Cosa lega populismo e esclusione sociale?

di Luigi Leone e Mauro Giacomantonio

Chi si sente escluso dalla società potrebbe più facilmente propendere per posizioni politiche populiste

Quando si cerca di comprendere quali siano le cause del fenomeno politico del populismo, che si traduce, in estrema sintesi, nella tendenza a vedere la società chiaramente divisa tra élite malvagie e un popolo giusto altamente omogeneo, vengono di volta in volta evidenziati diversi fattori. Ai movimenti populisti “di destra” si associa una spiegazione in termini di razzismo o pregiudizio etnico. Ai movimenti politici “di sinistra” si associa una spiegazione in termini di nostalgia per società maggiormente integrate e solidali, e aspetti “irrazionali” o “anti-moderni” che traducono in irrealizzabili richieste di redistribuzione sociale.
Vengono spesso tralasciate le spiegazioni del fenomeno “populismo” basate su aspetti strutturali di diseguaglianza e sulla conseguente percezione di esclusione sociale.
La crisi del 2008 è certamente stata un motore importante di questa pervasiva percezione di disuguaglianza ed esclusione. Basti considerare che la ripresa economica seguita alla crisi è la più lenta e asfittica dal periodo delle guerre napoleoniche.  La maggioranza dei redditi è ancora bloccata o inferiore ai livelli raggiunti prima del 2008. Allo stesso tempo, però, la quota di ricchezza disponibile ai più ricchi è aumentata sia in valore assoluto, sia in valore relativo rispetto al periodo precedente alla crisi.
Si delinea, quindi, un contesto economico e sociale sempre più caratterizzato da un forte divario tra ricchi e non ricchi. L’ascensore sociale che permetterebbe di migliorare la propria condizione rispetto a quella dei propri genitori o anche di chi abbia solo dieci anni in più viene percepito come guasto o inesistente.  Non stupisce, quindi, che quote importanti della popolazione si sentano escluse, tagliate fuori, trattate iniquamente.

Partendo da questo quadro, quali sono le credenze che potrebbero spiegare come mai la percezione di esclusione sociale porti al populismo?

Innanzitutto, la percezione di esclusione potrebbe portare a cristallizzare una visione del tipo: “Io sono escluso, gli altri sono privilegiati perché ladri o malintenzionati”. Questo si traduce una concezione “manichea” della società, cioè nettamente divisa tra buoni e cattivi, tipica del populismo. In modo simile, l’esclusione potrebbe portare a pensare: “Coloro che mi dovevano proteggere (i politici) sono ladri o inetti”. Questa credenza ovviamente promuove l’anti-élitismo, cioè la chiave di volta del populismo. Infine, la credenza che se “io sono escluso e sono un buono” allora “anche gli altri esclusi saranno buoni” sostiene l’idea che esiste un popolo omogeneo di giusti. Solo la volontà di questo popolo potrà salvare la nostra società.

Oltre a queste specifiche credenze, la ricerca ha ampiamente dimostrato che l’esclusione sociale, da qualsiasi fonte provenga, riduce il senso di controllo che l’individuo ha sulla realtà. Conseguentemente si cercherà di riacquistarlo in vari modi, tra cui, ad esempio, aderendo a visioni unificanti, che semplificano la realtà e che permettono di individuare i colpevoli a cui attribuire le colpe. Ecco, quindi, che il populismo diventa uno strumento prezioso nelle mani di chi, sentendosi escluso, cerca un rimedio alla comprensibile frustrazione e angoscia che ne deriva.

Presto, chiudete i porti!

di Mauro Giacomantonio e Luigi Leone

Gli atteggiamenti negativi nei confronti dell’immigrazione si associano a diverse ragioni psicologiche e a diverse tipologie di populismo

La recente decisione del Ministro degli Interni italiano di non far approdare in Italia una nave che trasportava centinaia di immigrati africani ha scatenato una forte polemica politica che ha affollato i quotidiani italiani e i social network per giorni.

Prescindendo dallo specifico episodio che andrebbe analizzato (in altra sede) in tutta la sua complessità, molti studi scientifici sottolineano che il populismo, soprattutto quello vicino alla destra, si associa a sentimenti negativi nei confronti dell’immigrazione. In Italia il populismo, cioè l’ideologia politica che si basa su forti sentimenti anti-elitari, sulla percezione che il popolo sia molto omogeneo e particolarmente virtuoso, è principalmente rappresentata dal Movimento 5 Stelle (M5S) e dalla Lega, i due partiti la cui alleanza ha portato alla formazione dell’attuale governo.

Dal punto di vista psicologico, è interessante esaminare quali credenze leghino il populismo a sentimenti anti-immigrazione. Inoltre, sarebbe importante chiedersi se i sostenitori dei due principali partiti populisti italiani abbiano convinzioni simili alla base delle loro posizioni contro l’immigrazione: una recente ricerca, ancora non pubblicata, dimostra effettivamente che sebbene coloro che votino Lega e M5S abbiano simili atteggiamenti contro l’immigrazione, le credenze che sottendono tali atteggiamenti sono profondamente diverse.

I sostenitori del M5S tendono a credere che il mondo sia un posto pericoloso in cui lo stile di vita delle brave persone è continuamente minacciato dalle persone “cattive”. In questa visione del mondo prevale la paura, il senso di minaccia e di potenziale ingiustizia. Probabilmente queste credenze si traducono in atteggiamenti contro l’immigrazione perché l’immigrato viene visto come qualcuno che può rubare le già scarse risorse e che potrebbe essere ingiustamente privilegiato.

Negli elettori della Lega prevale, invece, l’idea che il mondo sia una giungla competitiva dove vige la legge del più forte e dove l’affermazione sull’altro, sul più debole, è non solo accettabile, ma anche giusta. Anche in questo caso l’immigrato è una minaccia, ma non tanto per le risorse,  quanto piuttosto per una visione del mondo in cui ci sono gruppi superiori e gruppi inferiori e i primi meritano di più dei secondi e non dovrebbero condividere molto con loro.

Questi dati sembrano anche suggerire che il populismo della Lega e del M5S siano simili ma diversi allo stesso tempo. Il primo si radica nella dominanza sociale e nell’idea che ognuno debba stare al suo posto nella gerarchia sociale, il secondo invece affonda le radici nella paura di perdere risorse e possibilità. Non a caso il M5S ha raccolto consensi soprattutto nel Meridione, economicamente in difficoltà, mentre la Lega è supportata specialmente nel ricco Nord.

Rimane l’accordo sul fatto che, vuoi perché rubano il lavoro e le risorse, vuoi perché acquisiscono dei privilegi che solo noi dovremmo avere in quanto più forti, gli immigrati debbano rimanere a casa loro.

L’irresistibile fascino del populismo

di Mauro Giacomantonio e Luigi Leone

Cosa ci può dire la psicologia della recente diffusione del populismo in Italia e in molti altri Paesi occidentali?

Un articolo recentemente apparso sull’Economist ha evidenziato che, ad eccezione di uno, tutti i principali partiti delle recenti elezioni politiche possono essere definiti populisti anche se con gradi e caratteristiche diverse.

Il populismo è quindi un componente fondamentale del quadro politico attuale, almeno nella nostra nazione (ma non solo). Alcuni studiosi hanno quindi iniziato a esaminare cosa contraddistingue gli atteggiamenti populisti e le caratteristiche psicologiche che più frequentemente si associano a chi non resiste a questo tipo di ideologia.

Al cuore del populismo si trova una visione “Manichea” della società, divisa in modo netto e senza zone di grigio tra “il popolo puro” e “l’élite corrotta”. Basandosi su questa visione, è possibile distinguere almeno tre elementi essenziali. Il primo è l’anti-élitismo: tutte le élites sono votate a ingannare, sfruttare e sopraffare il popolo. Ovviamente l’élite politica è in prima fila in questo quadro senza sfumature, ma anche altri tipi di élite non vengono risparmiate, come ad esempio gli scienziati e gli intellettuali. Oltre a questo, c’è l’idea che la sovranità popolare non debba risentire di alcuna restrizione e si dovrebbe quindi garantire accesso diretto da parte del popolo alle decisioni più importanti riguardanti la vita sociale. Il volere del popolo, secondo questa visione, dovrebbe dominare sulla costituzione e sulle leggi e non dovrebbe essere mediato da rappresentanti eletti. Infine, l’ideologia populista si fonda sulla credenza che il popolo sia sempre omogeneo e virtuoso. Qualsiasi cosa faccia o voglia, è coeso e si contrappone all’élite corrotta, in modo simile a come fece Robin Hood e i suoi contro il principe John e lo sceriffo di Nottingham.

Esistono varie sfumature di populismo, anche in relazione al contesto nazionale, alcune delle quali sono più vicine all’ideologia di destra. Non a caso il populismo si associa con la tendenza all’autoritarismo. Sappiamo, inoltre, che percepire il proprio gruppo di appartenenza come svantaggiato o in difficoltà aumenta la tendenza ad assumere questo tipo di posizioni. Un ruolo importante viene anche giocato dalla paura e dall’instabilità emotiva.

Per avere un quadro completo della questione, bisogna anche menzionare il fatto che i populisti tendono a credere alle teorie cospirazioniste che si basano proprio sull’idea che ci sia un piccolo gruppo di potenti che manovrano il mondo a discapito del popolo di giusti. Nei casi più benevoli lo fanno diffondendo informazioni false, come nel caso dei cambiamenti climatici. Nei casi peggiori intervengono direttamente influenzando la salute, l’economia, le leggi, i conflitti.

Sembra che il populismo cresca florido nella paura, la paura di un altro che minaccia l’identità, la paura di un futuro incerto e la paura di perdere dei privilegi o, peggio ancora, dei diritti fondamentali.

Ma perché queste paure costituiscono un terreno fertile proprio per questa visione del mondo che ha caratteristiche così specifiche? Una risposta a questa domanda potrebbe forse risiedere nel concetto di “controllo compensatorio”.

L’incertezza che riguarda l’identità, il lavoro e, più in generale, i progetti esistenziali degli individui può essere attenuata da una spiegazione degli eventi e della nostra società che sia ipersemplificata, che non preveda eccezioni o vie di mezzo e soprattutto che attribuisca a una élite “malvagia” la maggioranza dei problemi che affliggono le persone. Questa visione può contribuire a riacquisire quel senso di controllo che è tanto caro agli esseri umani sia per la sua semplicità, sia perché sposta altrove le responsabilità. Anche in questo risiede l’irresistibile fascino del populismo.