Perdere un bambino è a tutti gli effetti un lutto da elaborare, un evento traumatico che porta con sé uno shock emotivo per entrambi i genitori
Nell’immaginario comune, avere un figlio, crearsi una famiglia, è uno scopo condiviso che porta con sé credenze semplicistiche sulle modalità con cui raggiungere tale scopo: “rimanere incinta è facile”, “la gravidanza è un periodo bellissimo”, “puoi continuare a lavorare e fare tutto quello che facevi prima”. Tali credenze, però, in molti casi, risultano irrealistiche e generano nella donna vissuti di inadeguatezza, rabbia, tristezza, vergogna e colpa.
In realtà, è molto comune che non vi sia una linearità nella fecondità di una coppia: l’incidenza di aborto spontaneo si aggira tra il 15 e il 20% di tutte le gravidanze clinicamente diagnosticate.
Per definizione, si parla di aborto spontaneo quando vi è un’interruzione spontanea di gravidanza entro la ventesima settimana di gestazione.
Di per sé un aborto, verificatosi in qualunque settimana di gestazione, è a tutti gli effetti un lutto da elaborare; un evento traumatico che porta con sé uno shock emotivo per entrambi i genitori.
Nei casi di aborti multipli il ripetersi dell’evento complica inevitabilmente la situazione, aggravando i vissuti emotivi e il processo di elaborazione del lutto. Oltre a portare con sé, in alcuni casi, la diagnosi di infertilità e la conseguente necessità di ricorrere alla fecondazione assistita.
Nello specifico, possiamo distinguere tre tipi di aborto: occasionale, ripetuto e ricorrente.
L’aborto ripetuto si verifica quando, nella storia ostetrica di una donna, vi sono due episodi consecutivi di aborto entro la ventesima settimana di gravidanza; l’aborto ricorrente, invece, si verifica con la presenza di tre o più episodi consecutivi di aborto spontaneo.
Le cause di aborti ricorrenti solitamente sono da collegare a problemi genetici o uterini, trombofilia, malattie endocrine autoimmuni, infezioni e diversi fattori ambientali, ma in molti casi le cause restano sconosciute e generano nella donna la sensazione di essere “difettosa”.
La perdita di una gravidanza desiderata è quindi un evento negativo considerevole che induce un intenso periodo di stress emotivo e può causare notevoli disagi fisici e soprattutto psicologici, come ansia e depressione, disagi nel funzionamento sociale, intolleranza all’incertezza, chiusura in sé stessi. Molto spesso, ad aggravare la situazione vi è la risposta della società che tende a minimizzare o addirittura ignorare la concezione dell’aborto come un lutto. Frasi come “è stato meglio così”, “potete provare ad avere altri bambini”, “il tempo vi aiuterà”, “sarebbe stato peggio se fosse successo più avanti”, rendono sicuramente complicato il processo di elaborazione e di accettazione.
Nel caso di aborti ripetuti la situazione si complica maggiormente. Elena Toffol e collaboratori hanno evidenziato come nelle donne con una storia di aborto spontaneo ci fosse una più alta prevalenza di sintomi depressivi e diagnosi di disturbo depressivo e che, maggiore era il numero di aborti spontanei, peggiore era lo stato dell’umore e più frequente era la diagnosi di depressione.
Questi risultati suggeriscono che un aborto spontaneo, e in particolare il numero di aborti spontanei, contribuisce negativamente e a lungo sulla salute mentale della donna. Da una ricerca del 2015 è infatti emerso che l’8,6% delle donne con aborti ripetuti, contro il 2,2% delle donne che non ne avevano avuti, ha una depressione moderata o grave.
In accordo con gli studi precedenti, Hajar Adib Rad e collaboratori, valutando i problemi psicologici nelle donne con aborto spontaneo ricorrente, hanno sottolineato come l’incidenza di disturbi psicologici sia maggiore in questo campione. Nel loro articolo vengono inoltre racchiusi dati di altre ricerche che mostrano come la perdita di una gravidanza è correlata anche ad ansia e angoscia, specialmente nelle donne che soffrono di aborti ricorrenti, ed è maggiore nelle donne che non riescono a portare a termine gravidanze successive e quindi ricevono diagnosi di infertilità.
Questi risultati indicano come l’aborto ricorrente e l’infertilità possono portare a una notevole quantità di pressione sulle donne e a connessi problemi psicologici che possono persistere anche dopo un anno dall’evento scatenante.
Alla luce di quanto detto, sembra quindi necessario un supporto che miri a ridimensionare il disagio provato, che ristrutturi le credenze irrealistiche e che favorisca il processo di elaborazione e di accettazione, con particolare interesse anche allo sviluppo di una rete sociale di sostegno adeguata.
Per approfondimenti
Adib-Rad H., Basirat Z., Faramarzi M., Mostafazadeh A., Bijani A. (2019); Psychological distress in women with recurrent spontaneous abortion: A case-control study. Turk J Obstet Gynecol, 16(3): 151–157;
Mevorach-Zussman N., Bolotin A., Shalev H., Bilenko N., Mazor M., Bashiri A. (2012); Anxiety and deterioration of quality of life factors associated with recurrent miscarriage in an observational study. J Perinat Med. 40:495–501;
Tavoli Z., Mohammadi M., Tavoli A., Moini A., Effatpanah M., Khedmat L., Montazeri A.(2018); Quality of life and psychological distress in women with recurrent miscarriage: a comparative study. Health Qual Life Outcomes, 28;16(1):150
Toffol E, Koponen P, Partonen T. (2013); Miscarriage and mental health: results of two population-based studies. Psychiatry Res. 205:151–58.