Disturbo narcisistico di personalità: l’oscillazione tra senso di grandiosità e vulnerabilità

 

di Piera Strano
curato da Elena Bilotta

Il disturbo narcisistico di personalità viene descritto dal DSM-5 come un “pattern pervasivo di grandiosità (nella fantasia e nel comportamento), necessità di ammirazione e mancanza di empatia, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti”. Seppure trattasi di un costrutto piuttosto antico, la ricerca negli ultimi decenni ha prodotto un mix di risultati sulla sua coerenza teorica. In particolare, pone come punto fermo le caratteristiche di grandiosità, ma poca chiarezza ha riscosso l’individuazione della vulnerabilità come altra caratteristica saliente in tale disturbo. Il narcisismo patologico si riflette in una vasta gamma di pensieri, sentimenti e comportamenti alla cui base ci sono le motivazioni, le aspettative e le convinzioni, che tenendo conto delle differenze individuali, si manifesta in presentazioni volutamente grandiose e vulnerabili.

Le ricerche degli ultimi anni hanno mostrato una marcata attenzione per i contenuti di vulnerabilità narcisistica. Il rinnovato interesse verso questo aspetto, se da una parte ha prodotto una più ampia armonia tra ricerca empirica e teoria clinica, dall’altra ha enfatizzato la difficoltà di vecchia data di conciliare due dimensioni apparentemente incompatibili in un unico costrutto. Ciò ha portato a chiedersi se possono esserci diversi tipi di narcisismo o se più in generale la grandiosità e la vulnerabilità riflettono lo stesso costrutto.

Nel 1991 Wink ha ipotizzato la suddivisione del funzionamento del narcisismo patologico secondo le due modalità, sottolineando che il narcisismo vulnerabile e quello grandioso condividono alcune caratteristiche di base come la presunzione o il disinteresse verso gli altri, ma il sottotipo vulnerabile sarebbe maggiormente legato a vissuti quali introversione, pessimismo, ipersensibilità, mentre l’altro si

caratterizzerebbe per l’estroversione, l’aggressività, il bisogno di ammirazione. Da qui è emerso un modello triarchico del disturbo narcisistico di personalità. Credenze sull’essere in diritto/importanza di sè/antagonismo rimangono il nucleo centrale e la loro espressione è moderata da altre caratteristiche dell’individuo come esibizionismo/estroversione o vulnerabilità/nevroticismo.

Per Wright (2018) questa struttura a tre domini risolve molte delle discrepanze teoriche e fornisce un quadro sintetico per comprendere le differenze individuali nel narcisismo patologico. Questa prospettiva riconosce che gli individui possono avere un set-point “preferito”, che riflette il loro livello di tratto, attorno al quale fluttuano nel tempo e nelle situazioni le due dimensioni. Pertanto, gli individui con narcisismo patologico possono passare di solito più tempo in stati di grandiosità o vulnerabilità, ma di tanto in tanto oscilleranno tra l’uno e l’altro, spiegando così l’osservazione clinica dei processi dinamici all’interno di una singola persona. Per Wright l’evidenza di fluttuazione da uno stato all’altro nel tempo rappresenta semplicemente una presa di coscienza, un primo passo utile per comprendere i processi dinamici del narcisismo. Tuttavia lo stesso, puntualizza che sarebbe necessaria una ricerca più sistematica utilizzando progetti temporalmente sensibili (come valutazioni ambulatoriali) allo scopo di descrivere empiricamente tali fenomeni, stabilire norme e valutare potenziali fattori scatenanti.

Per approfondimenti

Wright, A. G., & Edershile, E. A. (2018). Issues resolved and unresolved in pathological narcissism. Current Opinion in Psychology, 21, 74-79.

Tratto o disturbo?

di Giuseppe Femia
Dimensione psicologica di funzionamento o psicopatologia? L’indagine clinica per i disturbi della personalità
  • Come si descriverebbe come persona? Come pensa che la descriverebbero gli altri?
  • Come si sente di solito rispetto a se stesso/a? Con che grado di successo direbbe che sta ottenendo le cose che vuole nella vita?
  • Come sono le sue relazioni con le altre persone? Chi sono le persone più importanti della sua vita? Va d’accordo con loro?
  • Quanto pensa di capire bene se stesso/a? Quanto comprende bene gli altri.

Queste domande preliminari sulla visione di Sé e sulla qualità delle relazioniinterpersonali caratterizzano il quadro generale della SCID-5 PD intervista ( Structured Clinical Interview for DSM-5 ), l’intervista clinica per i disturbi della personalità. Essa costituisce lo strumento elettivo di indagine della personalità nel suo funzionamento, nelle sue manifestazioni psicopatologiche e nella definizione di quelle costellazioni di tratti salienti che determinano la definizione di un funzionamento psicologico e di una struttura definita di pattern stabili di comportamento, ragionamento e relazione. Mediante questa metodica è possibile, infatti, approfondire le caratteristiche della personalità e differenziare le diverse manifestazioni psicopatologiche sciogliendo i maggiori dubbi diagnostici rispetto a quadri ad alta comorbilità.

Questo tipo di indagine agevola e promuove i processi di diagnosi differenziale tra il disturbo schizotipico di personalità e lo schizoaffettivo; tra il disturbo dipendente di personalità e il disturbo borderline; tra il disturbo evitante e le manifestazioni di ansia e fobia sociale; tra il disturbo narcisistico di tipo overt e quello covert; tra le manifestazioni sotto soglia e i quadri severi di psicopatologia, adottando un’ottica dimensionale di ragionamento clinico/diagnostico.

Nasce da un lavoro di revisione della SCID-II, che inizia dopo la pubblicazione del DSM-5 nel 2013, e riflette le modifiche apportate nel nuovo manuale dei disturbi mentali e soprattutto la revisione della logica multi assiale precedentemente adoperata. Attraverso la SCID-5 PD è dunque possibile tracciare un profilo della personalità e delle sue diverse manifestazioni in relazione ai criteri categoriali previsti, seguendo una logica di conoscenza dei disagi della personalità e della loro intensità mediante l’osservazione di tre diversi parametri trans–diagnostici, vale a dire la regola delle “Tre –P”
Patologia: Che livello di disagio manifesta la persona esaminata? Quanto il disturbo compromette il globale funzionamento e quanto il soggetto si mostra consapevole delle proprie difficoltà? Quante aree risultano inficiate? Con quale intensità e con quale frequenza si manifesta il disagio?
Persistenza: Quando ha avuto esordio? Quando ricorda di aver sentito/agito/pensato in questo modo per la prima volta? Quanto spesso accade e da quanto si sente così?
Pervasività: Le compromissioni rintracciate sono presenti in molte situazioni differenti? Si verificano con molte persone differenti?
La diagnosi è dunque possibile esclusivamente se i sintomi espressi dal soggetto risultano rintracciabili a partire dalla giovane età adulta, se il disturbo determina disagio e malessere e se coinvolge diverse aree di funzionamento, sociale, affettiva, familiare e lavorativa.
L’intervista si avvia a partire da un’indagine generale volta a ricavare informazioni sulle esperienze pregresse del soggetto rispetto alla sua storia di vita, la struttura familiare, le capacità professionali, precedenti rapporti terapeutici e/o l’esistenza di un trattamento in atto di tipo farmacologico; inoltre consente di individuare le risorse e i fattori di rischio rispetto al contesto della persona esaminata.
L’intervista segue con domande che indagano i diversi criteri per ognuno dei dieci disturbi della personalità secondo il seguente schema di valutazione: “?”= informazioni insufficienti; “0” = tratto assente; “1” = sotto-soglia; “2” = soglia patologica. Per attribuire il punteggio “2” devono essere presenti diversi episodi chiari in cui il tratto si manifesta in modo chiaro compromettendo un ambito di funzionamento.
Durante questa fase di attribuzione generale nella valutazione delle manifestazioni psicologiche riferite è bene rintracciare il grado di coerenza/incoerenza fra come il soggetto rappresenta se stesso e gli altri e ciò che riporta nella narrazione in termini di episodi a supporto della definizione fornita.
La Scid-5 si associa a un manuale alternativo dei disturbi della Personalità (AMPD) del DSM-5: mediante questa metodica di indagine è possibile, per ciascuna costellazione, approfondire i diversi criteri. Ad esempio, secondo il manuale, per il disturbo borderline si possono indagare i fenomeni appartenenti al criterio “A” (identità, auto-direzionalità, empatia, intimità) e quelli relativi al criterio “B” (labilità emotiva, angoscia da separazione, ansia, depressività, impulsività e tendenza a correre rischi, ostilità). Inoltre, appare possibile indagare nello specifico la grandiosità narcisistica e la ricerca di approvazione oppure il rigido perfezionismo tipico del disturbo ossessivo-compulsivo di personalità.
Questo tipo intervista consente di fotografare il funzionamento psicologico e valutare il peso di quei fenomeni ricorrenti e talvolta trans-diagnostici, dandogli la giusta importanza, anche nei casi in cui non vengano soddisfatti i criteri nosografici richiesti per operare diagnosi di disturbo della personalità. La Scid-AMPD prevede, infatti, la possibilità di operare una diagnosi di personalità tratto-specifica.
In una seconda fase di approfondimento, sono previsti dei moduli aggiuntivi riguardo alla diagnosi dimensionale e all’individuazione di aspetti e tratti salienti nel funzionamento globale della personalità.
Nello specifico, vengono differenziate diverse aree (domini) di approfondimento:
  • Il dominio del Distacco: evitamento, intimità, anedonia, depressività, affettività ridotta, sospettosità.
  • Il dominio dell’Affettività Negativa: labilità emotiva, ansia, angoscia da separazione, ostilità, perseverazione, sottomissione.
  • Il dominio dello Psicoticismo: convinzioni ed esperienze inusuali, eccentricità di regolazione cognitiva e percettiva.
  • Il dominio della Disinibizione: irresponsabilità, impulsività, distraibilità, e la tendenza a correre rischi.
  • Il dominio dell’Antagonismo: manipolatorietà, inganno, grandiosità, ricerca diattenzione, insensibilità, ostilità.

    La presenza di questi moduli di approfondimento riflette la sempre più crescente necessità di proporre interventi personalizzati che siano rivolti al funzionamento dimensionale della psicopatologia e dei fenomeni trans-diagnostici che risultano cruciali e che fungono da mantenimento rispetto ai disagi psichici. In conclusione, possiamo dire che il ricorso alla Scid-intervista in fase di Assessment, oltre a sostenere il clinico, guidandolo nella definizione di eventuali problematiche relative alla personalità, delinea un profilo psicologico individuando le credenze nucleari, i timori, la consapevolezza circa i propri limiti, le emozioni ricorrenti, le convinzioni patogene, le abilità sociali e interpersonali, oltre che il funzionamento affettivo, il mondo interiore e le modalità di contatto e costruzione rispetto ai legami intimi e duraturi.

    Per approfondimenti

    Michael B. First, Janet B.W. Williams, Lorna Smith Benjamin and Robert L. Spitzer(2016), Structured Clinical Interview for DSM-5 Personality Disorders (SCID-5-PD). Edizione italiana a cura di: Andrea Fossati e Serena Borroni. Raffaello Cortina Editore,2017