di Viviana Balestrini
Facendo una review sulla contaminazione nel DOC, mi sono imbattuta in un esperimento non recente, ma tanto semplice, quanto interessante.
Com’è noto, il timore di contaminazione si riferisce all’intensa e persistente sensazione di essere stati inquinati, sporcati o infettati a causa del contatto, diretto o indiretto, con un oggetto, luogo o persona percepiti come sporchi, impuri o infetti (Rachman, 2006) e ha molto a che vedere con alcuni pazienti affetti da DOC. Numerosi studi sono stati condotti sulle credenze magiche legate alle modalità di contaminazione (irrilevanza della dose, permanenza nel tempo, etc.), tra questi la sperimentazione di Tolin e colleghi (2004), che hanno voluto indagare la “legge del contagio”. Eccone una breve descrizione.
I ricercatori hanno ingaggiato un gruppo di soggetti clinici, pazienti con DOC con timore di contaminazione e pazienti con disturbo di panico, e un gruppo di soggetti non clinici di controllo. È stato chiesto ai partecipanti di identificare l’oggetto “più contaminato” del luogo dove si trovavano. Quindi lo sperimentatore ha preso una matita nuova e l’ha sfregata sull’oggetto individuato. A quel punto ha chiesto ai partecipanti se e quanto la matita fosse contaminata. Successivamente lo sperimentatore ha preso un’altra matita e l’ha sfregata con la precedente e nuovamente ha domandato ai partecipanti se attraverso il contatto avvenuto si fosse contaminata. Questa stessa procedura è stata ripetuta per 12 matite. Al termine dell’esperimento, i soggetti con disturbo di panico e del gruppo non clinico hanno riferito che c’era una riduzione della contaminazione vicina al 100%, mentre i per i pazienti con DOC, la riduzione della contaminazione si è attestata intorno al 40%.
Una riflessione clinica. Se ancora ce ne fosse bisogno, tali risultati sono suggestivi di quanto sia arduo intervenire sulla modificazione delle assunzioni del paziente rispetto alla minaccia di essere contaminati e anche di quanto ciò possa essere controproducente, perché incrementa la tendenza ad attivare ragionamenti dialogici, sia intrapersonali che interpersonali, che mantengono il disturbo. Alla luce di ciò, piuttosto che tentare di scalfire la dura legge del contagio e le altre credenze ad essa connesse, occorre inquadrarle in un’ottica funzionale, in modo da comprendere insieme al paziente quanto la sintomatologia e i particolari meccanismi e processi cognitivi soggiacenti abbiamo un senso ai fini del raggiungimento di uno scopo.
Riferimenti bibliografici
Rachman, S. (2006). Fear of contamination: assessment and treatment. New York: Oxford University Press Inc.
Tolin, D., Worhunsky, P., & Maltby, N. (2004). Sympathetic magic in contamination-related OCD. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 193-205.
Per approfondire…
Studi e ricerche sul Disturbo Ossessivo Compulsivo