Disturbo borderline di personalità: informazioni utili per i familiari

di Elisabetta Pizzi

Inghiottiti dal vortice della sofferenza dei propri cari, i familiari di persone con DBP si trovano spesso ad affrontare da soli le situazioni più critiche

Il disturbo borderline di personalità (DBP) è un disturbo caratterizzato da un’instabilità pervasiva nei rapporti interpersonali, un’instabilità nell’immagine di sé e una marcata impulsività. Chi ne soffre mostra delle reazioni emotive molto intense che oscillano drammaticamente nel corso della giornata, anche per motivi apparentemente poco importanti. Questi cambiamenti d’umore sono dovuti a una difficoltà biologica e involontaria a regolare le proprie emozioni. Tutti sperimentano emozioni intense, come ad esempio la sensazione di avere il cuore in gola quando ci si accorge di aver appena rischiato di essere investiti da una macchina. Le persone con DBP esperiscono delle emozioni così intense regolarmente, senza avere la capacità di autocalmarsi. A volte il dolore emotivo è così forte da indurle ad attuare dei veri e propri comportamenti autodistruttivi – come tagli, bruciature sul corpo, uso di alcol e droghe, abuso di psicofarmaci e tentativi di suicidio – pur di sentire qualche forma di sollievo. I comportamenti autolesivi diventano, così, dei potenti “regolatori emotivi” in quanto consentono di abbassare le emozioni dolorose in modo molto veloce e automatico e distraggono dal problema. “Quando bevo non penso più a niente”, dicono spesso i pazienti in cura. Leggi tutto “Disturbo borderline di personalità: informazioni utili per i familiari”

Come adattare i materiali DBT per i pazienti sordi

di Stefania Fadda photo Stefania Fadda

L’approccio dialettico-comportamentale (DBT), sviluppato da Marsha Linehan (Linehan, M. 1993) per il trattamento di pazienti con comportamento suicidario cronico affetti da Disturbo Borderline di Personalità, è il primo modello terapeutico con efficacia dimostrata in tale disturbo. Pertanto, è auspicabile che anche i pazienti sordi abbiano accesso al trattamento DBT e, affinché questo avvenga, si rivela necessario l’adattamento dei materiali utilizzati.

Nell’adattare il materiale scritto si dovrà tener conto del bagaglio culturale, del funzionamento psicologico e delle competenze in lingua italiana posseduti dai pazienti sordi. Ad esempio, schede ed esercizi potrebbero essere modificati in tre forme che rispondano a differenti abilità di lettura e comprensione dei pazienti: una prima forma potrebbe rivolgersi a coloro i quali possiedono minime abilità di lettura e comprensione e, pertanto, necessitano di materiale iconico; una seconda forma potrebbe rivolgersi a coloro i quali sono in grado di leggere l’italiano ad un livello elementare ed, infine, una terza forma a coloro i quali leggono l’italiano ad un livello avanzato. Ad esempio, nel modulo dedicato alle abilità nucleari di mindfulness, immagini quali quella di Dorothy e della sfera di cristallo nel “Mago di Oz” aiuterebbero pazienti con povere capacità linguistiche a comprendere l’importanza di osservare prendendo distanza critica da ciò che viene esperito (i pensieri non sono la realtà) (Glickman e Gulati, 2003). Per i pazienti con maggiori competenze linguistiche tali semplificazioni non sono necessarie, tuttavia è consigliabile utilizzare un linguaggio più chiaro e diretto rispetto a quello presente nelle schede rivolte ai pazienti udenti.

Per orientare il paziente alle varie componenti e procedure del programma DBT, i terapeuti utilizzano spesso una varietà di metafore. Queste ultime, per risultare efficaci con i pazienti sordi, devono essere significative in Lingua dei Segni Italiana e tener conto della cultura sorda e delle esperienze di vita peculiari dei pazienti sordi. Devono, quindi, essere di tipo visivo e comprensibili sia da un punto di vista linguistico che concettuale. Ad esempio, quando si introduce l’abilità di “tolleranza della sofferenza mentale/angoscia” si potrebbero utilizzare i cambiamenti del tempo come metafora per lavorare sulle emozioni: è, infatti, difficile controllare il meteo come lo è controllare le proprie emozioni, tuttavia è possibile rispondere efficacemente in situazioni che attivano emozioni forti, così come ci si può preparare ad affrontare il freddo. Quando si introduce l’argomento dell’ambiente invalidante potrebbe essere utile discutere dell’esperienza comune a molte persone sorde di essersi sentite invalidate dal “mondo udente”, in primis dalla famiglia d’origine.

All’interno del modulo “efficacia nelle relazioni interpersonali” vengono spesso utilizzati acronimi quali, ad esempio, “DEAR MAN” il cui fine è quello di ricordare ai pazienti i sette passi che consentono di richiedere ciò di cui si ha bisogno e dire di “no” (Descrivere, Esprimere, Affermare, Rinforzare, Mantenere la Mindfulness, Apparire fiduciosi, Negoziare). Con i pazienti sordi non fluenti in italiano gli acronimi risultano spesso poco utili in quanto il significato viene perso nella traduzione in Lingua dei Segni. Negli Stati Uniti sono stati creati acronimi comprensibili per le persone sorde mediante l’impiego di lettere che formano parole dalla dattilologia nota e associate a segni di uso quotidiano. Ad esempio, l’acronimo “DEAR MAN” è stato modificato in “DEAF CAN”, più semplice da ricordare e adeguato culturalmente. I sette concetti dell’acronimo originale sono rimasti invariati, ma collocati in posizioni differenti e segnati in modo comprensibile per i pazienti sordi (Describe, Express, Ask/Say no, Focus, Confident appearance, Add rewards, Negotiate/suggest).

Rispetto ai pazienti sordi italiani, sia l’adattamento per le persone udenti italiane che quello per le persone sorde americane non si rivela efficace, infatti entrambi mancano di accessibilità linguistica e culturale. Un passo in tale direzione sarebbe, pertanto, auspicabile al fine di rendere la DBT sempre più fruibile da parte dei pazienti sordi.

Riferimenti

Glickman, N., & Gulati, S. (Eds.). (2003). Mental health care of deaf people: A culturally affirmative approach Mahway, NJ: Lawrence Erlbaum.

Linehan, M. M. (1993). Cognitive-behavioral treatment of borderline personality disorder. New York: Guiliford Press.

Il Disturbo Borderline di Personalità: modelli di comprensione e strategie di trattamento Cognitivo-Comportamentali

di Sara Di Biase, Giulia Paradisi e Lisa Lari

La vulnerabilità emotiva, la dissociazione, le reazioni emotive acute ed improvvise, l’impulso ad agire sulla base di esse, la forte sensibilità verso la perdita, i profondi sentimenti di vuoto. E ancora…il brutale istinto che trascina verso la distruzione delle relazioni, l’oscillazione della consapevolezza che porta a confondere l’immaginazione con la realtà e ad agire sulla base di rappresentazioni fantastiche… Sono l’eterogeneità e la variabilità sintomatiche a caratterizzare il quadro del Disturbo Borderline di personalità (DBP), di fronte al quale i clinici si trovano ad osservare tutta la psicopatologia, come turisti che visitino uno stato in cui convivono gruppi etnici diversi. Leggi tutto “Il Disturbo Borderline di Personalità: modelli di comprensione e strategie di trattamento Cognitivo-Comportamentali”

La Terapia Dialettico Comportamentale: adattamento per i pazienti sordi – Seconda Parte.

di Stefania Fadda 

La DBT (Dialectical behavior therapy) vede le origini del disturbo borderline nella disregolazione emotiva e combina l’utilizzo della validazione emotiva con l’insegnamento di tecniche per tollerare l’angoscia, ridurre le emozioni dolorose ed eliminare i problemi comportamentali. Leggi tutto “La Terapia Dialettico Comportamentale: adattamento per i pazienti sordi – Seconda Parte.”

La Terapia Dialettico Comportamentale: adattamento per i pazienti sordi – Prima Parte

di Stefania Fadda 

Le terapie che si avvalgono di materiali e protocolli scritti, la cui comprensione richiede familiarità con la cultura dominante, spesso pongono barriere linguistiche e culturali per i pazienti che appartengono a gruppi minoritari. Quanto affermato è applicabile anche alle persone sorde affiliate alla comunità sorda, per le quali la lingua dei segni rappresenta il metodo di comunicazione elettivo.

Il bisogno di adattare la terapia alle esigenze dei pazienti appartenenti a gruppi linguistici e culturali minoritari è stato palesato, per la prima volta, dal U.S. Surgeon General’s Report on Mental Health (USDHHS, 2001) e, in riferimento alla Terapia Cognitivo Comportamentale, dal Cognitive and Behavioural Practice Journal (Hofmann, 2006).

In questo e nei prossimi post verranno illustrati gli adattamenti della Terapia Dialettico Comportamentale (DBT) e la modalità di utilizzo della stessa con i pazienti sordi.

La DBT costituisce uno dei trattamenti maggiormente validati per la riduzione del rischio suicidario in pazienti con diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità (BPD). Con riferimento ai pazienti sordi, sebbene i dati sull’utilizzo di tale terapia siano limitati, alcuni studi riportano una più alta incidenza dei tentativi di suicidio e/o dell’ideazione suicidaria rispetto alla popolazione udente (Black e Glickman, 2006; Durland, 2004; Samar et at., 2007). Inoltre, le persone sorde presentano un più elevato rischio di sviluppare BPD.

La prospettiva socio-biologica della DBT suggerisce che gli individui con BPD presentano vulnerabilità emotiva sia su base biologica che come risultato di esperienze traumatiche. Tali individui, rispetto alla popolazione non clinica, dimostrano una maggiore sensibilità verso stimoli emotivamente rilevanti, più intense risposte emotive e un più lento ritorno ai valori di base.

L’ambiente dal quale i pazienti con BPD provengono, viene frequentemente definito invalidante in quanto non offre all’individuo rispetto, attenzione e comprensione verso i suoi vissuti cognitivi ed emotivi. Il caso estremo è la configurazione di un ambiente abusante. All’interno di un ambiente invalidante, l’individuo non impara a tollerare il distress, a regolare l’arousal, e a discernere quando fidarsi delle proprie risposte emotive. La Lineahan (1993) afferma che il BPD trae origine dall’interazione tra la vulnerabilità emotiva e l’ambiente invalidante.

L’ipotesi che le persone sorde siano ad alto rischio di invalidazione appare agli occhi di chi scrive convincente. Infatti, i pazienti sordi adulti frequentemente riferiscono di aver esperito limitate comunicazione e interazione con la famiglia d’origine e, più in generale, con le persone udenti. Spesso essi sono l’unica persona sorda a casa, a scuola, nei contesti socio-ricreativi e nel luogo di lavoro. Inoltre, la percentuale di persone udenti in grado di comunicare efficacemente con essi è estremamente bassa.

La capacità di tollerare il distress, lo sviluppo delle abilità di regolazione emotiva e la possibilità che i propri pensieri ed emozioni vengano validati dipendono in misura significativa da una adeguata comunicazione e interazione con gli altri.

Le persone sorde spesso non hanno avuto la possibilità di apprendere incidentalmente strategie di regolazione emotiva e di coping nei contesti familiari e, solo un numero limitato di esse, ha beneficiato di un apprendimento diretto. Complicano il quadro la limitata competenza nella lingua utilizzata dalla maggioranza della popolazione e la difficoltà ad accedere alle informazioni. Ne risulta che molti pazienti sordi arrivano in terapia con una difficoltà a identificare e regolare le emozioni (Glickman e Gulati, 2003). Fine prima parte.

Bibliografia

Black, P. A., & Glickman, N. S. (2006). Demographics, psychiatric diagnoses, and other characteristics of North American deaf and hard-of-hearing inpatients. Journal of Deaf Studies and Deaf Education, 11, 303–321.

Durland, B. (2004). [Preliminary analyses of National College Health Assessment data collected in the Fall of 2002]. Unpublished raw data.

Glickman, N., & Gulati, S. (Eds.). (2003). Mental health care of deaf people: A culturally affirmative approach Mahway, NJ: Lawrence Erlbaum.

Hofmann, S. G. (2006). Culturally sensitive CBT [Special Issue].Cognitive and Behavioral Practice, 13(4), 344.

Linehan, M. M. (1993a). Cognitive-behavioral treatment of borderline personality disorder. New York: Guiliford Press.

Samar, V. J., Pollard, R., O’Hearn, A., Lalley, P., Sutter, E., Klein, J. D., et al. (2007, March 13-14). Deaf young adults’ self-reported suicide attempt rate: role of reading and gender. Honolulu, Hawaii: Paper presented at the Pacific Rim Disability Conference.

U.S. Department of Health and Human Services. (2001). Mental health: Culture, race, and ethnicity—A supplement to Mental Health: A Report of the Surgeon General. Washington, DC: Author.