Donne vittime del lockdown

di Rossella Cascone e Erica Pugliese

Durante l’isolamento sono aumentati gli episodi di violenza domestica. Ecco come chiedere aiuto

A partire dal 9 marzo scorso, per tutti gli italiani vi è stato l’obbligo di restare a casa e ridurre al minimo la circolazione e gli spostamenti se non per motivi di necessità. Inevitabilmente il periodo di lockdown ha prodotto effetti spiacevoli e negativi, in diversa misura, per tutti.

Come evidenziato da articoli di cronaca, per alcune donne la casa è diventata una trappola mortale. Le donne vittime di violenza domestica sono state costrette, infatti, a restare in casa a stretto contatto con i loro aguzzini, sole o con i propri figli. Questo ha comportato un rischio maggiore per la loro salute e per la loro incolumità, essendo più esposte a violenze sia fisiche sia verbali senza avere l’alternativa di fuggire per proteggere sé stesse e chi assiste inerme alla violenza.

I bambini e le bambine sono stati più frequentemente testimoni della violenza subita dalla loro madre, delle scene aggressive e delle minacce. A questo si aggiunge il vissuto emotivo che tale esposizione comporta e il senso di impotenza e di colpa per non essere in grado di contrastare tali violenze. Come dimostrato da diversi studi sulla violenza assistita, tutto questo comporta un’alterazione del loro benessere fisico e psicologico e una compromissione del loro sviluppo su vari livelli anche nel lungo termine.

L’isolamento da lockdown è stato sicuramente un’aggravante. Secondo un’organizzazione no profit cinese che lavora con le donne, il numero dei casi di violenza domestica nella provincia di Hubei è aumentato in maniera vertiginosa riportando, nel mese di febbraio, il doppio delle segnalazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Le autorità francesi hanno denunciato un incremento delle violenze del 30% in questo periodo. In Turchia, nello specifico a Istanbul, la polizia dichiara un aumento del 40% degli episodi di violenza domestica denunciati. Secondo un rapporto Istat pubblicato a maggio e in linea con i dati europei, anche in Italia durante il lockdown le richieste d’aiuto sono incrementate del 73% rispetto allo stesso periodo del 2019.

Nonostante l’incremento dei casi di violenza e delle successive richieste d’aiuto, nella prima metà di marzo le chiamate al 1522, il numero nazionale antiviolenza e stalking, si sono ridotte del 55,1% rispetto all’anno scorso. Questo dato è legato al fatto che l’isolamento forzato ha incrementato la possibilità da parte dell’abusante di controllare e limitare la libertà della vittima. Inoltre, ha diminuito il supporto sociale, forte fattore protettivo contro la violenza domestica. La vittima, non potendo uscire, ha avuto delle difficoltà a trovare dei momenti disponibili per contattare i servizi di competenza e ricevere aiuto e un sostegno psicologico.

Un’altra ragione che può spiegare questo calo delle denunce risiede nel fatto che la coppia possa essersi trovata nella cosiddetta “fase della luna di miele” o comunque in un momento di “tregua”, ovvero in una fase del ciclo di violenza in cui si ricomincia a vivere più tranquillamente e alla donna possono essere fatte delle “concessioni”. Il motivo di questa calma apparente risiede nel fatto che il maltrattante esercita maggiore controllo sulla vittima e, di conseguenza, diminuiscono i pretesti più vari percepiti come “colpe” della partner.

La violenza è però sempre dietro l’angolo ed è quindi importante non sottovalutare i segnali di una relazione tossica.
D’altra parte, dall’osservazione clinica è risultato che le vittime hanno sfruttato ogni occasione a disposizione durante il lockdown per poter contattare i servizi antiviolenza: quando portavano a spasso il cane, quando andavano a fare la spesa o in farmacia e anche mentre buttavano la spazzatura.

Il 1522, il numero anti violenza e stalking, istituito dal Dipartimento delle Pari Opportunità è attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno ed è gratuito. Nel caso in cui il clima di terrore renda difficile fare una telefonata, esiste anche un’applicazione che permette di chattare con un’operatrice del 1522. Su internet è disponibile, inoltre, un elenco dei Centri Antiviolenza presenti sul territorio nazionale che è possibile contattare in qualsiasi momento.

Anche la Polizia di Stato si è attivata per garantire la massima accessibilità al pronto intervento per le donne vittime di violenza. L’applicazione YouPol, ideata per contrastare bullismo e spaccio di sostanze stupefacenti nelle scuole, è stata aggiornata aggiungendo la possibilità di segnalare i reati di violenza domestica con le stesse modalità delle altre tipologie di segnalazione. Si può inoltre effettuare direttamente una chiamata al numero di emergenza unico (Nue) e le segnalazioni possono essere effettuate anche da chi è testimone diretto o indiretto della violenza, come ad esempio figli o vicini di casa.

Vi è infine la possibilità di contattare le varie associazioni che si occupano della violenza di genere e della violenza assistita che hanno attivato canali via chat per mettersi in contatto con un’operatrice e chiedere aiuto.

Se ti trovi in una situazione di violenza e non sai come uscirne o se conosci qualcuno in queste condizioni rompi il silenzio e chiedi aiuto.

Per approfondimenti:
/2019/10/23/i-5-segnali-di-un-amore-tossico/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3384540/

https://www.sixthtone.com/news/1005253/domestic-violence-cases-surge-during-covid-19-epidemic

https://www.istat.it/it/files//2020/05/Stat-today_Chiamate-numero-antiviolenza.pdf

https://www.france24.com/en/20200410-french-domestic-violence-cases-soar-during-coronavirus-lockdown

https://www.ilmessaggero.it/mind_the_gap/coronavirus_violenza_donne_turchia_quarantena-5155946.html

https://www.lastampa.it/cronaca/2020/03/19/news/l-altra-faccia-del-coronavirus-e-emergenza-violenza-sulle-donne-ecco-i-numeri-da-chiamare-per-chiedere-aiuto-1.38612088

 

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Covid-19: gli effetti sui bambini

di Stefania Prevete

Fattori di rischio psicologici e sociali della pandemia sui più piccoli

La pandemia Covid-19 e le misure di contenimento adottate hanno determinato, tra le altre cose, l’interruzione di molte attività negli ambienti solitamente frequentati dai bambini. Tali interruzioni hanno necessariamente definito un cambiamento repentino di routine quotidiane consolidate e rassicuranti per i più piccoli, coinvolgendo non solo le relazioni familiari (si pensi all’allontanamento forzato da alcuni membri della propria famiglia), ma anche quelle amicali e di comunità in senso più ampio (scuola, attività sportive o ludiche).

Il mutamento rapido del contesto di vita dei bambini e le restrizioni loro imposte hanno interrotto il consueto supporto sociale dei più piccoli determinando, in diversi casi, notevoli fattori di stress per i genitori, chiamati a trovare nuove strategie educative e di assistenza. In tale contesto, le famiglie più vulnerabili, per ragioni socio-economiche e multifattoriali, risultano essere quelle particolarmente più indifese.

I fattori di rischio nei bambini sono pertanto notevoli. Ridotta supervisione e negligenza, aumento di abusi e violenza domestica/interpersonale, avvelenamento, rischi di lesioni, sovraffollamento familiare e mancanza di accesso ai servizi di protezione dell’infanzia sono solo alcuni dei fattori individuati nella nota tecnica dell’UNICEF in materia di protezione dei bambini durante la pandemia di Coronavirus.  A questo si potrebbero aggiungere l’angoscia di morte o di malattia e quella di separazione dalle figure di riferimento, fobie specifiche, manifestazioni di ansia, somatizzazioni, disturbi del sonno e dell’alimentazione e disturbi dell’umore che potrebbero ulteriormente evidenziare il disagio dei più piccoli. Inoltre, attenzionare gli effetti delle chiusure scolastiche nei bambini diviene, secondo alcuni autori, urgente ed essenziale, dato che la scuola è spesso il primo posto in cui bambini e adolescenti cercano aiuto ed esprimono un disagio.

Non conosciamo ancora le conseguenze sulla salute mentale, acute e a lungo termine, del lockdown e di quanto stiamo attualmente vivendo, soprattutto in riferimento alle fasce più deboli della popolazione. Né possiamo definire con esattezza quali saranno le conseguenze emotive di chi si ritrova a vivere la malattia o i lutti ad essa legati. Appare però già evidente che effetti psicologici e sociali indiretti e diretti della pandemia potrebbero essere pervasivi ed influenzare la salute mentale degli individui ora e in futuro.

Ecco che diviene necessario un coordinamento multidisciplinare per raccogliere dati in modo sistematico sugli effetti del lockdown e dell’isolamento sociale, soprattutto se protratto nel tempo (come si prospetta per i bambini), al fine di individuare le migliori strategie per mitigare e gestire i rischi per la salute mentale delle categorie più vulnerabili.

Per approfondimenti

Collishaw S. (2015). Annual research review: secular trends in child and adolescent mental health. J Child Psychol Psychiatry, 56: 370–93. DOI: 10.1111/jcpp.12372

Fazel M, Hoagwood K, Stephan S, Ford T. (2014). Mental health interventions in schools in high-income countries. The Lancet Psychiatry, 1: 377–87. DOI: 10.1016/S2215-0366(14)70312-8

Holmes E.A., O’Connor R.C., Perry V. H., Tracey I., Wessely S., Arseneault L., Ballard C., Chistensen H., Silver R.C., Everall I., Ford T., John A., Kabir T., King K., Madan I., Michie S., Przybylski A.K., Shafran R., Sweeney A., Worthman C.M. Yardley L., Cowan K., Cope C., Hotopft M., Bullmoret Ed (20202). Multidiscipinary research priorities for the Covid-19 pandemic: a call for action for mental health science. The Lancet Psychiatry. Position Paper 1-14.  DOI: 10.1016/S2215-0366(20)30168-1

Nota tecnica: la protezione dei bambini durante la pandemia di Coronavirus. The Alliance for child protection in humanitarian action. https://www.unicef.org/media/66291/file/ITALIAN_Technical%20Note:%20Protection%20of%20Children%20during%20the%20COVID-19%20Pandemic.pdf