La noia ai tempi del “restiamo a casa”

di Marzia Albanese

Tutti i guai dell’uomo derivano dal non saper star fermo in una stanza.
Blaise Pascal

Sono tempi duri. Sembra l’intro di un film apocalittico e invece eccolo qui, il nostro film. Un virus che ci costringe chiusi in casa, chiusi in noi stessi.
Diversi sono stati i gesti di dissenso a questa richiesta, dolorosa ma necessaria: imperterrite uscite per l’aperitivo, affollamenti nei posti più disparati, manifestazioni pubbliche, proteste per eventi cancellati. Sembra quasi che il nostro piccolo mondo ci spaventi più del virus.

Ma di cosa abbiamo paura?

Imporci un cambiamento che non prevede più la solita routine ci pone inevitabilmente davanti alla necessaria ristrutturazione delle nostre giornate e della loro utilità, facendo del nostro “sempre troppo poco” tempo, un tempo più lungo e risentendone emotivamente.
La variabile percezione affettiva della durata del tempo era già stata oggetto di riflessione nella mente di Kant che nell’ “Antropologia pragmatica” scriveva: “Sentire la vita, divertirsi, non è dunque altro che sentirsi continuamente spinto a uscire dalla condizione presente (la quale deve quindi essere un dolore che spesso ritorna). Così si spiega anche la pena opprimente e angosciosa che procura la noia a tutti coloro che badano alla propria vita e al tempo”.

Inconsapevolmente schiavi di una ideologia “emozionalista”, che assegna predominio sociale solo alle “emozioni forti” a scapito invece delle forme più sfumate del sentimento e della dimensione contemplativa della vita (che hanno in realtà dato terreno fertile ad arte e letteratura), il tempo diviene, infatti, fonte di vero e proprio “disgusto” quando “è considerato solo come un intervallo tra mezzo e fine e allora diventa lungo”.

Ecco, quindi, che quando ci manca il fine del nostro agire, si fa spazio quella sensazione di “vuoto”, avvertita con orrifico disgusto: è qui che nasce la noia. La noia che tanto temiamo, che fa assumere alle nostre giornate quella forma lineare che così poco ci piace. Quella “nebbia” di cui parlava Pietro Verri riferendola al “tedio abituale in cui gli uomini temono di restare immersi”. Quella nota di “intemporalità”, di “sterilità” che tanto detestiamo, a noi che ormai nel tempo piace affogare. È una sorta di regno celeste da cui si vorrebbe evadere per tornare a respirare un’aria più libera. Ci fa sembrare tutto eterno. E infatti eccoci qui, a chiederci: quando finirà?

E invece Ramón Gómez de la Serna diceva che “se si potesse sfruttare la noia disporremmo della più potente fonte di energia”. Allora giriamo la faccia di questa moneta obbligatoriamente messaci nelle mani: accogliamo la noia, riconosciamole un valore. Facciamola sedere accanto alle altre emozioni, assopite per un po’. Non importa. Si risveglieranno. Lasciamo che la noia occupi i suoi spazi, occupi il nostro tempo. La noia serve. Serve a liberare la mente, a rafforzare attenzione e creatività. Ci apre gli occhi, ci costringe a guardarci attorno e a valutare come poter rivalorizzare il tempo. Ed è così che capiamo che forse ha ancora valore qualcosa: un mobile da tempo abbandonato, che potremmo riverniciare. Quel piatto che vorremmo provare. Quell’amico che non abbiamo più chiamato, ma che vorremmo tanto sentire. Quel quadro che starebbe proprio bene su quella parete se solo avessimo il tempo per appenderlo. Quel libro da finire. Quell’idea da rispolverare.

La noia è un diritto. E questa è l’opportunità, sebbene sfortunata, per ognuno di noi di goderne. Solo così da questa situazione possiamo imparare una grande lezione: quella – citando Vinicio Capossela – di “ricondurre il mondo all’umile e al piccolo, fuori dal tempo dell’utile e del lavoro”. Ma soprattutto, come fa la lumaca: “rallentare il tempo e godersi la scia”.

 Per approfondimenti:

Vigorelli A. (2009). Il disgusto del tempo. La noia come tonalità affettiva. Mimesis

Emergenza noia

 di Caterina Pariso
Correlazioni dell’inclinazione alla noia con la psicopatologia, in particolare con i disturbi dell’umore
“Non è eccentrica, non è così vistosa; né sensuale né formosa ma ci sta”. Ai “sorcini” verrà certamente spontaneo cantare questi versi del brano “Emergenza noia” di Renato Zero.
Risale al 1912 l’opera “La tasse de chocolat” di Pierre Auguste Renoir: una donna fissa con occhi spenti una tazza di cioccolata e con una mano sostiene la stanca testa, quasi abbandonata allo scorrere del tempo. È la noia a scandire questo suo tempo o forse la malinconia?
E poi ancora: Vasco Rossi con la noia nella relazione, Jovanotti che affida questa sopita emozione a un ritmo coinvolgente. Insomma: la noia è affare assai spinoso al punto da attirare l’attenzione di molti pittori, cantanti, filosofi, psicologi.
Nel 1990, lo psicologo James Danckert seppe che suo fratello maggiore Paul era stato coinvolto in un grave incidente stradale. Il ricovero immediato in ospedale si rivelò particolarmente difficile: nonostante la guarigione, dopo la degenza nulla riusciva a donare più felicità a Paul. Continuamente e con ostinata amarezza, ricorda Danckert, Paul si lamentava di essere semplicemente in uno stato di noia totale: si trattava di una profonda frustrazione unita ed enfatizzata dall’insoddisfazione nel non riuscire a trarre alcun beneficio da ciò che in passato l’aveva reso felice e che amava.
Qualche anno dopo, quando Danckert stava intraprendendo la strada della neuropsicologia, si ritrovò a dover lavorare fianco a fianco con venti giovani uomini che ebbero dei traumi al cervello. Ripensando al caso personale di suo fratello, chiese se anche a loro fosse capitato di dover affrontare il peso della noia più frequentemente e con più difficoltà rispetto a quanto non avvenisse prima che si presentasse la complicazione cerebrale: ognuno di essi rispose
affermativamente, confermando la propria lotta con la noia.
Dalle testimonianze relative alle esperienze di questi venti uomini emerse in Danckert la voglia di ricercare in maniera approfondita delle informazioni rispetto al tema della noia.
Non esiste una definizione universalmente accettata per descrivere il concetto di noia; si tratta di uno stato emotivo ubiquitario nella psicologia normale e nella psicopatologia. Nonostante la sua presenza così pervasiva sul continuum emozionale, e forse a causa della sua natura indefinita, essa è un costrutto tutt’oggi non definitivamente descritto nel campo della psicologia.
Secondo l’indagine cognitiva, ad esempio, si possono considerare due ragionevoli e interessanti prototipi della noia. L’emozione di noia può infatti indicare uno stato interno in cui gli scopi sono del tutto inattivi o una valutazione in termini di monotonia e ripetitività degli stimoli esterni, tale da impedire l’acquisizione di nuove conoscenze. Complessivamente ​si potrebbe interpretare la noia come un’emozione metacognitiva , un’emozione della mente che indica come il sistema cognitivo sia in una fase di “stallo”.
“È la noia fitta nebbia tra di noi, strada buia dove cadi e non lo sai. Pillole e intrugli vanno giù da soli, sono voli simulati quelli tuoi…”: non sarà forse un monito, quello di Renato Zero, i cui versi indurrebbero qualsiasi ricercatore a pensare a una correlazione tra stati di noia e disturbi dell’umore e predisposizione alla noia nei disturbi da abuso di sostanze?
Secondo alcuni studi, la noia sarebbe caratterizzata sia da un basso sia da un elevato arousal (attivazione fisiologica). Nei casi in cui, ad esempio, gli individui esperiscono negli stati di noia un’attivazione fisiologica elevata, essi sarebbero portati alla ricerca di un notevole bisogno di novità, di cambiamento, di eccitazione e di esperienze comportamentali ed emotive complesse. Il rapporto tra suscettibilità alla noia e abuso di sostanze sta per questo destando sempre più interesse tra i ricercatori. L’inclinazione alla noia rappresenterebbe, difatti, una dimensione psicologica con numerose correlazioni con la psicopatologia, in particolare con i disturbi dell’umore .
“E no che non m’annnoio, non m’annoio […] e no che non mi stanco, non mi stanco”: è il ritmo spasmodico di Jovanotti che invita a non fermarsi mai e seguire il proprio tempo. In questo caso, sarà forse una strategia di fronteggiamento quella suggerita? Un legame tra la noia e altri profili psicopatologici?
Effettivamente, secondo alcuni studi, la noia sembrerebbe proprio una faccenda di attenzione. In una ricerca del 2012, è stato riscontrato che le persone più propense alla noia ottengono prestazioni peggiori nei compiti che richiedono attenzione, con una maggiore probabilità di presentare sintomi di ADHD e depressione.
Molti ricercatori nutrono numerose speranze nell’espandere le direttrici degli studi finora condotti in materia di noia; esiste la necessità di arrivare a realizzare quanto sia affascinante la noia. Perché la noia è tutto fuorché noiosa!

SITCC 2018 – Noia e Psicopatologia. Che relazione?

 

di Giuseppe Femia

In occasione del XIX Congresso Sitcc 2018, tenutosi a Verona, si discute di noia nelle sue forme normali e patologiche. Questa emozione “cenerentola”, mano mano assume un ruolo centrale come stato mentale rilevante nelle manifestazioni di alcuni disturbi specifici.

Spesso trascurata in ambito clinico, risaltata dalla letteratura, e descritta da molti come stato emotivo esperito in cui si avverte uno stallo transitorio rispetto ai propri scopi di vita, ricopre in questo simposio un ruolo sensibile in relazione a diversi  fenomeni  psicopatologici rilevanti.

Si ipotizza un sua influenza nei fenomeni di disregolazione emotiva, come marker dei disturbi bipolari, come fattore cruciale nella ricerca spasmodica e occasionale di sensazioni forti, rispetto al ricorso di sostanze, e in quanto sentimento contenuto nelle manifestazioni di dissociazione e nelle sensazioni di detachment, spesso riscontrate nella pratica clinica.

Sono stati proposti quattro diversi lavori, ciascuno con ipotesi differenti in relazione al ruolo della noia nella complessità psicopatologica.

1- Si suppone una relazione fra lo stato di noia esperita e gli stati di attivazione maniacale, avanzando la possibilità di tracciare una relazione con una tipologia bipolare specifica.

La dott.ssa Rita Cardelli, assieme ai colleghi Valeria Rossi e M.Saettoni offrono uno studio in cui si valuta la suscettibilità alla noia come ingrediente  cognitivo saliente nel disturbo bipolare. Si suppone una relazione fra lo stato di noia esperita e gli stati di attivazione maniacale.

In un campione composto da 54 pazienti eutimici (bipolari I e II, ciclotimici) con diagnosi di disturbo bipolare, condotto mediante la SIN (scala di inclinazione alla noia, fattore stimolazione esterna/interna, punteggio totale) si raggiungono risultati chiari:

La noia caratterizza i disturbi bipolari e i bipolari tipo (I) sembrano maggiormente inclini a questo sentimento rispetto ai soggetti ciclotimici. Questo sottogruppo indica la monotonia dell’ambiente come la causa del loro stato interno di noia emotiva e ricorre a una regolazione esterna mediante fattori di sollecitazione (sostanze).

Appare dunque possibile ipotizzare una differenziazione dei disturbi bipolari lungo il loro continuum dimensionale (spettro) in base al ruolo della noia in quanto determinante cognitiva.

2- La dottoressa Michela Lupo assieme ai suoi colleghi Diletta Sabatini, Paolo Iazzetta, Andrea Gragnani, presentano un lavoro in cui cercano di individuare una correlazione fra l’inclinazione alla noia e l’uso di cocaina.

Dai risultati sembra fondamentale tenere in considerazione la noia in quanto fattore di rischio nei consumatori occasionali di cocaina verso la possibilità che sviluppino una dipendenza e un abuso sistematico.

In tal senso un intervento che prenda in considerazione gli aspetti cognitivi della noia, la percezione di essere in “stallo”, bloccati, potrebbe rappresentare invece un fattore di protezione.

3- Lisa Lari e colleghi: Stefania Iazzetta, Andrea Gragnani, Marco Saettoni, propongono invece la possibilità di strutturare un intervento psicoterapico che possa intervenire sull’aspetto cognitivo della noia e sulla tendenza a non tollerare tale emozione, mettendo strategie comportamentali di “exit” disfunzionali, cercando di favorire una maggiore gestione degli stati emotivi negativi e una maggiore modulazione degli stessi.

In un’ottica DBT e mediante tecniche di mindfulness si pensa di poter raggiungere l’obiettivo di avere una riduzione della sintomatologia nei pazienti bipolari.

4- In ultimo Paola A. Mancuso, Marco Saettoni, Maurizio Brasini e Andrea Gragnani presentano un’indagine preliminare sul rapporto fra Noia e detachment.

Nello specifico si indaga una relazione fra stati dissociativi e sentimenti di noia. In un campione di 237 soggetti viene operata un’analisi statistica di regressione su tre fattori specifici della dissociazione: detachment, compartimentazione, assorbimento.

La noia potrebbe favorire stati di assorbimento e compartimentazione, derealizzazione e depersonalizzazione. Dalle analisi sembra emergere una correlazione, diversamente da quanto atteso, fra noia e compartimentazione; queste manifestazioni hanno spesso a che fare con fenomeni relativi l’identità e con difficoltà nei processi ddi integrazione di Sè e dei propri vissuti. Dunque la noia potrebbe favorire manifestazioni di confusione circa il proprio senso nel mondo, incrementando disorientamento nei processi di pensiero e lucidità.

Dai risultati si svela una relazione fra la noia e le esperienze di compartimentazione, nei processi di integrazione di Sè e dei propri vissuti.

Il simposio avvia un dibattito in cui ci si chiede quali possono essere i correlati somatici della noia, cosa riferiscono come sensazioni i pazienti che esperiscono la noia come emozione e quale connessione potrebbe esserci con la relazione terapeutica.

Essa potrebbe rappresentare un ostacolo alla terapia? 

Richiedendo sempre una forte attivazione emotiva, potrebbe generare episodi di drop- out? 

Queste considerazioni potrebbero tornare utili nel perfezionare il modello di intervento e aprire considerazioni generali sulla noia come emozione attiva, al pari della rabbia e di altre emozioni quali l’ansia e la colpa, all’interno della relazione terapeutica.

Perché la noia è interessante?

di Barbara Basile

Poco sopportata e evitata a tutti i costi… La sua intolleranza predispone all’abuso di sostanze e ad assumere comportamenti rischiosi: eppure la noia ha dei risvolti positivi

La noia, temuta e combattuta, risulta essere, dopo la rabbia, l’emozione che più spesso si cerca di sopprimere, con conseguenze a volte drammatiche. Emozioni di noia sono associate all’impulsività e alla ricerca di forti sensazioni e inversamente correlate alla qualità della vita e dei rapporti sociali. Di fatti, le persone che hanno difficoltà a tollerare questa emozione spesso ricorrono a comportamenti dannosi pur di liberarsene.

Da alcune ricerche è emerso che la noia è, assieme ai vissuti ansiosi e depressivi, il più frequente attivante delle abbuffate (binge eating). In un altro studio, tramite un simulatore di guida, è stato misurato il livello di distraibilità al volante. Si è osservato che chi ha una maggiore tendenza alla noia guida più velocemente, ha riflessi meno pronti nel gestire gli imprevisti e guida più spesso al centro della strada. In un’altra indagine si è osservato che oltre il 50% di studenti statunitensi con elevata tendenza alla noia faceva un uso significativamente maggiore di tabacco, droghe e alcol, rispetto ai colleghi meno sensibili  a questa emozione.

La società di oggi è sempre più complessa e articolata, offrendo un numero crescente di stimoli. A livello del Sistema Nervoso Centrale, la stimolazione produce un rilascio di dopamina e più la mente viene stimolata, più diventa dipendente e va alla ricerca di nuovi input. Di conseguenza, la capacità di restare concentrati su un compito per un tempo più lungo diventa sempre più difficile. In un esperimento sorprendente, alcuni ricercatori dell’Ohio hanno mostrato come persone sane a cui veniva chiesto di restare per 20 minuti soli e inoperosi in una stanza, sceglievano spontaneamente di provare dolore pur di interrompere l’esperienza della noia. Il 24% delle donne e il 67% degli uomini hanno scelto, almeno una volta, di auto-somministrarsi uno stimolo elettrico doloroso pur di “sentire qualcosa”.

In Germania un gruppo di studiosi ha identificato cinque diverse forme di noia partendo da una noia “indifferenziata”, più lieve e innocua (attiva per esempio, quando si assiste a lezioni o convegni o quando si è in attesa in fila), a una forma più acuta (definita “epathetic boredom”), a cui corrisponde un abbassamento dell’attivazione fisiologica e che sembra associata alla depressione. Proprio in Italia, un gruppo di psicoterapeuti cognitivisti sta indagando il ruolo di questa emozione nell’ambito della psicopatologia, con particolare focus sui disturbi dell’umore. In occasione del recente Congresso della Società Italiana di Terapia Cognitivo-Comportamentale (SITCC) a Verona, i colleghi toscani hanno presentato i dati di una ricerca in cui la noia è stata misurata in tre gruppi di pazienti affetti da Disturbo Bipolare di Tipo 1 (DB1), Disturbo Bipolare di Tipo 2 (DB2) o da un Disturbo Ciclotimico. I dati preliminari hanno mostrato che, rispetto agli altri, i pazienti con DB1 erano più suscettibili a questa emozione e tendevano a cercarne la causa nell’ambiente esterno. Analogamente, solo nel DB1, la noia era significativamente correlata con alcuni indici di malessere soggettivi, quali l’attivazione psicomotoria, l’umore instabile, l’irritabilità, tendenze suicidarie e uso di sostanze.

Intesa come un momento di stallo in cui gli scopi sono disattivi, la funzione della noia sembrerebbe ingaggiare in nuove attività, ricercando nuovi scopi e obiettivi. Diversi ricercatori sostengono che la noia promuova il mind wondering, il fantasticare, e che questo possa a sua volta facilitare il problem solving e il pensiero creativo. Alcune persone sono riuscite a trasformare l’intolleranza alla noia in qualcosa di positivo, abbracciando serenamente l’incessante bisogno di nuovi stimoli in modo adattivo.

SITCC 2018 – Psicopatologia della noia: dalla ricerca alla pratica clinica

di Stefania Iazzetta

Venerdì 21 settembre, nell’ambito del XIX congresso nazionale SITCC, svoltosi nella sede del polo universitario Giorgio Zanotto di Verona, si è tenuto il simposio “Psicopatologia della noia: dalla ricerca alla pratica clinica”. Chairman il Dott. Andrea Gragnani, discussant il Dott. Marco Saettoni.

In psicologia e psicoterapia cognitiva si parla molto delle emozioni e del loro ruolo nei diversi disturbi. Tristezza, ansia, senso di colpa e rabbia, come altri stati emotivi, hanno spesso un ruolo di rilievo nella riflessione del clinico e nel suo intervento. La noia, invece, rimane poco indagata e spesso trascurata nel lavoro psicoterapico, nonostante questa rivesta un ruolo di estremo rilievo nella sofferenza della persona e nell’attuazione di condotte disfunzionali nel tentativo di uscirne. Il simposio nasce da una serie di riflessioni effettuate sul ruolo della noia all’interno di alcuni quadri psicopatologici e di come poter intervenire su di essa.

Il primo lavoro, presentato dalla Dott.ssa Michela Lupo, “Inclinazione alla noia e uso di cocaina…esiste una correlazione?”, indaga il rapporto esistente tra una maggiore inclinazione alla noia in soggetti utilizzatori occasionali di cocaina e come questi presentino una maggiore tendenza ad attribuire all’esterno le cause attivanti lo stato emotivo della noia rispetto ad un gruppo di controllo. Inoltre, è stato evidenziato come negli stessi soggetti ci fossero punteggi significativamente più elevati in dimensioni temperamentali e caratteriali che spesso sono correlate alla messa in atto di comportamenti a rischio, valutati tramite il test del Temper & Char Inventory (TCI_R) come la NS, HA SD e C. Se da un lato questi risultati hanno confermato le correlazioni già dimostrate in letteratura (Iazzetta et al., 2013) tra l’assetto di personalità di chi abusa di sostanze e l’inclinazione alla noia, dall’altro ha anche evidenziato come proprio un gruppo intermedio, senza diagnosi di uso da sostanze ma con un uso occasionale, si possono riscontrare fattori di vulnerabilità fortemente patologici a livello di tratti temperamentali e caratteriali che renderebbero questi soggetti maggiormente sensibili agli effetti della noia, sottolineando come un trattamento specifico di questa emozione, in questi soggetti, potrebbe prevenire l’attuazione di alcuni comportamenti patologici.

Rita Cardelli portava invece i dati di una ricerca pilota effettuata dal Centro Pandora sulla correlazione esistente fra l’inclinazione alla noia e i disturbi dell’umore in un campione di 54 pazienti con spettro bipolare (DB I, DB II e ciclotimici) in fase di remissione sintomatologica. Partendo da un precedente lavoro (Lari et all. 2013) l’indagine evidenzia come i soggetti con DB tendano ad individuare nella monotonia dell’ambiente esterno le cause della noia e a gestirla ricorrendo a fattori esterni, spesso disfunzionali, come le sostanze. Non è stata rilevata, inoltre, una relazione tra la durata di malattia e la tendenza ad esperire tale emozione, confermando l’ipotesi avanzata dal gruppo di lavoro che si tratti di un’emozione di tratto specifica dei soggetti con DB. Infine, questo rappresenta il primo studio che indaga la noia nei diversi sottotipi di disturbo bipolare ed evidenzia come i soggetti con DB I siano maggiormente inclini alla noia e la attribuiscano maggiormente ad aspetti esterni rispetto ai soggetti con ciclotimia.

Paola Mancuso ha presentato una ricerca dal titolo “Noia e detachment: un’indagine preliminare” che esplorava la possibilità che esista una radice dissociativa nell’esperienza della noia. L’indagine, condotta su un campione di 373 soggetti reclutati on line, evidenzia come vi sia, infatti, un legame tra questo stato emotivo e la sofferenza psichica del soggetto. Nello specifico i risultati mostrano come questa emozione sia in parte riconducibile ad alcuni fenomeni quali il detachment, l’alienazione e l’assorbimento, che sia una parte rilevante dell’esperienza di chi è soggetto ad oscillazione dell’umore e che presenta una correlazione con il disagio psichico che del paziente.

Infine, Lisa Lari, ha concluso il simposio proponendo un intervento dal titolo “La Noia nel Disturbo Bipolare: un’ipotesi d’intervento psicoterapeutico”. La spiccata intolleranza alla noia dei pazienti con DB può portare alla messa in atto di comportamenti disfunzionali che influenzano l’andamento dell’umore. Partendo da tale evidenza empirica, si è cercato, da una parte, di delineare quando e come indagare tale emozione e, dall’altra, di individuare le manovre psicoterapiche utili alla gestione di tale emozione, quali ad esempio: l’incremento della consapevolezza, la messa in atto di condotte alternative e maggiormente funzionali per la gestione della noia, l’inserimento di skills di tolleranza della sofferenza (volte all’accettazione) e di regolazione emotiva (per favorire il cambiamento).

“Mi annoio!” Niente paura

di Giulia Panarelli

“Lasciatevi andare alla noia! Lasciate che i bambini conoscano la noia!” Teresa Belton

In questa società caratterizzata da ritmi frenetici e aspetti consumistici, la noia viene vista come un mostro da combattere, qualcosa da cui fuggire. Tutto il tempo viene occupato da: lavoro, attività sportiva, hobby, cene, aperitivi e così via. Tra una pausa e l’altra, appena si ha un secondo libero, si controllano le e-mail, si naviga in Internet, si interagisce con i social o si gioca. Ogni spazio viene riempito. Tutto il tempo è organizzato, pieno, e tutto è sotto controllo. Anche i bambini sono catturati da questo vortice, costretti a vivere le giornate costantemente di corsa.
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