“L’avrò fatto?”. Se il disturbo ossessivo si traveste da deficit della memoria

di Annalisa Bello

Una scarsa memoria sulle proprie azioni ripetute può essere ricondotta al disturbo ossessivo compulsivo (DOC): un percorso di psicoterapia può fare molto di più di costosi controlli medici

Peregrinare da un medico all’altro, collezionare referti specialistici tra cui non mancano tac e risonanze. Questo il tour tra le corsie ospedaliere e gli studi specialistici di chi, intrappolato in azioni ritualizzate e ripetute, inizia a dubitare delle proprie capacità cognitive, della propria memoria. “Avrò qualcosa al cervello!”, dicono, eppure tutti i consulti convergono all’unisono nel testimoniare l’assenza di danno cerebrale alcuno. Ma la memoria sembra perdere colpi: “Dottore, sono costretto a controllare più volte di aver chiuso la manopola del gas… dubbioHo come la sensazione di non ricordare di averlo fatto!”. Neppure un’overdose di fosforo basterebbe a silenziare la preoccupazione di chi continua a voler dare un nome a ciò che, fenomenicamente, potrebbe ingannare e porsi erroneamente come l’espressione di un deficit mnestico. Le cose, infatti, stanno diversamente: l’attività ossessiva non è la conseguenza di un deficit di memoria, nulla ha a che fare con una compromissione di natura neurologica. E allora perché quei controlli protratti e ripetuti innumerevoli volte? I ricorrenti timori associati al dubbio di aver dimenticato qualcosa o, ancor più, di aver causato un danno a qualcuno o a qualcosa sono una delle manifestazioni con cui può esprimersi il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC). Chi ne soffre, infatti, teme che una propria azione o omissione possa essere causa di una disgrazia e l’attività ossessiva è finalizzata a prevenire una colpa per non essere stato abbastanza attento o, in alternativa, una contaminazione da sostanze disgustose.

Diversi esperimenti dimostrano, infatti, che lo scopo di prevenire una colpa è la condizione necessaria e sufficiente per avere una sintomatologia ossessiva. Nulla a che vedere, quindi, con deficit e alterazioni cerebrali: la tendenza alla ripetizione sortisce il paradossale effetto di diminuire la salienza del ricordo di un’azione, che diventa via via cosi familiare da far diminuire anche la fiducia nel ricordo stesso. A quanti sarà capitato, riferendosi a una azione familiare e abituale, di dire: “lo faccio cosi automaticamente che non ricordo di averlo fatto”? Così avviene nel DOC e ciò che può sembrare la risultanza di un deficit altro non è che la conseguenza di scopi e contenuti della mente, la cui importanza assume un ruolo centrale nella spiegazione della psicopatologia in toto e non solo limitatamente al disturbo ossessivo compulsivo.

 

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