Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione: come curarlo

di Daniela Fagliarone

FagliaroneL’approccio modulare, per ridurre i sintomi, comprendere i propri sentimenti e migliorare le capacità decisionali

Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo può essere molto invalidante e può presentarsi con una varietà di sintomi caratterizzati da ossessioni con tematiche diverse e specifiche. Ultimamente, i ricercatori hanno cominciato a occuparsi sempre di più della sintomatologia ossessiva focalizzata sulla relazione intima e sul partner.
Guy Doron, professore alla New School of Psychology, dell’Interdisciplinary Center (ICD) di Herzliya in Israele, e alcuni colleghi hanno proposto un approccio Cognitivo-Comportamentale integrativo e modulare. Leggi tutto “Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione: come curarlo”

“I pazienti con DOC sono come i piloti che volano di notte: possono contare sugli strumenti di volo,ma non sulla propria visione”

di Graziella Pisano e Valentina Di Mauro
curato da
Francesco Mancini

Uno dei principali sintomi del DOC è il dubbio persistente, che può invadere molti domini di azione; per ora è ben chiaro che le persone con DOC non hanno fiducia nella propria memoria il che è associato al controllo ripetuto. I teorici del DOC hanno osservato che i dubbi sono relativi anche alla loro stessa percezione, alle preferenze, ai desideri, alla comprensione di stati interni propri e degli altri.

Tali dubbi pervasivi possono portare ad una varietà di comportamenti patologici tipici, inclusi l’eccessivo auto-monitoraggio, i controlli, la ricostruzione mentale, domande incessanti e richieste di rassicurazioni esterne. Secondo la descrizione classica del DOC stilata da David Shapiro (1965) le persone con tendenze ossessivo-compulsive hanno perso “l’esperienza della convinzione”, ovvero hanno una diminuzione della capacità di accedere direttamente ai loro sentimenti, desideri e preferenze e devono ricorrere ad indicatori esterni per inferire questi stati interni. Leggi tutto ““I pazienti con DOC sono come i piloti che volano di notte: possono contare sugli strumenti di volo,ma non sulla propria visione””

Il chiodo fisso

di Sonia Di Munno
curato da Roberta Trincas

Le principali teorie sull’autoregolazione ritengono che l’umore sia fondamentale per la motivazione. In particolar modo questi approcci suggeriscono che l’umore sia strettamente correlato alla percezione di successo nel raggiungimento di un obiettivo; in particolare la percezione di progredire verso le proprie mete comporta un umore positivo mentre la percezione di non riuscirci porta a umore negativo. A conferma di ciò, si osserva che l’idea di riuscire a realizzare in futuro i propri obiettivi di vita sia predittore di benessere psicologico, mentre focalizzarsi sulle difficoltà nel raggiungere gli obiettivi porterebbe a conseguenze negative come il rimuginio. Il rimuginio nasce dalla percezione di una discrepanza tra uno stato attuale e uno stato desiderato e viene definita come “un insieme di pensieri che ruotano attorno ad un tema comune in assenza di esigenze ambientali che richiedano tali pensieri”. Diversi autori ritengono che questo processo cognitivo avrebbe come principale funzione la risoluzione di un problema. Alcuni studi  dimostrano che il rimuginio su obiettivi è più intenso quando la riuscita è strettamente connessa ad esiti o valori importanti per la persona. In linea con ciò, è  stato osservato che quanto più l’obiettivo da raggiungere è collegato a un significato più ampio e importante (per esempio se l’obiettivo di perdere peso è legato a uno scopo di più alto livello, come il raggiungimento della felicità) tanto più innesca un rimuginio più intenso e frequente che aumenta l’umore negativo.  Leggi tutto “Il chiodo fisso”

Come la mindfulness migliora le abilità cognitive: una review sistematica delle ricerche in ambito neuropsicologico.

di Lorenzo Cruciani
curato da Alberto Chiesa

Le pratiche di meditazione basate sulla mindfulness (MMPs) sono un sottogruppo di pratiche meditative basate su una modalità particolare di prestare attenzione al presente, in maniera non giudicante. Il concetto di mindfulness trova le sue radici nella filosofia buddista ed è un elemento chiave in alcuni stili di meditazione. Nelle ultime decadi il training mindfulness è stato incorporato in svariati programmi clinicamente orientati, come ad esempio la Mindifulness Based Stress Reduction (Kabat-Zinn, 1990), la Mindfulness Based Cognitive Therapy (Segal, Williams & Teasdale, 2002), la Dialectical Behavior Therapy (Linhean, 1993) e l’Acceptance e Commitment Therapy (Hayes, Strosahl, & Wilson, 1999). Leggi tutto “Come la mindfulness migliora le abilità cognitive: una review sistematica delle ricerche in ambito neuropsicologico.”

“Monitorare o non monitorare? Questo è il problema”

di Valentina Di Mauro e Graziella Pisano
curato da Francesco Mancini

Le persone perseguono svariati obiettivi. In un’intervista, cerchiamo di impressionare l’intervistatore. Studiamo prima di un esame con l’obiettivo di capire e ricordare i materiali di studio. Laviamo le mani per renderle pulite. Ma come facciamo a sapere quando fermarci? Il lavoro di Liberman, N. & Dar, R. (2009) affronta questo interrogativo dal punto di vista del modello della riduzione della discrepanza tra lo stato attuale ed il raggiungimento di un obiettivo; evidenziando le difficoltà nel monitorare i progressi verso gli obiettivi e discutendo i loro antecedenti e le conseguenze.

Quali sono le componenti di base del processo di riduzione della discrepanza tra lo stato attuale ed il raggiungimento di uno scopo?

Nella teoria del campo di Lewin (1951), gli obiettivi sono visti come “quasi-necessità”. Come una necessità (ad esempio, la fame), un obiettivo comporta una discrepanza tra uno stato attuale e uno stato desiderato, una discrepanza che crea tensione che la persona cerca di ridurre raggiungendo l’obiettivo. Questa tensione è “la motivazione”. Leggi tutto ““Monitorare o non monitorare? Questo è il problema””

La personalità può cambiare nel tempo?

di Roberta Trincas

Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino”. Giacomo Leopardi

 Una ricerca dell’Università di Edimburgo ha studiato alcune caratteristiche di personalità su un campione di circa 1200 adolescenti. A distanza di circa 63 anni, sono state rivalutate le stesse caratteristiche su 174 persone di questo campione. I ricercatori si aspettavano di osservare una certa stabilità della personalità nel tempo, ma i risultati hanno disconfermato queste aspettative: le persone non sono le stesse in adolescenza e in tarda età.

In particolare, hanno misurato sei caratteristiche: sicurezza di sé, perseveranza, stabilità dell’umore, coscienziosità, originalità e desiderio di primeggiare. I risultati mostrano che nessuna di queste caratteristiche rimane stabile nel tempo, ma si osserva solo una lieve associazione tra coscienziosità e stabilità dell’umore, anche se non significativa. Leggi tutto “La personalità può cambiare nel tempo?”

Curare i casi complessi

di Giulia Paradisi

Un convegno sulla terapia dei disturbi di personalità condotto dai didatti della Scuola di Psicoterapia Cognitiva di Roma: Antonio Semerari e Livia Colle

 Una giornata formativa dedicata alla descrizione del paziente “complesso” e del suo trattamento con la Terapia Metacognitiva Interpersonale (MIT), e organizzata dalla Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC) sede di Grosseto.

Il convegno si è tenuto a Grosseto il 17 marzo scorso e ha visto la partecipazione di due colleghi del Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma, esperti nella comprensione e nel trattamento dei disturbi di personalità: Antonio Semerari, psichiatra e psicoterapeuta, e Livia Colle, psicologa e psicoterapeuta.

Il titolo dell’evento si è ispirato al volume “Curare i casi complessi”, edito da Laterza e curato da Antonino Carcione, Giuseppe Nicolò e Antonio Semerari.
Durante la prima parte della giornata Antonio Semerari ha introdotto l’inquadramento teorico del Trattamento Metacognitivo, passando successivamente a tracciarne le linee generali, fornendo altresì alla platea una definizione del paziente complesso in relazione ai disturbi di personalità. Leggi tutto “Curare i casi complessi”

Allarme depressione: let's talk!

di Chiara Lamuraglia

Il 7 aprile, la Giornata Mondiale della Salute è dedicata ai disturbi depressivi, per motivare chi ne soffre a chiedere aiuto e promuovere una migliore informazione sulla malattia

 Secondo i dati emersi dall’ultimo rapporto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e relativi al 2015, nel mondo 322 milioni di persone (4,4%) soffrono di depressione, con un’incidenza in costante aumento: in un solo decennio è aumentata del 18,4%.

Lo studio ha evidenziato che le donne sono più depresse degli uomini (5,1% contro 3,6), con una particolare concentrazione tra i 55 e i 74 anni (7,5% le donne, 5,5% gli uomini).

Altro dato importante è relativo ai casi di suicidio: è la seconda causa di morte tra i giovani tra i 15 e i 29 anni e 788 mila persone si sono tolte la vita nel 2015 per non contare tutti i casi di coloro che hanno tentato il suicidio ma sono rimasti in vita. Le statistiche cambiano a seconda della nazione, del sesso o anche della classe sociale di appartenenza. Nei paesi a reddito medio-basso, si concentrano circa il 78% del totale dei casi registrati. Più in generale, il suicidio si colloca tra le prime 20 cause di morte nel mondo.
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Maturità cerebrale e adolescenza

di Elisabetta Pizzi

Perché gli adolescenti hanno difficoltà a prevedere le conseguenze delle proprie azioni, a pianificare e gestire gli impulsi?

 Lo sviluppo cerebrale è influenzato da diversi fattori, interni ed esterni all’individuo. I fattori interni sono rappresentati dai geni. Le connessioni cerebrali si formano, infatti, grazie alle disposizioni genetiche che dirigono la produzione delle proteine cellulari. I fattori esterni sono diversi. Il primo, in ordine temporale, è il nutrimento dato al feto. Se in questa fase dello sviluppo non arrivano i nutrienti necessari, le disposizioni genetiche non possono costituirsi e si avranno quindi gravi effetti sulla maturazione del cervello. Altri fattori esterni possono essere le malattie organiche, i traumi psicologici e le esperienze vissute dal bambino. Le informazioni acquisite attraverso l’esperienza possono, infatti, portare allo sviluppo di 
nuove connessioni cerebrali e rafforzare o indebolire quelle già esistenti. Il cervello cambia, quindi, sotto l’influenza di questi fattori e, soprattutto, al crescere dell’età. Numerosi ricercatori, negli ultimi anni, hanno cercato di capire la struttura dei cambiamenti che avvengono nel corso dell’adolescenza, mostrando come alcune informazioni che provengono dalle neuroscienze potrebbero essere d’aiuto anche in ambito educativo. Leggi tutto “Maturità cerebrale e adolescenza”