Ricercare la quiete, soffrire la quiete, imparare dalla quiete
In un articolo pubblicato di recente sul settimanale inglese The Economist si affronta il tema del silenzio, descrivendolo nelle sue varie accezioni. L’espressione “religioso silenzio” non è stata formulata a caso, perché la sua pratica è associata principalmente al mondo religioso e al coltivare la pace e la quiete dell’anima. Nella fede, osservare il silenzio vuol dire avvicinarsi alla divinità, riflettere e onorare la sacralità e il mistero della vita. I cristiani solitamente lo scelgono perché credono che esso sia una modalità di ascolto della parola di Dio. Per i musulmani, è una pratica che aiuta a migliorarsi. “Ciascuno può impreziosire se stesso con due abitudini: le buone maniere e il prolungato silenzio”, dice Maometto. Per i buddhisti, è una quiete consapevole e intenzionale e insegna a dominare la mente. Non bisogna però avere per forza un credo religioso per poter apprezzare gli effetti benefici del silenzio. È esperienza abbastanza comune quella dell’assenza di rumori molesti come momento di resilienza e recupero dallo stress. Il rumore, definito come suono indesiderato, è infatti un elemento descritto in psicologia come particolarmente stressante quando è di alta intensità, ma anche quando è incontrollabile e imprevedibile. L’esposizione a un rumore con queste caratteristiche causa nella persona un incremento delle catecolamine, della pressione arteriosa e della conduttanza cutanea: tutti indicatori fisiologici di stress. Il rumore interferisce anche con l’esecuzione di compiti e con la memoria. Leggi tutto “Il suono del silenzio”