Undicesimo comandamento: non stigmatizzare

di Elena Bilotta

Lo stigma nei confronti della malattia mentale è il primo ostacolo alla ricerca di cure

Più del 70% delle persone che soffrono di un disturbo psicologico non riceve alcun trattamento. La richiesta di cure psicologiche e psichiatriche è esposta, a differenza delle cure sanitarie in generale, a una serie di importanti barriere di natura culturale e sociale, che danno luogo a un enorme divario tra prevalenza dei disturbi e prevalenza del trattamento adeguato ricevuto. La stigmatizzazione e la discriminazione delle persone che soffrono di un disturbo mentale sono il principale ostacolo alla richiesta di cure adeguate.

Ma cos’è lo stigma? È un segno distintivo negativo che differenzia un “noi” da un “loro”, si basa su stereotipi e pregiudizi ed è associato a comportamenti discriminatori. Il mondo dei disturbi mentali è sicuramente ricco di stereotipi e pregiudizi. Lo stereotipo dell’individuo con disturbo mentale lo dipinge come imprevedibile e potenzialmente pericoloso, impossibilitato a svolgere alcun tipo di lavoro e a rendersi indipendente, immorale e a volte anche responsabile del proprio problema. Il passo successivo è il pregiudizio, che implica l’essere d’accordo con lo stereotipo, e porta ad adottare misure emotive e valutazioni in linea con esso, come ad esempio avere paura e non fidarsi di chiunque abbia un problema mentale. La discriminazione è il risultato comportamentale del pregiudizio (“Se credo che la persona con disagio mentale sia pericolosa e inaffidabile non la assumerò, non le darò in affitto una casa, non la aiuterò a integrarsi nella comunità”).

In questo ambito così delicato e complesso, le campagne di informazione, atte a favorire la conoscenza delle caratteristiche dei diversi disturbi mentali, della loro diversa gravità e trattabilità, sono le più efficaci nel tentativo di ridurre la stigmatizzazione esistente nel confronti di chi ne soffre. Lo stigma può, però, assumere altre forme. Spesso, infatti, il pregiudizio nei confronti del disturbo mentale viene interiorizzato dalla stessa persona che ne soffre e porta a una diminuzione della propria autostima e un aumento dei sintomi depressivi. Vivere il proprio disagio mentale in solitudine costituisce un ulteriore fattore di rischio per la mancata ricerca di cure e per la cronicizzazione del problema. Per questo motivo sono stati sviluppati dei programmi brevi specifici di psicoeducazione, come ad esempio il Coming Out Proud, che hanno l’obiettivo di sviluppare strategie adattive per parlare del proprio problema. La ricerca ha mostrato che questo tipo di programmi aiuta a diminuire lo stress derivante dalla “auto-stigmatizzazione” del proprio disturbo.

Sarebbe sicuramente auspicabile riuscire a modificare gli stereotipi e i pregiudizi individuali e sociali esistenti sui disturbi mentali. È però sicuramente più efficace agire sui comportamenti discriminatori a essi associati, perché questi incidono sul diritto di manifestare richieste d’aiuto in chi ne ha bisogno per migliorare la propria qualità della vita.

Per approfondimenti:

Corrigan, PW et al. (2015). The impact of mental illness stigma on seeking and participating in mental health care. Psychological Science in the Public Interest, 15, 37-70.

Corrigan, PW et al. (2015). Diminishing self-stigma of mental illness by coming out proud. Psychiatry Research, 229, 148-154.

Henderson, C. et al. (2013). Mental illness stigma, help seeking, and public health programs. American Journal of Public Health, 103, 777-780.