Sclerosi Multipla: il lato psicologico

di Barbara Basile

Il modello dell’Acceptance and Committment Therapy (ACT)

La Sclerosi Multipla (SM) rappresenta la principale causa neurologica di disabilità nella popolazione giovane-adulta, con un esordio che si presenta tipicamente tra i 14 e i 40 anni e colpisce più frequentemente le donne. La prevalenza nei Paesi occidentali, dove la patologia si presenta in misura significativamente maggiore rispetto ad altre culture, è di uno su 800. Si tratta di una malattia infiammatoria demielinizzante che colpisce diffusamente la sostanza bianca del Sistema Nervoso Centrale (SNC) sia al livello dell’encefalo che del midollo spinale. La lesione anatomopatologica tipica della SM è la placca demielinizzante, un’area in cui, dopo una fase di infiammazione acuta a carico della sostanza bianca del SNC, si verificano fenomeni di cicatrizzazione e di parziale ricostituzione della guaina mielinica (elemento fondamentale per una buona propagazione degli impulsi elettrici). Le placche presentano una distribuzione variabile e imprevedibile e, di conseguenza, i deficit correlati possono coinvolgere diverse funzioni, tra cui principalmente quelle piramidali, sensitive, cerebellari, visive e cognitive. Comprensibilmente, vista anche l’età di esordio, la malattia è caratterizzata e accompagnata da una sintomatologia di tipo depressivo e ansioso, con manifestazioni che possono includere anche rabbia e labilità emotiva, e che si sommano a uno stato di fatica cronica. La patologia depressiva è presente in una percentuale che varia tra il 25 e il 50% dei pazienti, dove stati emotivi di tristezza e di ansia inficiano notevolmente il loro livello di benessere. 

Gli interventi psicologici sono volti soprattutto a sostenere il paziente nell’accettazione della sua nuova condizione e a gestire gli aspetti emotivi che derivano dalle difficoltà fisiche e dall’imprevedibilità del decorso della malattia. Gli obiettivi del trattamento riguardano anche l’adesione alla terapia farmacologica e ai controlli medici, in modo da favorire l’outcome riabilitativo e il funzionamento psicosociale. Il modello dell’Acceptance and Committment Therapy, meglio noto come ACT, si rende particolarmente utile nei casi di patologie organiche poiché aiuta il paziente a diventare più accettante rispetto alla sua condizione che, nel caso della SM, è imprevedibile a causa della grande variabilità della malattia. 

I protocolli di intervento ACT, la cui efficacia ad oggi è stata studiata negli USA e in Svezia, prevedono un contesto gruppale, in cui si affrontano i sei nuclei di intervento principali dell’ACT. Pur non esistendo ancora un protocollo manualizzato, il trattamento prevede delle fasi specifiche. In una prima fase, si prevede la psicoeducazione sulla malattia, si spiegano ai pazienti sia i possibili sintomi che la loro base organica, con una particolare attenzione all’intrinseca imprevedibilità del suo decorso, spiegandone i diversi fenotipi. La forma più frequente di SM, la recidivante-remittente (relapsing-remitting), rappresenta circa l’85% di tutte le diagnosi e si manifesta con episodi (definite ricadute o recidive) che alterano le funzioni neurologiche a cui segue un recupero funzionale parziale o totale e un periodo di relativa stabilità (fase di remissione) fino all’episodio successivo.Nelle forme primariamente e secondariamente progressive (primary and secondary progressive), si osserva un peggioramento costante della malattia, senza fasi di remissione e di recidive, in un lasso di tempo più o meno variabile. Infine, un ultimo fenotipo di SM presenta un esito di tipo benigno (o Clinically Isolated Syndrome, CSI) ed è caratterizzato da un unico episodio, a cui segue una remissione totale. Vedi la Figura per una rappresentazione grafica dei possibili fenotipi di malattia.

In una seconda fase del trattamento, si aiuta il paziente a identificare i costi che derivano dai tentativi di controllare i pensieri, le emozioni e le reazioni fisiologiche associate alla patologia e alla sua imprevedibile manifestazione. Nelle due fasi successive, si aiuta il paziente a considerare i vantaggi legati all’accettazione della diagnosi e i relativi cambiamenti di vita e in seguito si realizzano degli esercizi esperienziali volti ad identificare i valori centrali del paziente. 

L’individuazione dei valori è un passo fondamentale per aiutare il paziente a identificare quelle azioni o quegli scopi che sono in linea con ciò che dà maggiore senso e ricchezza alla propria vita, indipendentemente dalla sua condizione.  Nella quinta fase, con la pratica della mindfulness e dell’accettazione si cerca di promuovere una maggiore flessibilità, in modo da aiutare il paziente ad adattarsi alle difficoltà e alle barriere poste dalla malattia. Infine, in un ultimo step, si insegnano le tecniche di de-fusione, o distanziamento critico, con lo scopo di ridurre l’impatto di pensieri, immagini ed emozioni negative sulla realizzazione di azioni guidate dai valori. L’applicazione dell’intervento in un contesto di gruppo permette di condividere un’esperienza comune che, nonostante la diversità dei sintomi, articolandosi in piccoli gruppi di lavoro, può incoraggiare maggiore condivisione e supporto reciproco.  Recentemente, lo psicologo australiano Kenneth Pakenham ha messo a punto uno strumento psicometrico, il Multiple Sclerosis Acceptance Questionnaire (MSAQ), volto a misurare la disponibilità e l’apertura all’esperienza emotiva in questa condizione patologica. Questo strumento può rappresentare un valido metodo per valutare l’efficacia dell’intervento ACT nella SM. 

Figura. Fenotipi di Sclerosi Multipla più diffusi.

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recidivante-remittente/primariamente progressiva/secondariamente progressiva

Per approfondimenti:

Minden SL. (1992). Psychotherapy for people with multiple sclerosis. J Neuropsychiatry Clin Neurosci. 4(2):198-213. 

Nordin, L., & Rorsman, I. (2012). Cognitive behavioural therapy in multiple sclerosis: A randomized controlled pilot study of acceptance and commitment therapy. Journal of Rehabilitation Medicine, 44(1), 87–90. http://dx.doi.org/10.2340/16501977-0898. 

Sheppard, S. C., Forsyth, J. P., Hickling, E. J., & Bianchi, J. (2010). A novel application of Acceptance and Commitment Therapy for psychosocial problems associated with multiple sclerosis. International Journal of MS Care, 12(4), 200–206. http://dx.doiorg/10.7224/1537-2073-12.4.200.

http://www.psicoterapia-cognitiva.it/un-progetto-act-per-la-sclerosi-multipla/

“Se non ci penso più mi sento bene”

di Caterina Parisio

Arisa e la sua mindfulness: da Sanremo alle pratiche ACT

“C’è solo un tempo importante: adesso! – diceva Lev Tolstoj – È il tempo più importante perché è l’unico tempo su cui abbiamo potere”.
La citazione dello scrittore russo, vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, è un monito per ricordare che la vita si sta svolgendo ora, in questo momento, e che il passato e il futuro esistono solamente come pensieri che avvengono nel presente. Si può pianificare il futuro, ma questo pianificare avviene nel “qui e ora”; si può riflettere sul passato e imparare da questo, ma tale riflessione avviene nel presente. Questo momento è tutto ciò che abbiamo sempre.
Siamo nel 2019, alla 69esima edizione del Festival di Sanremo. Nel brano “Mi sento bene”, l’artista Arisa canta: “Se non ci penso più mi sento bene […]. Forse è tutto questo il mio vivere, quasi elementare, semplice. Adesso voglio vivere così”.

Oltre un secolo di storia, dalla letteratura alla musica, per tracciare uno dei principi fondamentali di quella che oggi chiamiamo “pratica mindfulness”.
Nel linguaggio comune, la parola “mindfulness” è diventata sinonimo di “essere nel momento”, “essere presente” o “vivere adesso”. Essere in contatto con il momento presente è, infatti, il cuore del concetto di mindfulness: il fatto di essere presente rappresenta l’elemento fondamentale per vivere una vita congruente con i propri valori.
“Guardo una serie tv e mi sento bene, leggo il giornale e mi sdraio al mare e prendo la vita come viene”, prosegue Arisa nel testo della sua canzone, che tanto assomiglia a una delle pratiche informali della mindfluness.

Ma cosa vuol dire veramente vivere nel momento presente?

Significa essere consapevolmente “in contatto con” e “partecipi di” tutto ciò che accade in questo momento. Gli essere umani trovano molto difficile rimanere nel momento presente: è esperienza comune farsi catturare dai propri pensieri e perdere il contatto con il mondo. Si può trascorrere un sacco di tempo assorti in pensieri sul passato o sul futuro, senza essere pienamente consapevoli dell’esperienza che si sta vivendo. Entrare in contatto con il momento presente significa riportare in modo flessibile la consapevolezza sia sul mondo fisico sia su quello psicologico. Significa anche prestare attenzione consapevolmente alla propria esperienza “qui e ora” invece che andare alla deriva sui propri pensieri o attivare il “pilota automatico” sulle proprie azioni.

È importante altresì sottolineare quanto sia impossibile impedire alla mente di far riemergere ricordi dolorosi o di raccontarsi storie spaventose sul futuro; si può però imparare a lasciare che questi pensieri vadano e vengano invece di attaccarsi a questi.

Arisa direbbe di svegliarsi presto il lunedì, godere delle strade piene a Natale, stare al telefono, andare a cena fuori.
Steven Hayes, professore all’università del Nevada e fondatore dell’Acceptance and Committment Therapy (ACT), terapia di terza generazione nata per modificare la relazione tra pensieri disfunzionali ed emozioni negative, in una delle sue pratiche più conosciute di defusione dai pensieri, così direbbe:

  1. Trova una posizione comoda e chiudi gli occhi o fissali su un punto.
  2. Immagina di essere seduto in riva a un gentile ruscello che scorre e che ci siano foglie che scorrono sulla superficie.
  3. Ora, prendi ogni pensiero che sorge nella tua testa, ponilo su una foglia e lascia che sia trasportato. Fallo senza badare al contenuto positivo o negativo del pensiero, piacevole o doloroso. Anche se ci sono molti pensieri piacevoli, ponili sulle foglie e lascia che siano trasportati via.
  4. Se i tuoi pensieri si fermano, osserva il ruscello. Prima o poi i pensieri ricominceranno.
  5. Permetti al ruscello di scorrere secondo il proprio ritmo. Non accelerarlo. Non stai cercando di far scivolare via le foglie, stai permettendo loro di andare e venire con il proprio tempo.
  6. Se la tua mente ti dice “Questo è stupido” o “Non posso farlo”, poni quel pensiero su una foglia.
  7. Se una foglia si ferma, lasciala lì attorno. Non forzarla a scorrere via.
  8. Se sorge una sensazione negativa, come noia o impazienza, semplicemente riconoscila. Dì a te stesso “ecco un sentimento di noia” o “ecco una sensazione di impazienza”. Poi poni quel pensiero su una foglia e lascia che scorra via.
  9. Di tanto in tanto, i tuoi pensieri si agganceranno e potrai perdere l’attenzione. Questo è normale e naturale e potrebbe succedere. Quando realizzi che sta succedendo, gentilmente riconoscilo e riprendi.
  10. E ora, porta l’attenzione verso una fine… E apri i tuoi occhi. Guardati attorno. Nota che cosa puoi vedere e sentire, sgranchisciti un po’. Bentornato!

Ora, una cosa potrà risultare sicuramente più chiara: quanto è cara questa felicità. E, di certo, Arisa o Hayes sarebbero due perfetti compagni di viaggio per godere a pieno del momento presente, sdraiati in riva al mare.

 

Per approfondimenti:
Russ Harris (2009), Fare ACT, Ed. Franco Angeli