Tornare alla normalità dopo un trauma

di Niccolò Varrucciu

L’evento traumatico provoca un flusso di sensazioni incontenibili, travolge le normali difese dell’individuo, lo rende privo di difese e incapace di reagire

Dal punto di vista etimologico, la parola “trauma” deriva dal verbo greco τραῦμα, che significa “perforare, danneggiare, ledere, rovinare” e contiene un duplice riferimento a una ferita con lacerazione e agli effetti di un urto, di uno shock violento sull’insieme dell’organismo. Ampiamente diffuso nell’ambito delle discipline medico-chirurgiche, durante il XVIII sec. il termine è stato adottato dalla psichiatria e dalla psicologia clinica che indicano con esso la sopraffazione del soggetto da parte di uno stimolo eccessivo.

In modo molto generale, il trauma può essere definito come un evento imprevisto, improvviso e imprevedibile che la persona sperimenta come destabilizzante.

L’evento traumatico domina la capacità di risposta della persona, rimanda a una condizione d’impotenza davanti a un’esperienza sconvolgente e incontrollabile che provoca un flusso di sensazioni incontenibili, travolge le normali difese dell’individuo, lo rende privo di difese e incapace di reagire, imponendo la messa in atto di difese patologiche.

In genere, dopo un evento traumatico, il soggetto può presentare disturbi come ansia, insonnia, depressione, oltre a immagini intrusive e ricordi vividi che portano il soggetto a rivivere paure e ansie come se si trovasse nuovamente all’interno dello scenario catastrofico.

Che fare se un paziente sperimenta questi sintomi? Anche se può sembrare controintuitivo, il primo intervento da fare è la cosiddetta “normalizzazione”: è infatti assolutamente normale e fisiologico che la persona reagisca in questo modo, com’è altrettanto normale che tale sintomatologia non perduri e si estingua in modo autonomo.

Se ciò non dovesse accadere, ecco che un intervento psicoterapeutico è sicuramente di fondamentale importanza per evitare che si strutturi un franco disturbo psichiatrico, o per aiutare la persona a guarire.

Uno dei meccanismi che maggiormente mantiene la sintomatologia traumatica è l’evitamento; dopo un evento traumatico è normale avere paura, anzi è fondamentale; se però, di fronte alla paura, mettiamo in atto tentativi di soluzione disfunzionali come l’evitamento, non permettiamo a questa emozione, sgradevole ma importante, di fare il suo corso e defluire correttamente. Non solo, sforzarci per evitare di sentirla dà, in modo implicito, ancora più importanza alla nostra paura e al relativo scenario temuto.

Secondo l’Acceptance e Commitment Therapy è la rigidità psicologica che ci mantiene in uno stato di sofferenza, impedendoci di individuare soluzioni efficaci di risoluzione.

Fra gli strumenti forniti da questo paradigma, uno dei più utili per il trattamento del trauma è sicuramente la “Matrice di Polk”, che aumenta la consapevolezza sul nostro funzionamento.

Durante stati di sofferenza, le persone entrano in modalità “pilota automatico” e iniziano ad agire tentativi di soluzione che, a lungo termine, manterranno la sofferenza o addirittura lo stato di malattia. Attraverso l’utilizzo della matrice è possibile analizzare quali comportamenti sono funzionali all’evitamento e quali comportamenti sono invece utili a tornare a vivere una vita ricca e soddisfacente.

La natura grafica di questo strumento semplifica il già arduo lavoro dei pazienti, rendendo intuitivo come ci siano comportamenti di allontanamento e controllo del dolore e comportamenti significativi per la persona.

Il principale intervento della terapia ACT è quello di implementare gli stati di consapevolezza nel paziente, per poi, tramite opportune tecniche, rimodulare la veridicità e la percezione di gravità di tali stati.

Tutto questo permette di aumentare la flessibilità cognitiva, utile all’individuazione di strategie di soluzione alternative e maggiormente efficaci, che non mirino tanto all’eliminazione dell’emozione spiacevole, quanto piuttosto al graduale abbandono degli strumenti disfunzionali di controllo.

Tali tentativi di controllo, infatti, oltre a mantenere inalterata la situazione, limitano le occasioni di soddisfazione in cui la persona potrebbe incorrere, facendole perdere di vista scopi di vita per lei importante.
Per approfondimenti:

Bessel A. Van der Kolk, Alexander C. McFarlane, Lars Weisaeth, “Stress traumatico. Gli effetti sulla mente, sul corpo e sulla società delle esperienze intollerabili”,ediz. Ma. Gi srl, 2004, pag. 1

Giannantonio, M. (2009). “Psicotraumatologia. Fondamenti e strumenti operativi”. Torino: centro  scientifico

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