di Sandra Rienzi
a cura di Brunetto De Sanctis e Olga Ines Luppino
Il controcondizionamento abbina uno stimolo condizionato a uno incondizionato avente una valenza opposta rispetto allo stimolo incondizionato originale
Le preferenze influenzano potenzialmente tutto il comportamento umano; perciò il paradigma del condizionamento valutativo (ossia il cambiamento nella valutazione di uno stimolo quando lo si abbina ad altri stimoli positivi o negativi) fornisce un’interessante cornice per indagare sperimentalmente i processi di formazione di una preferenza. Questo tipo di condizionamento sembra essere poco sensibile alla tecnica dell’estinzione (in ambito clinico l’equivalente è dell’esposizione); ciò non vuol dire però che i cambiamenti condizionati non si possano modificare a proprio piacimento. La letteratura riporta due possibili procedure per modificare preferenze condizionate: la rivalutazione dello stimolo incondizionato e il controcondizionamento, il quale implica l’abbinamento di uno stimolo condizionato a uno incondizionato avente una valenza opposta rispetto allo stimolo incondizionato originale. Kerkhof e collaboratori si sono dati l’obiettivo di investigare l’efficacia del controcondizionamento come strategia per il cambiamento di preferenze condizionate. L’esperimento ha esaminato l’effetto di tre procedure – un’ulteriore condizionamento, estinzione e controcondizionamento – su preferenze condizionate apprese di recente in un paradigma “picture-taste”. Le principali scoperte hanno indicato che né la prova con l’ulteriore condizionamento né quella con l’estinzione hanno eliminato completamente la valenza che lo stimolo condizionato ha acquisito durante la fase di acquisizione, come invece è in grado di fare il controcondizionamento. Tale studio ha confermato i risultati di Baeyens e collaboratori, i quali osservarono come l’apprendimento valutativo fosse più sensibile al controcondizionamento che all’estinzione. I risultati riguardanti il limitato impatto dell’estinzione sulla valenza condizionata sono, inoltre, in linea con numerosi studi precedenti.
L’osservazione che l’apprendimento valutativo è meno o per nulla sensibile all’estinzione ha portato alcuni autori a suggerire che, nonostante il condizionamento valutativo somigli a livello procedurale ad altre forme di condizionamento pavloniano, esso potrebbe avere alla base processi differenti.
Oltre all’importanza a livello teorico, queste scoperte hanno potenzialmente notevoli implicazioni per il cambiamento delle preferenze a livello applicativo. Il vantaggio nell’utilizzo del controcondizionamento come valida alternativa alla rivalutazione dello stimolo condizionato nel cambiamento delle preferenze condizionare consiste nel fatto che non è necessaria la conoscenza dell’iniziale acquisizione dello stimolo incondizionato. Indagare l’impatto del controcondizionamento su preferenze preesistenti di cui non si conosce come siano state acquisite diventa perciò possibile. Oggetto di studio a livello clinico potrebbero essere, ad esempio, le fobie. Le scoperte riguardanti la debole suscettibilità all’estinzione del condizionamento valutativo suggeriscono che un intervento di esposizione standard potrebbe ridurre con successo la componente di aspettativa nella fobia, ma questo potrebbe allo stesso tempo non avere alcun effetto sul significato negativo acquisito dell’oggetto fobico. Dato che c’è evidenza che questa valenza negativa rimanente possa formare una fonte affettivo-motivazionale per il riemergere della fobia originale, potrebbe essere terapeuticamente vantaggioso combinare l’esposizione con tecniche mirate al cambiamento della valenza dello stimolo fobico. In questi casi, infatti, non è chiaro come la rivalutazione dello stimolo incondizionato possa essere applicata per ridurre la valenza negativa acquisita dell’oggetto fobico, mentre il metodo del controcondizionamento è facilmente applicabile.