Cinema, metafore e psicoterapia

di Teresa Cosentino

Non un vademecum di film per i pazienti: nel libro di Isabelle Caro Gabalda, ogni opera cinematografica è la trasposizione simbolica di cosa accade in psicoterapia

Data la mia passione per il cinema e per la psicoterapia, ho cominciato a leggere “Cinema, metafore e psicoterapia” con l’aspettativa di trovarvi film da consigliare ai pazienti come strumento per meglio comprendere la sofferenza che li affligge: film da suggerire ai pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo, film per i pazienti agorafobici, per pazienti depressi, ecc. Insomma, un vademecum in cui trovare un’opera cinematografica per le diverse tipologie di pazienti.

In effetti, il cinema è un’importante risorsa in psicoterapia: al pari della biblioterapia, consente al paziente e al terapeuta stesso di vedere rappresentata nei personaggi gli schemi patogeni. Parte del cambiamento avviene già quando il paziente inizia a comprendere i meccanismi di funzionamento del suo disturbo. Nella prima fase della terapia, lo psicoterapeuta lo aiuta a capire cosa gli accade e come mai e, condivide le sue conoscenze sui processi intrapsichici e interpersonali, gli suggerisce libri o articoli da leggere e film da vedere per consentirgli di migliorarne la comprensione. Osservare tali meccanismi attraverso un film aggiunge alla pura comprensione cognitiva una dimensione esperienziale e distanziata: vedere il personaggio intrappolato nei suoi stessi schemi e sintomi da una prospettiva esterna, meno focalizzata su alcune questioni, gli consente di notare aspetti che altrimenti trascurerebbe e di arrivare a insight e conclusioni differenti. Inoltre, grazie al potere evocativo dei film, il paziente – attraverso le immagini, i suoni, le emozioni esperite – si identifica col personaggio, ne assume la prospettiva e, attraverso una sorta di apprendimento vicario, può anche acquisire nuove competenze. Un film può essere impiegato per aumentare la motivazione del paziente al trattamento, consentendogli di vedere come fattibile il cambiamento auspicato per sé e ottenuto nel film dal personaggio. Penso anche ai benefici che possono derivarne in termini di mentalizzazione, di comprensione della mente dell’altro, delle differenti prospettive e stati mentali e della loro influenza sui desideri, emozioni e comportamenti dei protagonisti.

Con tali aspettative e credenze, mi sono immersa nella lettura di questo libro per poi scoprire, capitolo dopo capitolo, che la sfida che la curatrice e i diversi autori e autrici si sono posti è piuttosto differente e innovativa. Nelle pagine del libro, infatti, i film diventano metafore per rappresentare cosa accade in psicoterapia e la stessa psicoterapia diventa un film, con i suoi protagonisti (il paziente, lo psicoterapeuta e il contesto sociale più ampio), la sua trama (il processo terapeutico) e le sue vicissitudini (gli ostacoli, le impasse terapeutiche).

Mi ritrovo spesso a rispondere a domande inerenti la psicoterapia: da amici e familiari incuriositi dal mio mestiere, da allievi ansiosi di comprendere cosa li attende e se saranno in grado, dai pazienti che incontro. Con diverse motivazioni e da differenti prospettive, i quesiti sostanzialmente ruotano intorno a temi comuni: come si svolge la psicoterapia? Che succede nella stanza del terapeuta? Come si ottiene il cambiamento auspicato? Quali caratteristiche deve avere un buon terapeuta? Quali ostacoli s’incontrano?

Esistono diversi manuali che trattano questi argomenti da un punto di vista teorico, studi sperimentali che si propongono d’indagare le diverse questioni, articoli che raccontano casi clinici che esemplificano il tutto.

La novità di questo volume risiede nel proposito di spiegare cosa accade in psicoterapia utilizzando i film come metafore. Nella prima parte, sotto l’obiettivo è il paziente, con il suo bisogno di deliri per restituire un senso alla realtà (The Truman show), la sua storia di vita e i suoi bisogni primari frustrati (Profumo), il desiderio di cambiamento (Invictus) per liberarsi delle barriere di protezione trasformatesi col tempo in una prigione (gente Comune) e la ricerca di una nuova identità (Lion).

Nella seconda parte del libro il focus si sposta sul terapeuta con le sue caratteristiche, in grado d’influenzare positivamente il processo terapeutico, quali l’empatia, la capacità di ascoltare e la curiosità (Le Vite degli altri), un atteggiamento aperto e non giudicante, una buona formazione e una salda etica professionale (Mumford) o, al contrario, variabili che possono ostacolare tale processo, come le sue paure (Il Mago di Oz), la difficoltà a mettere dei limiti (La casa dei giochi), a gestire pazienti poco motivati o oppositivi (Antwon Fisher).  Quali caratteristiche descrivono il buon terapeuta? Saper ascoltare e ragionare sul paziente che ha nella sua stanza, unico e irripetibile e perciò non contenuto in alcun libro, avere una buona formazione e saper a sua volta chiedere aiuto (supervisione), una salda etica professionale, riconoscere i suoi limiti e saper mettere dei limiti sani in terapia, avere un atteggiamento empatico, curioso, non giudicante.

Nella terza parte del libro l’attenzione si sposta sulle variabili che influenzano il processo terapeutico. Il ruolo dell’insight nella comprensione della propria vulnerabilità, del proprio modo di reagire allo stress (Marnie); l’accettazione delle esperienze problematiche (Il Sesto Senso); l’individuazione e la connessione coi propri valori (Forza Maggiore); il cambiamento di prospettiva (La case delle brave donne), la scoperta delle proprie risorse personali (Billy Elliot) e dell’autonomia (Un mondo perfetto).

L’ultima parte, la quarta, è incentrata sulla relazione terapeutica e il suo peso nella determinazione del cambiamento, in quanto esperienza emotiva correttiva (Elizabethtown), in grado di migliorare la mentalizzazione del paziente (Se mi lasci ti cancello) e soddisfare il suo bisogno di validazione e accettazione incondizionata (Zelig).

Un libro utile, dunque, a chiunque voglia, come me, comprendere ma anche spiegare cosa accade in quel luogo speciale, mentale, relazionale e fisico, che è la psicoterapia, attraverso un linguaggio immediato come quello cinematografico.

Riferimenti bibliografici

Isabel Caro Gabalda (2021) Cinema, metafore e psicoterapia. Giovanni Fioriti Editore