, workshop, panel, symposia; 37 meeting di interesse specifico; 15 location indipendenti che consentivano eventi in parallelo; 4 sessioni di poster per un totale di 193 lavori presentati. Tra gli ospiti di eccezione: Richard Davidson, Barbara Fredrickson, Vikram Patel, Martin Bohus, JoAnne Dahl, Lance McCracken, naturalmente tutti i trainer delle giornate pre-conferenza e molti altri ancora…

In altri termini, tanti appuntamenti formativi ma soprattutto comunitari, per una conferenza coinvolgente ed esperienziale in pieno stile ACBS, con attività praticamente ininterrotte, dalle 7.30-8.00 del mattino fino alle 12.00 e dalle 12.30 alle 17.45. Naturalmente pranzi, una cena e coffee break inclusi nella registrazione, per fare in modo (come sottolineato nelle informative) di avere più tempo per creare contatti e relazioni sociali, il tutto nella splendida cornice dell’Estrel Berlin, una moderna struttura con più di 1100 camere ed una vastissima area conferenze. Completavano il cerchio eventi serali, cena sociale, party informali e naturalmente le attesissime ACBS Follies del sabato sera (tradizionale cerimonia di chiusura in stile comunitario).

Un programma che ha lasciato il segno, dando vita a qualcosa di più grande e profondo di una conferenza scientifica. L’ACBS è (ed ama essere) primariamente una comunità mondiale, vitale e in continua crescita di psicologi, scienziati, clinici, psichiatri, medici, educatori, assistenti sociali, counselor, ricercatori, studenti o chiunque sia interessato alle scienze comportamentali e cognitive contestualistiche-funzionali ed alla loro utilità pratica, finalizzata ad alleviare la sofferenza umana ed al progredire del benessere. Come ha sottolinea il presidente Jason Luoma in una commovente, coraggiosa, personalissima plenaria: “problematiche globali, comunità globali”, un invito a pensare in grande, e a chiederci cosa è veramente importante per noi nella nostra vita personale e nella nostra professione, riportandoci ai nostri valori guida ed alle azioni concrete ed impegnate per realizzarli.

In conclusione che dire se non bravi! Probabilmente in pieno stile contestualistico-comportamentale il modo migliore per capire l’ACBS Annual Word Conference è sperimentarla e viverla dall’interno.

Prossimo appuntamento Seattle, Washington, 14-19 Giugno 2016.

Undici mesi sono una lunga attesa, ma in fondo questo è solo un pensiero…