Un test per scoprire emozioni da Covid

di Giuseppe Femia e Isabella Federico

Gli effetti psicologici della pandemia che stiamo vivendo

Gli effetti psicologici connessi a Covid-19 sembrano – ora più che mai – apparire come tutt’altro che secondari, anzi, talvolta sembrano addirittura precedere e anticipare quelli fisici.

La “coronafobia” provoca: panico, ansia, comportamenti ossessivi, atteggiamenti di “accaparramento”, paranoia, depressione e disturbo da stress post-traumatico (PTSD) nel lungo periodo, un sentimento di maggiore solitudine negli anziani, maggiori ansia e incertezza, irritabilità e noia nei bambini e nei ragazzi, episodi di violenza e scompenso nei pazienti psichiatrici. Tali manifestazioni sono peraltro continuamente alimentate da una cosiddetta “infodemic”, ovvero dai continui messaggi riguardo il virus trasmessi dalle diverse piattaforme dei social media. Non solo: assistiamo a esplosioni di razzismo, stigmatizzazione e xenofobia contro le comunità straniere.

Abbiamo qui associato le lettere che compongono la parola “Covid” agli aspetti che mettono a dura prova la nostra psicologia in questo periodo storico, procurando effetti negativi a lungo termine e segnando la nostra memoria emotiva:

C – OSCIENZA/ COSTRIZIONE: certamente la pandemia e tutti i suoi scenari scuotono la nostra coscienza (di tipo individuale e collettivo), generando uno stato di allarme generalizzato e di preoccupazione, un senso di confusione rispetto ai nostri piani esistenziali, costringendoci a entrare in contatto con gli aspetti più vulnerabili del “Sé”. Ci troviamo di fronte a quelli che sono universalmente gli scenari più temuti: ammalarsi, morire, rimanere soli, in un clima di deprivazione emotiva, di difficoltà ed emergenza. Siamo costretti a un modus vivendi inconsueto, restrittivo, ponendoci di fronte a una richiesta che suona quasi come un paradosso: ignorare la nostra natura sociale di scambio e interazione, diventare degli “animali distanzianti”, a garanzia di un bene comune, quello di preservare la specie.

O–SSESSIONE: il Covid-19 ha generato un proliferare di ossessioni in generale e in particolare di quelle connesse alla salute, all’igiene, oltre a preoccupazioni riguardanti il futuro, una sorta di rimuginio. Ha certamente sollecitato il nostro pensiero spingendolo a ruminare su quanto sia probabile ammalarsi, guarire o morire, e quanto sia grave rispetto alla responsabilità che potremmo avere nel generare un contagio o nel subirlo.

V–ERDETTO: positivo o negativo? Se il verdetto è negativo, possiamo tirare un sospiro di sollievo, ma se il verdetto è positivo? Come mai le persone temono così tanto rendere pubblica la propria positività? Come se non bastasse, allo stato di allerta e pericolo, sembra aggiungersi – nella maggior parte dei casi – un incremento di emozioni non solo di ansia ma di vergogna, senso di colpa e di vissuti di inadeguatezza, come se essere positivi al Covid-19 determinasse un vero e proprio stigma. Uno stato di tensione che genera ansia e certamente segna il proprio vissuto, la propria storia e quotidianità. Uno stato, questo, che certamente favorisce quei fenomeni di ansia anticipatoria, di controllo eccessivo e di preoccupazione ipocondriaca.

I–MMUNITÀ: tutti sogniamo di essere immuni, o poterlo diventare, e taluni credono di esserlo già: negano addirittura la presenza del virus e la sua pericolosità, si sentono onnipotenti e lo sfidano, e alcuni di loro escogitano strategie complottiste, un chiaro segno di rifiuto della realtà. Tale fenomeno ha chiaramente ingrediente di interesse clinico, riflettendo i meccanismi eziopatogenetici di talune condizioni psicopatologiche: spesso quando la minaccia diventa eccessiva si escogitano meccanismi di diniego o di alterazione dell’esame di realtà.

D–EMOCRAZIA/DOMINANZA: nessuno ha più la possibilità di non pensare al Covid-19, il virus ha totalmente invaso la nostra libertà mentale, oltre che fisica (limitazioni negli spostamenti, coprifuoco, etc), DOMINANDOLA. Tutti siamo tenuti a considerarlo nei suoi aspetti catastrofici, dietro i quali risuona la più generale paura della malattia, della morte, della perdita e, se dovessimo dimenticarlo, certamente qualcuno sarà pronto a ricordarcelo. Persino coloro che provano a negare la sua presenza combattono per non vederlo, si ribellano e ne sono invasi in termini di pensiero e comportamento.

Riflettendo sulla situazione attuale dovuta alla pandemia e alla quarantena, possiamo dunque concludere che il clima psicologico del Covid-19 porta con sé una crisi di valori, personali e collettivi, che certamente ci costringe a rivalutare le priorità e a mettere in discussione molti dei nostri schemi culturali di riferimento e di funzionamento psicosociale e per questo si rendono necessari interventi coordinati dei professionisti della salute mentale.

Al fine di indagare sugli effetti mentali del periodo che stiamo vivendo, abbiamo creato il test online Le emozioni durante la pandemia da Covid-19, rivolto a chiunque voglia parteciparvi in forma anonima e gratuita. Gli effetti psicologici a lungo termine dovuti a Covid-19 non sono da sottovalutare, specialmente in relazione a questa seconda ondata. Pertanto meritano approfondimento e ulteriore livello di indagine.

 

Clicca per compilare il test 

Le emozioni durante la Pandemia da Covid-19 

 

Per approfondimenti

Damasio, A. (1994). L’errore di Cartesio. Emozioni, ragione e cervello umano. Adelphi, Milano, 1995

Dubey, S., Biswas, P., Ghosh, R., Chatterjee, S., Dubey, M. J., Chatterjee, S., Lahiri, D., & Lavie, C. J. (2020). Psychosocial impact of COVID-19. Diabetes & metabolic syndrome, 14(5), 779–788. https://doi.org/10.1016/j.dsx.2020.05.035

Lyons, D., Frampton, M., Naqvi, S., Donohoe, D., Adams, G., & Glynn, K. (2020). Fallout from the COVID-19 pandemic – should we prepare for a tsunami of post viral depression?. Irish journal of psychological medicine, 1–6. Advance online publication. https://doi.org/10.1017/ipm.2020.40

Talevi, D., Socci, V., Carai, M., Carnaghi, G., Faleri, S., Trebbi, E., di Bernardo, A., Capelli, F., & Pacitti, F. (2020). Mental health outcomes of the CoViD-19 pandemic. Rivista di psichiatria55(3), 137–144. https://doi.org/10.1708/3382.33569

Vindegaard, N., & Benros, M. E. (2020). COVID-19 pandemic and mental health consequences: Systematic review of the current evidence. Brain, behavior, and immunity, 89, 531–542. https://doi.org/10.1016/j.bbi.2020.05.048

Covid-19: Attenta-MENTE!

di Malicia Bruno

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sul Coronavirus: “La salute mentale è a rischio”

Quando si parla di salute mentale, ci si riferisce a una condizione di benessere e di equilibrio psicologico ed emotivo dell’individuo. Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tale condizione gli consente “di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni”.

La salute mentale sembrerebbe a rischio a causa della pandemia da Covid-19 che avrebbe un impatto rilevante su di essa: a rivelarlo è un rapporto dell’ONU presentato dalla direttrice del Dipartimento della Salute Mentale dell’OMS Devora Kestel, nel quale la situazione attuale viene descritta come “preoccupante”.

Fattori come l’isolamento sociale, la paura del contagio e la perdita di familiari, aggravati dall’angoscia causata dalla perdita di reddito e spesso dalla disoccupazione, potrebbero causare sofferenze psicologiche, alimentando alcuni casi di malattie mentali.

In diversi Paesi, i dati indicano un aumento dei sintomi depressivi, di ansia, dei disturbi del sonno e di consumo di alcol, anche in forme gravi.  Il rapporto dell’Onu ha messo in evidenza diverse aree del mondo e parti di società vulnerabili al disagio mentale: in prima linea, gli operatori sanitari, particolarmente colpiti da un forte stress psicologico dovuto al carico di lavoro, alle prese con decisioni riguardanti la vita dei propri pazienti e alla paura del contagio;  i bambini e gli adolescenti, che manifestano difficoltà di concentrazione, irrequietezza e nervosismo;  le famiglie e, in particolare, le donne, che si sono trovate a dover organizzare e gestire smart-working, scuola dei figli e lavori domestici; le persone anziane e, infine, le persone con condizioni di disagio mentale preesistente.

Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus sottolinea che “i sistemi di salute mentale vanno rafforzati in tutti i Paesi per far fronte all’impatto”, proprio perché tutelare la salute mentale in questa fase progressiva rappresenta una priorità assoluta.

La terapia cognitiva comportamentale si è dimostrata essere uno dei supporti migliori nei disturbi che attengono la pandemia, quali ad esempio: disturbi di depressione, d’ansia, di panico, di fobia sociale o disturbo ossessivo compulsivo.
La TCC è un intervento che utilizza strategie cognitive focalizzate sulla sostituzione degli schemi di pensiero disfunzionali con altri schemi più realistici e strategie mirate a modificare comportamenti disadattivi. È una terapia adatta al trattamento individuale, di coppia e di gruppo ed è validata empiricamente sia con adulti sia con bambini e adolescenti. La terapia cognitiva comportamentale prevede, inoltre, una particolare attenzione alla cura della vulnerabilità alla ricaduta, utilizzando protocolli come lo Schema Therapy.

Uscire da questo triste periodo, che ci siamo trovati ad affrontare, si può. È importante riconoscere la propria fragilità o quella di una persona vicina e chiedere supporto a chi ha le competenze per fornirlo.

Photo by cottonbro from Pexels

Sei depresso? Scarica un app!

di Roberta Trincas

 La tecnologia digitale applicata alla salute mentale

Una delle cause principali di sofferenza attualmente risulta essere la depressione: 300 milioni di persone in tutto il mondo ne soffrono. La Depressione si associa, oltre che a sofferenza psichica, a disoccupazione, scarsa salute fisica, peggioramento del funzionamento sociale e, nelle condizioni più severe, al suicidio. Esistono diversi tipi di interventi psicologici di comprovata efficacia clinica focalizzati sul trattamento della depressione. Tuttavia, l’accesso ai centri di salute mentale è limitato, e questo per diversi motivi. Spesso i professionisti della salute mentale sono pochi rispetto alle effettive esigenze della popolazione; inoltre, i problemi di natura mentale sono spesso stigmatizzati, e le persone tendono a evitare di chiedere aiuto nonostante l’effettiva necessità. In altri casi, le persone possono presentare delle ricadute o dei sintomi depressivi anche dopo un trattamento clinico. In questa prospettiva, risulterebbe utile lo sviluppo di metodi per il trattamento della depressione che possano essere integrati come supporto a quelli già esistenti.
I mezzi digitali rappresentano una soluzione nuova e valida. Attualmente è incrementato l’interesse verso lo sviluppo di specifiche applicazioni per cellulari che forniscano servizi di salute mentale. Le “app” consentono un taglio dei costi, forniscono interventi di comprovata efficacia, e possono essere d’aiuto in tempo reale e, quindi, in situazioni di urgenza.
Sono state pubblicate diverse meta-analisi che dimostrano gli effetti positivi di vari interventi mediante smartphone sia sulla salute fisica (es. diabete) sia su condizioni mentali specifiche, come l’ansia. Recentemente, alcuni autori hanno indagato, attraverso una meta-analisi, l’efficacia di interventi per ridurre i sintomi depressivi attraverso gli smartphone. A tal fine hanno considerato 22 interventi sviluppati per smartphone, per un totale di circa 3.400 partecipanti.
In generale, ciò che si osserva dai diversi studi sull’argomento è che gli interventi terapeutici attraverso smartphone hanno un effetto positivo moderato sui sintomi depressivi. Tuttavia, confrontando gruppi che hanno ricevuto un trattamento e gruppi di controllo che non lo hanno avuto, gli effetti benefici risultano sostanzialmente maggiori, in particolare per coloro che manifestano livelli di depressione lievi. Gli effetti osservati indicano che questo tipo di intervento potrebbe risultare utile nei casi in cui è necessario un trattamento di lieve intensità o anche per la prevenzione della depressione per tutte quelle persone che presentano sintomi sub-clinici. Inoltre, gli effetti degli interventi via smartphone non sembrano dipendere da età e genere, e ciò fa pensare all’applicabilità di questo metodo su un’ampia gamma di persone.
Considerando la specificità degli approcci terapeutici, gli interventi basati sulla Terapia Cognitivo Comportamentale sembrano essere i più efficaci nel ridurre i sintomi depressivi, così come quelli che utilizzano tecniche di mindfulness, o il monitoraggio dell’umore. Tuttavia, gli studi non sono in grado di specificare quali tecniche specifiche siano più efficaci.
Altri studi precedenti hanno confrontato “app” basate sull’attivazione comportamentale con quelle basate sulla mindfulness senza trovare alcuna differenza di efficacia tra i due approcci. I risultati mostravano, però, che le persone con depressione severa traevano benefici maggiori dalla “app” sull’attivazione comportamentale, mentre quelli con depressione moderata beneficiavano maggiormente da interventi di mindfulness.
Uno dei limiti di questo approccio digitale al trattamento dei disturbi mentali è dato dal fatto che oggi esiste un’ampia gamma di “app”, per cui risulta difficile identificare le componenti che rendono efficaci tali “app” e, quindi, i tipi di intervento digitale più validi.
Infine, gli interventi basati sullo smartphone garantiscono diverse agevolazioni: consentono la registrazione immediata degli stati emotivi, analizzano immediatamente se una data risposta raggiuge una data soglia, e in tal caso possono attivare sistemi di risposta in condizioni di emergenza offrendo un aiuto in tempo reale, diversamente dai trattamenti tradizionali.
In conclusione, le prove empiriche indicano che gli interventi focalizzati sulla salute mentale attraverso gli smartphone possono essere efficaci nel ridurre in sintomi depressivi. Tuttavia, la ricerca futura dovrebbe considerare alcuni aspetti importanti, in particolare quanto il coinvolgimento della persona, i feedback, gli effetti delle aspettative e le caratteristiche individuali possano influire sugli esiti del trattamento.
Queste variabili rappresentano aspetti da considerare nell’ottimizzazione degli interventi basati sullo smartphone; a tal fine la ricerca futura dovrebbe identificare quali aspetti di queste tecnologie producono effetti positivi e per quali tipi di popolazioni.

Per approfondimenti:

Firth, J., Torous, J., Nicholas, J., Carney, R., Pratap, A., Rosenbaum, S., Sarris, J. (2017). The efficacy of smartphone-based mental health interventions for depressive symptoms: a meta-analysis of randomized controlled trials. World Psychiatry, 16, 287–298.

#MentaIillness: l'importanza delle campagne di sensibilizzazione per la salute mentale

di Elena Bilotta

Maggio è il mese della consapevolezza della salute mentale nei Paesi Anglosassoni. Le campagne di sensibilizzazione dedicate al tema hanno un triplice scopo: prima di tutto, aiutare le persone a riconoscere i sintomi del disturbo psicologico; secondo, combattere lo stigma associato ai disturbi mentali, che scoraggia coloro i quali ne soffrono dal cercare aiuto e terapie efficaci. Terzo, sensibilizzare le istituzioni per creare programmi di prevenzione e aumentare le risorse per gli interventi a livello territoriale.

I mezzi di comunicazione prediletti per diffondere informazioni sono le testate giornalistiche e i social network, attraverso i quali vengono mostrati video e testimonianze di chi ha superato la vergogna e ha chiesto aiuto a uno specialista per affrontare i propri problemi. gemma_correllIn altri casi l’informazione è fondamentale per riconoscere di avere un problema, come viene spiegato nel video proposto da “The Guardian” sul Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC; qui il video sottotitolato in italiano proposto dall’Internazionale: http://www.internazionale.it/video/2016/05/19/sesso-disturbi-ossessivo-compulsivi).

Queste iniziative sottolineano quanta sofferenza comporti vivere i propri sintomi in solitudine, e lo fanno anche attraverso le testimonianze di personaggi famosi. Come sostiene Howie Mandel, un conduttore televisivo canadese con diagnosi di DOC, “Se ci prendessimo cura della nostra salute mentale come facciamo della salute dei nostri denti, le cose andrebbero meglio. Nessuno si vergogna di dire ‘Vado dal dentista’, ma tanti si vergognano di dire ‘Vado dallo psicologo'”.

L’illustratrice americana Gemma Correll, che da sempre narra in chiave ironica la sua convivenza coi sintomi dell’ansia sociale e della depressione, questo mese si è prestata alla realizzazione di vignette sul tema della salute mentale, diffuse nei principali social network con l’hashtag #mentalillnessfeelslike. Leggi tutto “#MentaIillness: l'importanza delle campagne di sensibilizzazione per la salute mentale”