“L’amore è l’unica cosa”

di Caterina Villirillo

L’intervento di Steve Hayes e altri spunti per il trattamento dell’età evolutiva al Congresso Intermedio SITCC

Un congresso tra amici e colleghi in atmosfera natalizia con vista mare: è il ricordo che conservo del Congresso Intermedio SITCC che si è svolto dal 9 all’11 dicembre 2022 ad Ancona. Un congresso per la prima volta interamente dedicato all’età evolutiva: un’occasione unica di confronto e formazione che ha coinvolto diversi colleghi che operano nel territorio nazionale e che si occupano quotidianamente di questa particolare fase della vita. Il programma è stato ricchissimo e variegato. La prima giornata ha previsto tre workshop paralleli esperienziali dedicati all’Acceptance and Commitment Therapy, alla Theraplay e al trattamento dei disturbi da Tic e della Sindrome di Tourette. Nelle giornate successive, in due tavole rotonde diversi membri dell’equipe per età evolutiva SPC-APC hanno avuto il piacere di esporre i propri lavori sul tema dei disturbi specifici di apprendimento e dei disturbi di personalità, nell’ottica dello sviluppo nell’arco della vita. Ci sono stati, inoltre, sei simposi paralleli dedicati a lavori clinici e di ricerca.
Gli spunti offerti da questi interventi e l’esposizione delle tecniche che hanno stimolato il desiderio di lavorare in modi alternativi con i pazienti sarebbero già stati sufficienti a rendere questo congresso imperdibile, ma la main relation di Steve Hayes, fondatore dell’Acceptance and Commitment Therapy, ne ha definito l’unicità. È stato emozionante ascoltare il professore che, con la semplicità che lo contraddistingue, ha spiegato come è necessario occuparci del benessere infantile, considerando il mondo attuale in cui i bambini vivono, in continua trasformazione. Secondo Hayes, è necessario reinventarci ogni giorno, senza perdere mai l’entusiasmo e la passione per il nostro lavoro: “Il mio messaggio per voi è quello di guardare alla scienza della flessibilità psicologica, – ha detto – ma anche a come questa possa rendere noto ciò che già conoscete, ovvero portare amore a voi stessi; anche quando è difficile, – ha aggiunto – vi aiuterà a portare amore nel mondo nel modo in cui volete portarlo nel mondo, perché l’amore non è ogni cosa, l’amore è l’unica cosa”. Parole che costituiscono una bussola che potrà guidarci e indirizzare i nostri valori nella professione di terapeuta.
Non sono mancati i momenti di convivialità ed è sempre bello osservare come a fare ancora più grande il valore di molti colleghi stimati sia la capacità di sapersi prendere con leggerezza, di appassionarsi e divertirsi: un grande valore aggiunto al mestiere del terapeuta, soprattutto quando ci si trova di fronte a piccoli e giovani pazienti. Il senso di appartenenza a questo gruppo io l’ho sentito, è stato bello ritrovare colleghi che per vie diverse hanno fatto parte del mio percorso e vedere come tutte le strade si ricongiungono in una rete coesa di collaboratori preziosi, che parlano la stessa lingua, che ogni giorno si impegnano a perseguire l’obiettivo di favorire il benessere e migliorare la qualità di vita di bambini e adolescenti. I dati sulla sofferenza psicologica in età evolutiva, condivisi anche durante il convegno, sono purtroppo allarmanti ed è importante dare maggiore rilievo a questa tematica perché conoscere e condividere tecniche sempre più aggiornate può permetterci, in tempo reale, di intervenire sulla vulnerabilità storica degli adulti di domani. Queste sono occasioni davvero preziose e mi auguro che il successo di questa prima edizione possa incoraggiare la scelta di rendere il congresso SITCC per l’età evolutiva un appuntamento fisso. E intanto arrivederci a Bari per il congresso SITCC di settembre 2023!

Foto di Nothing Ahead:
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Prevenire la sofferenza in età evolutiva

di Giordana Ercolani

Nuove prospettive e linee di intervento al Congresso Intermedio SITCC 2022      

Metti una società scientifica e professionale con oltre 2000 soci che si occupano di psichiatria, neuropsichiatria infantile, psicologia clinica e psicoterapia. Una tradizione di quasi 40 anni di lavoro dedicato all’approfondimento di aspetti teorici, clinici e applicativi nell’approccio cognitivo comportamentale. Un gruppo di colleghi che in questa società scientifica esprimono il loro particolare interesse sulla psicoterapia dell’età evolutiva.
Aggiungi un programma scientifico ricchissimo, che in tre giornate ha offerto: tre workshop dal taglio pratico su modelli specifici di intervento in età evolutiva; due tavole rotonde sul tema dei disturbi specifici dell’apprendimento e dei disturbi di personalità, in un’ottica di sviluppo e nell’arco di vita; la main relation del prof. Steven C. Hayes, ideatore e co-sviluppatore dell’Acceptance and Commitment Therapy; sei simposi paralleli in cui sono stati presentati lavori clinici e di ricerca relativi all’applicazione della terapia cognitivo comportamentale (CBT) in età evolutiva.

Infine, immagina la tanta voglia di stare insieme e di confrontarsi dopo un lungo periodo di pandemia e la location suggestiva di una città sul mare come quella di Ancona: il risultato è senza dubbio un’esperienza positiva. Così è stato il Congresso Intermedio SITCC 2022 intitolato “La terapia Cognitivo Comportamentale in età evolutiva: nuove prospettive e linee di intervento”.

Grazie al lavoro svolto dal comitato scientifico, rappresentato dalle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva APC-SPC e la Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva SBPC, per tutti i soci è stato possibile partecipare al primo congresso SITCC dedicato interamente all’età evolutiva. L’imbarazzo della scelta sui panel da seguire è stato costante, ma al tempo stesso l’indecisione è stata piacevolmente modulata dalla soddisfazione nel vedere così tanti terapeuti distribuiti nelle aule e dalla possibilità di confrontarsi con colleghi che avevano seguito simposi diversi dai propri. Sono stati, infatti, davvero tantissimi gli spunti di riflessione da cogliere durante le tre giornate di lavoro, nella comune convinzione che, grazie a una vincente integrazione tra scienza, pratica clinica e creatività, sia possibile intervenire nel percorso di vita dei nostri giovani pazienti prima che diventino degli adulti sofferenti. A partire dalla giornata di workshop, si è potuto sperimentare, ad esempio, quanto con la Theraplay si possa avere accesso al mondo interno di bambini e adolescenti con attività che apparentemente sembrano “solo” ludiche. Ciò avvalora ulteriormente quanto una puntuale rappresentazione del funzionamento del paziente nella mente del suo terapeuta, unita a un razionale strategico che ne tenga conto, siano elementi fondamentali in grado di trasformare una “semplice” pratica di confronto giocoso in una preziosa occasione di consapevolezza, elaborazione della sofferenza e cambiamento. Allo stesso modo, proseguendo con i simposi e le tavole rotonde, è stato possibile constatare, a conferma di quanto già riscontrabile nella pratica clinica quotidiana, come quei bambini e ragazzi che fin dai primi anni di vita si trovano costretti a confrontarsi con una vulnerabilità neuropsicologica crescano costruendo una immagine di sé stessi e del mondo attorno strettamente vincolata a esperienze di svantaggio in molti domini di vita. Il risultato è una marcata ricaduta negativa sull’immagine di sé e sulle relazioni interpersonali, spesso origine di sofferenza psichica che, se trascurata o considerata solo marginalmente, li porterà con grande probabilità ad essere degli adulti ancor più problematici. Riassumere tutto in poche righe è davvero un’impresa impossibile, non resta che aspettare il prossimo congresso organizzato dai colleghi dell’area di Interesse sulla Psicoterapia dell’Età Evolutiva e parteciparvi, così da essere ancora più numerosi e alimentare uno scambio scientifico sempre più stimolante.

Foto di Artem Podrez:
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Tutti i colori del Congresso SITCC

di Rosaria Monfregola

Report dell’’evento ad Ancona sull’età evolutiva

Quest’anno è stata Ancona, la città dei due soli, a ospitare il congresso intermedio SITCC, che si è svolto a dicembre; nell’intero weekend non è stato possibile vedere i due soli (l’alba e il tramonto sul mare) a causa di forti piogge, ma l’ultimo giorno l’immagine di un arcobaleno sul mare ancora riaffiora nella mia mente, a suggellare l’esperienza di questo congresso.

In apertura gli organizzatori forniscono qualche dato dalle sfumature grigiastre: “Si consideri che la metà degli adulti con una patologia psichiatrica hanno un esordio prima dei 14 anni” (Rapporto dell’OMS del 2021) e “in Italia circa 400.000 minori sono in carico ai servizi sociali, di cui 77.000 per maltrattamento” (Rapporto CISMAI del 2021). Queste solo alcune ragioni a favore di un congresso incentrato sulla psicopatologia dell’infanzia e dell’adolescenza, sottolineando l’importanza dell’intervento terapeutico in età precoce. E con l’avvio dei lavori inizia a colorarsi il panorama congressuale.

Uno dei colori è rappresentato dal confronto tra professionisti su tematiche specifiche. Ad esempio, nella prima tavola rotonda, con focus sui disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e sulle comorbilità psichiatriche, si è parlato dell’importanza della diagnosi esplicativa nelle comorbilità dei DSA, delle co-occorrenze con i disturbi esternalizzanti che rappresenta un importante fattore di rischio in età evolutiva. Nella seconda tavola rotonda, incentrata su disturbi di personalità, prodromi e modelli di intervento, i colleghi hanno condiviso l’importanza di rintracciare i precursori di rischio e i fattori protettivi per uno sviluppo armonico della personalità in età evolutiva, ma soprattutto la necessità di effettuare una diagnosi precoce. Di grande rilevanza, ad esempio, il contributo sui comportamenti suicidari e l’autolesività non suicidaria in adolescenza.

Un altro colore di questo congresso è dato dall’esplicazione di numerosi modelli di intervento presentati nei workshop, nella presentazione di casi clinici, oppure proposti in forma descrittiva nei vari simposi: per citarne alcuni, si pensi alla Trauma Focused Therapy (TF-CBT) che ha dominato il simposio sul trauma, al Modello a Tre assi (TAM) esposto nel simposio sull’Adolescenza, o al Cool Kids Program, il modello scopistico presentato in più di un lavoro o un protocollo di promozione del benessere volto al miglioramento della qualità di vita nei ragazzi con DSA.

L’esperienzialità è stata una tinta accesa dei tre workshop in parallelo che hanno introdotto nell’applicazione di modelli specifici di intervento. Nel workshop “La Terapia cognitivo comportamentale dei disturbi da tic e della Sindrome di Tourette”, la dott.ssa Monica Mercuriu ha presentato il modello di terapia cognitivo comportamentale integrata (CBTI), arricchito da video e vignette cliniche. Il fare esperienza di un’esemplificazione di trattamento in diretta, mediante collegamento online con un giovane paziente con sindrome di Tourette, è stato un momento prezioso per toccare con mano l’applicazione dell’Habit Reversal Training (H.R.) e dell’Esposizione con Prevenzione della Risposta (ERP), tecniche evidence based per la sintomatologia ticcosa.

Non sono mancati i lavori di ricerca che hanno consentito di portare dati di efficacia nei diversi ambiti di applicazione della terapia cognitivo comportamentale in età evolutiva.

Un nuovo colore è stato dato dalle nuove prospettive, tra le quali quella proposta dall’ospite internazionale, il prof. Steven C. Hayes: l’Extenden Evolutionary Meta-Model (EEMM), un approccio evolutivo basato sui processi, che attenziona la natura multidimensionale e multilivello del funzionamento umano. Oltre alle sei dimensioni psicologiche, l’autore cita i livelli biofisiologici e socioculturali osservabili nei processi di cambiamento.

Infine, un tocco di luminosità è stato dato dalla condivisione con i colleghi: nei coffee break e nel corso dell’immancabile e briosa cena sociale, il confronto è stato quel quid in più che ha permesso la condivisione di idee e l’arricchimento della rete di relazioni.

È con un arrivederci a Bari 2023 (save the date: 21-24 settembre) che si è concluso questo congresso SITCC!

 

Foto di Alexander Grey:
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Trattamento dei traumi infantili

di Caterina Villirillo

Il protocollo evidence-based per la cura di bambini e adolescenti con traumi infantili

Il 3 Febbraio 2021 si è tenuto il Simposio online dal titolo “Trauma-Focused Cognitive-Behavioral Therapy: Il protocollo evidence-based per la cura di bambini e adolescenti con traumi infantili”, organizzato dalle Scuole di Psicoterapia Cognitiva SPC e APC. Per il pubblico italiano ed internazionale sono intervenuti, con un prezioso contributo, due massimi esperti della Trauma-Focused Cognitive-Behavioral Therapy (TF-CBT): Il Prof. Anthony Mannarino, Direttore del Center for Traumatic Stress in Children and Adolescents, padre fondatore della TF-CBT e tra i massimi esperti a livello mondiale di trauma infantile e la Prof.ssa Zlatina Kostova, formatrice ufficiale in TF-CBT e ricercatrice presso il Child Trauma Training Center dell’Università del Massachusetts Medical School negli Stati Uniti.

I due relatori hanno fornito una panoramica della TF-CBT, trattamento del trauma per bambini e adolescenti più rigorosamente studiato fino ad oggi. Tale protocollo, ispirato ad un approccio integrato centrato sulla teoria dell’attaccamento, viene utilizzato per il trattamento della sintomatologia traumatica in diversi casi come abusi sessuali, maltrattamenti, perdite, catastrofi naturali, incidenti stradali. E’ stato validato per un range d’età ampio che va dai 3 ai 18 anni e può essere applicato in diversi contesti socio culturali e setting che prevedono ad esempio il coinvolgimento o meno dei genitori, configurandosi come un trattamento notevolmente flessibile.

In particolare, dopo l’apertura dei lavori da parte della Prof.ssa Maria Grazia Foschino, Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva AIPC di Bari e organizzatrice dell’evento, il Prof. Mannarino, ha descritto il protocollo, le sue componenti principali e le fasi specifiche. Le componenti della TF-CBT possono essere facilmente ricordate attraverso l’acronimo PRACTICE:

Psychoeducation and parenting skills – Psicoeducazione e skills genitoriali
Relaxation – Rilassamento
Affective Modulation/Modulazione Affettiva
Cognitive Processing/Elaborazione Cognitiva
Trauma narration and processing/Narrazione ed elaborazione del trauma
In vivo mastery/Padronanza dal vivo
Conjoint parent-child sessions/Sessioni congiunte bambino-genitore
Enhancing safety and social skills – Migliorare la sicurezza e le abilità sociali.

Le prime 4 componenti del protocollo riguardano la fase iniziale di stabilizzazione alla quale seguono la fase di narrazione ed elaborazione del trauma e quella di integrazione che comprende le ultime 3 componenti.

In genere la durata del protocollo è di 8-16 sessioni che possono diventare 16-25 in presenza di traumi complessi e che prevedono una fase di stabilizzazione più lunga (circa 12-13 sessioni).

Il Prof. Mannarino, autore di ben 23 studi controllati randomizzati che dimostrano l’efficacia del suddetto protocollo, ha, inoltre, illustrato la diffusione a livello mondiale dello stesso descrivendo come, negli ultimi decenni, si siamo composti in 36 Paesi del pianeta, diversi gruppi di trainer che hanno formato oltre 80000 clinici. La formatrice per l’Italia sarà proprio la Prof.ssa Kostova a partire dall’autunno 2021. Il Prof. Mannarino ha indicato, infine, delle fonti per reperire materiale gratuito prezioso per il lavoro clinico in sede e online (per saperne di più https:/tfcbt.org); per la traduzione di alcune risorse, quali workbook per genitori e bambini, sta già lavorando un gruppo di colleghi della scuola di Bari.

L’intervento della Prof.ssa Kostova, si è focalizzato, invece, sulla descrizione dell’evidenza scientifica del modello presentato. In particolare la Dott.ssa, dopo aver descritto il suo primo caso clinico trattato con successo con la TF-CBT, ha illustrato una serie di ricerche che dimostrano l’efficacia di questo trattamento anche rispetto ad altre tecniche altrettanto valide per il trattamento dei sintomi traumatici come l’Emdr. Entrambi gli approcci, infatti, favoriscono una riduzione dei sintomi del PTSD, quello che la TF-CBT sembra avere in più è l’effetto sulla riduzione dei sintomi associati al trauma come la depressione, l’ansia e i sintomi comportamentali. Inoltre, contribuisce alla riduzione dei sintomi, il coinvolgimento genitoriale nel trattamento. In particolare è stato dimostrato come la TF-CBT favorisca la riduzione del GAP nella percezione della severità dei sintomi traumatici da parte dei genitori, che tendono a sottovalutare il trauma dei loro figli, e dei bambini.  La Dott.ssa ha evidenziato, altresì, l’efficacia a lungo termine del protocollo descrivendo, a titolo esemplificativo, alcuni studi che ad un follow up di 6 e 12 mesi dalla conclusione del trattamento con la TF-CBT, dimostrano il mantenimento dei risultati e una riduzione di distorsioni cognitive, ansia e sintomi esternalizzanti. Una spiegazione plausibile è che tale protocollo insegna ai bambini e ai loro genitori competenze e abilità che possono essere adoperate anche alla fine della terapia e questo è probabilmente il valore aggiunto che favorisce il mantenimento dei risultati ed agisce sull’aumento dell’autoefficacia e della resilienza. A riguardo ha un ruolo importante anche il lavoro sulla cognizione.

E’ interessante notare come tale protocollo può essere implementato anche nei paesi in via di sviluppo; diversi studi ne hanno dimostrato l’efficacia confermando la possibilità di utilizzo in diversi contesti socio culturali e in presenza anche di formazione diversa da parte dei terapeuti grazie alla supervisione garantita dai trainer. Infine la Dott.ssa ha illustrato l’efficacia del protocollo anche online.

Il simposio si è concluso con un intervento del Prof. Mancini che ha sottolineato la rilevanza della TF-CBT definendola efficace ed efficiente e valutando l’importanza di lavorare efficacemente sul trauma in età evolutiva dal momento che spesso traumi infantili non trattati e/o non riconosciuti in modo adeguato, implicano danni a cascata in età adulta e dal punto di vista psicopatologico e dal punto di vista relazionale.

Dopo questo interessantissimo contributo non ci resta che attendere il prossimo autunno per conoscere più nello specifico il protocollo ed avere la possibilità, per chi lo desidera, di diventare terapeuti TF-CBT certificati!

Un workshop sul Rescripting

di Elena Cirimbilla

Il 23 Gennaio 2021 si è tenuto il Workshop online dal titolo “Il Rescripting: un metodo per intervenire sulle esperienze dolorose precoci”, organizzato dalle Scuole di Psicoterapia Cognitiva SPC e APC e condotto dal Professor Arnoud Arntz, psicologo, psicoterapeuta, tra i massimi esperti di Schema Therapy (Per saperne di più sulla Schema Therapy) nel panorama internazionale e tra i più importanti ricercatori nel campo dell’Experimental Psychopathology e della Schema Therapy.

La tecnica ’“Imagery With Rescripting” (IWR), il tema del Workshop, è un elemento base della Schema Therapy ed è volta a operare sui significati e sulle emozioni conseguenti alle esperienze infantili, partendo dall’idea che le radici dei vissuti emotivi attuali si collocano proprio in tali esperienze.

I bisogni del paziente, le sue memorie precoci e le emozioni connesse sono stati gli ingredienti principali del Workshop, in una costante e coinvolgente trattazione ad opera del Professor Arntz che, con una modalità attiva ed empatica, ha permesso ai partecipanti di entrare nel vivo del tema, da un punto di vista pratico ed esperienziale.

Dopo aver aperto l’incontro con una rassegna di evidenze scientifiche a sostegno dell’efficacia dell’IWR, il Professor Arntz si è dedicato alla descrizione della tecnica nel dettaglio.

Il protocollo base si divide in tre step:

  • Il paziente immagina il ricordo di un’esperienza traumatica precoce
  • Il terapeuta si inserisce nell’immagine e interviene sulla minaccia
  • Il terapeuta dirige l’attenzione sui bisogni del paziente/bambino

La prima fase del protocollo, la rievocazione del ricordo, è possibile attraverso l’accesso alle memorie infantili del paziente o attraverso un “ponte affettivo” a partire da un’esperienza problematica del momento presente e prevede che il paziente si “immerga” nel proprio ricordo, guidato dal terapeuta nell’uso dei cinque sensi.

Nella seconda e terza fase il terapeuta si inserisce nella memoria, in un contesto di totale vulnerabilità del paziente, per compiere un intervento teso alla Ri-scrittura di un ricordo intimo e traumatico. In questi step il terapeuta “agisce” nel ricordo del paziente mentre quest’ultimo entra in contatto e comunica le proprie emozioni, bisogni e desideri.

In queste fasi, la partecipazione attiva, attenta ed empatica del terapeuta è stata abilmente sottolineata dal Professor Arntz con quella che forse è la frase che più racchiude l’essenza del Rescripting: “Sono qui per te, ci sono io a proteggerti”.

Per i partecipanti è stato possibile entrare nel vivo della tecnica grazie a simulate e role playing proposti dal docente che, dopo aver interpretato il ruolo del terapeuta, lo ha ceduto, a turno, a tutti i presenti.

Dopo aver permesso a tutti di “allenarsi” con la tecnica, il Professor Arntz si è dedicato alla trattazione della variante del protocollo che prevede l’intervento diretto del paziente sul ricordo, attraverso quella parte del sé che è “adulta”: il terapeuta viene quindi sostituito da un sé adulto che ha le risorse per comprendere, validare e proteggere il suo sé bambino.

Di nuovo, in un’alternanza di spiegazioni, dimostrazioni e simulate, condite da un elevato tono emotivo, Arntz ha mostrato le fasi di questo protocollo, che prevede il passaggio ripetuto tra il sé bambino e il sé adulto.

L’ultima parte del Workshop è stata dedicata alle possibili problematiche e difficoltà che si possono incontrare nell’applicazione della tecnica, anticipando dubbi ed eventuali timori degli uditori e alle possibili altre applicazioni pratiche.

In conclusione, al termine della giornata, il partecipante torna a casa (anche se a casa eravamo già) con una nuova tecnica da inserire nel proprio bagaglio di conoscenze e con un pizzico di accoglienza emotiva ed empatia in più, grazie alla capacità del Professor Arntz di trasmettere il proprio desiderio e tenacia nell’aiutare il proprio paziente, il cui “aggressore deve essere combattuto con tutte le forze”, comunicando a tutti noi che davvero, di fatto, è lì per il paziente, per aiutarlo a proteggersi.

 

Il trauma infantile

di Mauro Giacomantonio

Report del Simposio sul Trauma Infantile

Lo scorso 17 gennaio 2020 si è tenuto presso il Teatro Italia a Roma un simposio in memoria di Gianni Liotti, dedicato al tema del trauma infantile. La scelta dell’argomento è legata agli importanti contributi che il lavoro di Liotti ha dato alla comprensione e al trattamento del trauma. L’iniziativa ha visto la partecipazione di circa 500 persone tra studenti e professionisti nel campo della psicoterapia, della medicina e della formazione.

Ha aperto i lavori Francesco Mancini introducendo i quattro interventi dei relatori che vantano tutti una lunga esperienza di lavoro sul trauma, sia dal punto di vista clinico sia della ricerca.

La prima a intervenire è stata Maria Grazia Foschino Barbaro che ha trattato in modo approfondito gli aspetti interpersonali legati al trauma infantile. Anche attraverso la presentazione di alcuni casi clinici estremamente interessanti, la relatrice ha illustrato il ruolo centrale della relazione con il caregiver che, in determinati casi, può costituire una vera a propria fonte di trauma relazionale che può tradursi, tra le altre cose, in un attaccamento disorganizzato e quindi in una persistente vulnerabilità psicologica. 

Il secondo intervento è stato quello di Antonio Lasalvia che, in una prospettiva epidemiologica, ha trattato l’associazione tra trauma infantile e psicosi. Il relatore ha mostrato come la letteratura suggerisca chiaramente che esiste una relazione tra trauma e sviluppo di psicosi. Come nel caso della relazione tra fumo e cancro al polmone, la probabiltà di sviluppare psicosi cresce notevolmente con il crescere del numero di traumi significativi a cui la persona viene esposta nella sua vita. Infine Lasalvia ha illustrato interessanti modelli particolarmente recenti che sostengono un ruolo causale del trauma nella generazione delle psicosi. Il trauma non sarebbe quindi un mero evento stressante che agirebbe da slatentizzatore di una predisposizione genetica, ma un vero e proprio determinante del disturbo. 

Maurizio Brasini è stato il terzo relatore a prendere la parola e ha discusso il nesso tra trauma, attaccamento e ordine naturale delle cose. Dopo aver offerto interessanti spunti critici relativi al modo in cui il trauma è stato concettualizzato negli ultimi 150 anni, Brasini ha proposto una interessante e innovativa ipotesi che vede il trauma come una violazione delle aspettative che l’individuo ha nei confronti di cosa è giusto che accada (o non accada). In altre parole il trauma invalida l’ordine naturale delle cose della persona che lo subisce. Il pubblico ha assistito a una presentazione che, oltre ad essere densa di contenuti e innovativa, è stata particolarmente avvincente anche grazie ai tanti riferimenti al cinema e alla natura.

Infine Furio Lambruschi ha concluso i lavori con una relazione che ha offerto interessanti spunti relativi alle criticità che si possono incontrare nel setting terapeutico quando si ha a che fare con il trauma infantile. Lambruschi inoltre ha enfatizzato particolarmente il ruolo del contesto relazionale (ma non solo) che precede, accompagna e segue il trauma sottolineando come questo sia determinante nel cambiare l’esito in termini psicologici dell’evento avverso. 

Il simposio nel suo complesso è stato particolarmente stimolante sia per chi da anni si occupa di trauma, attaccamento e dei temi cari a Gianni Liotti, sia per chi sta iniziando a muovere oggi i primi passi in questi argomenti  particolarmente rilevanti nel trattamento della psicopatologia. Alcune riflessioni condivise col pubblico hanno anche sottolineato come lo studio e la conoscenza del trauma infantile sarebbe fondamentale, in termini di salute pubblica, anche per altre figure sanitarie, come ad esempio i medici di base. 

Disturbo della Condotta: come intervenire

a cura di Lavinia Lombardi e Rosaria Monfregola

Il 14 settembre 2019 a Roma, presso la sede APC/SPC, si è tenuto il Workshop “Clinica dei Disturbi della Condotta: dalla psicopatologia all’intervento” durante il quale il Prof. Mark Dadds (Università di Sydney), ha presentato il suo programma di intervento sul trattamento dei Disturbi del comportamento Dirompente che viene da anni applicato presso la Child Behaviour Research Clinic di Sydney di cui è direttore.

Questi disturbi hanno un impatto importante sulla vita quotidiana di bambini e adolescenti che ne soffrono e sulle loro famiglie, portando spesso ad una riduzione della qualità della vita e creando un terreno fertile per lo sviluppo di una Personalità Antisociale o di Abuso di Sostanze. I genitori, fin dai primissimi anni di vita del bambino, si trovano spesso ad utilizzare modalità coercitive che non solo non producono modifiche dei comportamenti scorretti e non contribuiscono alla produzione di comportamenti prosociali del bambino, ma riducono notevolmente le emozioni positive e la percezione di autoefficacia di un parenting costruttivo.

“Integraded parent training” è un programma evidence-based, diviso in 10 sessioni, applicato ai genitori di bambini e ragazzi dai 2 ai 16 anni; i risultati di ricerca mostrano elevata efficacia soprattutto nella fascia d’età che va dai 2 agli 8 anni ed una minore efficacia per la fascia d’età di 13-14 anni. Questo programma elaborato per il trattamento dei Disturbi del comportamento Dirompente si adatta molto bene anche a bambini e ragazzi con ADHD e Disturbi dello spettro Autistico.

Durante questa ricca giornata formativa il Prof. Dadds ha iniziato condividendo i 4 fondamenti teorici alla base del modello per trattare le famiglie, che sono:

  • la Learning Theory (Thorndike 1874 – 1949): si parte dalla teoria comportamentale per porre l’attenzione sulle risposte genitoriali che vengono utilizzate come rinforzo (positivo e negativo) e punizione (positiva o negativa). Nei circoli viziosi familiari che si creano l’intervento sostanziale è volto all’equilibrio dell’attenzione: se nella fase precedente al trattamento i genitori hanno la tendenza ad ignorare i comportamenti positivi e a punire i comportamenti negativi del bambino, nella fase post trattamento essi riescono ad agire con calma di fronte ai comportamenti indesiderati e a prestare attenzione ai comportamenti positivi, rinforzandoli. Tale addestramento non ha effetti se i caregiver non mostrano un comportamento ricco di attaccamento.
  • la Teoria dell’Attaccamento (Bowlby 1989), secondo punto cardine della base teorica del programma è una teoria indispensabile per comprendere in che modo il genitore può utilizzare le giuste ricompense per incrementare la qualità della relazione tra bambino e caregiver. Nell’attaccamento sicuro le figure di riferimento inviano segnali che inducono il bambino a sentirsi sicuro nell’esplorazione, amabile e che abbia fiducia nelle proprie capacità. Si è posta l’attenzione sui comportamenti fondamentali dell’attaccamento in una relazione d’attaccamento sicuro (lo sguardo spesso accompagnato da espressioni di sorpresa, il contatto fisico, la melodia della voce, l’imitazione) che consentono al bambino e al caregiver di ricercarsi reciprocamente. In un contesto caratterizzato da interazioni coercitive, i comportamenti di attaccamento non vengono messi in atto o vengono elicitati durante il time out, rinforzando involontariamente comportamenti negativi. Larga parte delle prime sessioni di intervento sono volte a modificare tale trend, ma tale attenzione differenziale avrà effetti duraturi solo se si lavora sulle attribuzioni causali.
  • la Teoria delle Attribuzioni Causali (Heider 1958) è terzo caposaldo del programma di parent training. Lavorare sulle attribuzioni causali dei genitori di bambini con Disturbi del Comportamento Dirompente è indispensabile per un reale cambiamento della qualità dell’interazione familiare. È importante sapere quali caratteristiche globali, stabili e interne osservano e rimandano ai propri figli e che contribuiscono a mantenere il problema.
  • L’analisi del sistema familiare (Minuchin 1974) per la comprensione delle dinamiche che alimentano e intrappolano nello stile coercitivo. Il programma punta sul ripristino di un sistema familiare in cui esiste un team genitoriale che interviene direttamente e in forma congiunta sui bambini e interagisce in seconda battuta con un contesto familiare più ampio. Affinché ci sia efficacia di cambiamento e si possa ridurre il dropout è fondamentale lavorare in team con la coppia genitoriale.

Una parte del Workshop è stata dedicata alla modalità di ingaggio della coppia genitoriale, poiché anche se il modello è uno tra i più efficaci, qualora la famiglia non riuscisse ad essere ingaggiata, esso non produrrebbe risultati. Infatti i tassi di dropout più alti sono legati a tassi più bassi di ingaggio della coppia come team. Quanto più la coppia è in grado di esporsi rispetto le dinamiche relazionali, la conflittualità e le attribuzioni sul proprio bambino tanto più si riduce la probabilità di dropout. Il prerequisito per un intervento di parent training di successo è il lavoro in team che necessita di energia, di conoscenza del bambino da parte dei genitori, conoscenza del modello da parte del terapeuta; in sostanza il terapeuta usa la scienza ad uso e consumo dei genitori.

Il prof. Dadds si è successivamente concentrato sulle sessioni 3 e 4 del programma, cioè sul come si insegna ai genitori a lavorare con i propri figli. Da qui la necessità di rinforzare il genitore fissando gli obiettivi dell’intervento, spiegando, facendo da modello e provando con lui le tecniche proposte. Tra le strategie fornite per il cambiamento vi è in primis l’osservazione dei comportamenti positivi ed in seguito l’intervento sui comportamenti problema.

Tramite role playing, visione di video, esemplificazioni cliniche ed indicazioni terapeutiche concrete, in un clima formativo accogliente ed interattivo, il prof. Dadds, ci ha lasciato spunti di riflessione e strumenti operativi per lavorare con i genitori di bambini con disturbo da comportamento dirompente; insomma è stato per noi terapeuti un ottimo modello da provare ad implementare!

Riferimenti bibliografici:

Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello
Cortina Editore, Milano.

Dadds M., Hawes D. (2006). “Integrated Family Intervention for Child Conduct Problems: a behaviour-attachment-systems intervention for parents”. Australian Academic Press.

Dadds, C Thai, A Mendoza Diaz (2019). “Therapist-assisted online treatment for child conduct problems in rural and urban families: Two randomized controlled trials”.– Journal of consulting, 2019 – psycnet.apa.org.

Gates, A. I. (1949). “Edward L. Thorndike: 1874-1949”. Psychological Review, 56(5), 241-243

Heider F., (1958) “The Psychology of Interpersonal Relations”. Wiley, New York.

Minuchin S. (1977), “Famiglie e terapia della famiglia”, Roma, Astrolabio Ubaldini Editore, 1977, Passim.

 

4 motivi per partecipare a un congresso

di Silvia Cerolini

Un’esperienza diretta del 9° Congresso mondiale di Terapia Cognitivo Comportamentale di Berlino.

Dal 17 al 20 luglio 2019 si è svolto il “9th Congress of Behavioural and Cognitive Therapies” (WCBCT, 2019) al City Cube di Berlino, evento a cadenza triennale che ha visto le sue precedenti edizioni in luoghi come Vancouver, Boston, Lima, Melbourne, etc. e di cui la prossima edizione è prevista per il 2022 in Sud Corea. Eventi come questo suscitano l’attenzione e l’interesse di molti professionisti. Ecco riassunti 4 buoni motivi per cui partecipare ad un evento internazionale di questo calibro, specialmente per i giovani professionisti.

  • Ampliare le proprie conoscenze e affinare le proprie abilità e/o competenze:

Andare ad un congresso significa stimolare la mente con nuove idee, proposte, scoperte
e arricchire e integrare le nostre conoscenze e competenze con tantissime nuove informazioni. Nel caso del WCBCT 2019 le decine e decine di simposi, talks, open papers, skill classes, workshops e poster sessions proposte non hanno potuto far altro che stimolare l’attenzione e la curiosità professionale dei partecipanti. Diversi sono stati gli argomenti e i topic proposti durante queste attività: dai risultati di ricerca di psicopatologia sperimentale a quelli sul trattamento evidence-based di molteplici disturbi psicopatologici, dalla proposta di nuovi modelli teorici a quella di integrazione e riscoperta di svariate tecniche terapeutiche e di assessment. Questa cornice veniva completata dai talk di diversi “big” delle terapie CBT, i quali raccontavano il lavoro di anni dedicati alla ricerca, alla pratica clinica e alla disseminazione di esse all’interno delle nostre società, culture e menti, spesso suscitando negli ascoltatori stima e commozione.

  • Creare un network con i colleghi:

Un secondo buon motivo per partecipare ad un evento internazionale può essere quello di conoscere nuovi professionisti e creare potenziali relazioni professionali (e perché no?! magari anche personali). Da esse potrebbero derivare interessanti collaborazioni future che, certamente, l’ adesione a questo tipo di eventi aiuta a mantenere attive e produttive. Il WCBCT 2019 è stato un crocevia di relazioni su scala globale: più di 4000 delegati da 85 diversi Paesi (tra cui Cina, Giappone, Brasile, India, Usa, Uk, Italia, Germania, Australia, Marocco etc.).

  • Condividere i frutti del proprio lavoro:

un terzo valido motivo è sicuramente quello di disseminare e condividere con il resto della comunità scientifica i risultati delle vostre ricerche, dei vostri studi e delle vostre attività. I congressi sono fatti non solo per partecipare più o meno passivamente, ma anche per mettersi in gioco e alla prova, presentando i risultati del proprio lavoro, costato spesso, un grosso impegno e tanta fatica. Lo si può fare in tanti modi, e di certo, un’altissima percentuale dei partecipanti del WCBCT 2019 lo ha fatto presentando poster, simposi e talk. Inoltre, molto spesso (a seconda della rilevanza che il congresso ha, tali presentazioni vengono poi pubblicate su inserti speciali di riviste o sui libri degli abstracts o dei proceedings del congresso stesso, come nel caso del Congresso di Berlino.

  • Arricchire la propria esperienza professionale e personale:

Un’ultima valida ragione è sicuramente quella di considerare l’esperienza come una possibilità per arricchire e perfezionare il proprio curriculum e la propria esperienza professionale e personale.
Partecipare ad un congresso in lingua inglese, presentare i contenuti del proprio lavoro, avere la possibilità pubblicare il lavoro svolto o quella di creare un network internazionale, sono fattori che contribuiscono al potenziamento o all’avanzamento della propria carriera, e soprattutto del Cv personale. Inoltre avere l’opportunità di stare qualche giorno in una città straniera, visitarla nei momenti liberi, confrontarsi con un’altra cultura e assaporare i gusti e le tradizioni locali, sono degli stimoli per arricchire la propria esperienza personale ed un ottimo modo per conciliare lavoro e divertimento.

 

Sotto il cielo di Berlino… niente di nuovo

di Barbara Basile

Report sul IX Congresso mondiale di Terapia Cognitivo-comportamentale (World Congress of Behavioural & Cognitive Therapies, WCCBT) svoltosi presso il City Cube Berlin tra il 17 e il 19 luglio. Più di 4000 partecipanti si sono distribuiti tra gli oltre 150 simposi, i 30 workshop tematici e altrettante skill class, circondati da 300 poster.

Oltre ai grandi classici sulla TCC applicata ai disturbi d’ansia e dell’umore, sono stati presentati lavori sulle tecniche di immaginazione, sulla terapia via internet, sugli approcci trans-diagnostici e sul ruolo della Self-Practice e Self-Reflection nella buona pratica del clinico.

L’innovatività dei lavori presentati e la loro qualità scientifica non è stata sempre all’altezza delle aspettative, mentre le classi di lavoro clinico e di apprendimento, per quanto spesso inaccessibili a causa del sovraffollamento, sono state decisamente più apprezzabili.

Alcuni degli interventi più stimolanti hanno visto coinvolti Michelle Craske, Kelly Bemis Vitousek e una serie di ricerche in cui è stato studiato l’effetto delle tecniche di immaginazione nella riduzione delle credenze patogene in alcuni disturbi (i.e., DCA, Ansia sociale e Autismo) e della sintomatologia di altri (i.e, DOC, depressione).

Basandosi sulla prospettiva trans-diagnostica dei Disturbi dei Comportamenti Alimentari (DCA) di Fairburn, la Vitousek (Università delle Hawaii, USA) ha proposto una perspicace analogia tra il funzionamento della mente anoressica e quella di uno scalatore o di un atleta che pratica sport estremi, sottolineando la loro sovrapposizione rispetto all’emozione di orgoglio derivata dal raggiungimento di obiettivi impossibili, come il controllo sul cibo e sul corpo (per l’anoressica) e il guadagno di una cima elevata (per lo scalatore). La nota clinica ha evidenziato il ruolo delle credenze positive legate al riuscire a perseguire un obiettivo così stoico, quali il perdere peso da un lato e il raggiungimento di una vetta, dall’altro, nel mantenere il disturbo. Inoltre, in entrambi i casi lo scopo viene perseguito nonostante i costi elevati in termini di salute fisica e il frequente rischio di morte. L’anoressica e lo sportivo estremo inoltre tendono entrambi a sovra-investire sullo scopo che diventa centrale e totalizzante nella loro vita e che, se abbandonato o allentato, evoca il terrore profondo di scivolare nell’eccesso opposto (“se lascio andare il controllo sul cibo e sul corpo, sarà terribile perchè più difficile e doloroso da ristabilire”). In termini terapeutici la Vitousek sottolinea l’appropriatezza delle tecniche di esposizione (al cibo, al peso e all’immagine corporea) con particolare attenzione alla sospensione dei comportamenti di sicurezza e protezione, esattamente come è consuetudine fare nelle esposizioni nei casi di disturbi d’ansia e ossessivo-compulsivo.

Infine, nel suo magistrale intervento, Michelle Craske dell’Università della California (USA ) ha spiegato come i dati provenienti dagli studi di neuroscienze possano favorire una maggiore efficacia della psicoterapia, se adeguatamente interpretati. La professoressa ha spiegato, ad esempio, come l’utilizzo di farmaci in grado di interferire con la funzionalità dell’ippocampo (per esempio, la scopolamina) possano aumentare l’esito di interventi basati sull’esposizione, poiché interferiscono con il cosiddetto “context renewal of fear” (la riattivazione della paura nel contesto). Al contrario, il potenziamento della funzionalità dell’ippocampo (tramite somministrazione di glucosio) potrebbe essere utilizzato subito dopo un evento traumatico poiché impedisce la generalizzazione della paura ad altre situazioni.

Le key lectures più affollate, soprattutto dalle nuove leve, hanno visto implicati eminenti clinici come Steve Hayes (fondatore dell’ACT), Arnoud Arntz (autorevole rappresentante europeo della Schema Therapy), Paul Gilbert (ideatore della Compassion Focused Therapy), e, trai i big della TCC, David Clark, Richard Bentall, Paul Salkovskis, Judith Beck e Christine Padesky. Un convegno con grandi numeri e molti volti famosi, i cui contenuti e la cui organizzazione però non sono sempre stati innovativi e appaganti come sperato!