di Anita Parena
È facile fare affermazioni come “tutte le emozioni sono buone” o “tutte le emozioni, anche quelle negative, aiutano a crescere”. In questo momento in cui nelle sale c’è Inside out la legittimità delle emozioni negative è particolarmente in auge, dal momento che il film in modo molto intelligente ed efficace mette in luce i vari modi in cui anche emozioni considerate negative come la tristezza sono da vivere e da esperire in piena consapevolezza perché funzionali al nostro equilibrio. Tradurre questo in pratiche educative, però, è meno facile. Nel libro “Il linguaggio del cuore” di Claudia Perdighe, ci sono esempi presi dalla vita quotidiana di come i genitori “involontariamente”, in mille modi diversi, insegnano a inibire o reprimere le emozioni; molto spesso questo accade perché spaventati sia dalle emozioni dei loro bambini, sia dai possibili effetti su loro stessi. Il primo e forse più chiaro esempio è il contrasto del pianto del bambino, il “non piangere” che per mesi o anni guida tante interazioni genitore-figlio; interrompere il pianto del bambino, infilargli un ciuccio in bocca, cercare mille strategie per farlo smettere, è il primo modo in cui diciamo al bambino “non esprimere ciò che senti”. Il pianto prolungato e apparentemente senza una causa a cui è possibile trovare una soluzione immediata come fame, freddo o sonno, attiva sentimenti di preoccupazione, disagio e timori sulle proprie capacità di genitore…!
Se invece nel “calmare il bambino” ci ricordassimo che “tutti i bambini piangono e non è un problema che necessariamente richiede una soluzione” anche il ruolo dei neo-genitori sarebbe più semplice.
Se il bambino smette di piangere io mi sento meglio, vero! Se però ogni volta che piange rispondo con “non piangere”, rischio inconsapevolmente di insegnargli che deve sempre essere di buon umore o che non deve mostrare il suo disagio.
Il diritto dei bambini di essere tristi, titolo scelto dall’autrice originariamente, sarebbe il giusto titolo del libro, il cui tema sono appunto le emozioni, piacevoli e spiacevoli: quelle dei bambini e quelle dei genitori.