di Stefania Fadda
Le terapie che si avvalgono di materiali e protocolli scritti, la cui comprensione richiede familiarità con la cultura dominante, spesso pongono barriere linguistiche e culturali per i pazienti che appartengono a gruppi minoritari. Quanto affermato è applicabile anche alle persone sorde affiliate alla comunità sorda, per le quali la lingua dei segni rappresenta il metodo di comunicazione elettivo.
Il bisogno di adattare la terapia alle esigenze dei pazienti appartenenti a gruppi linguistici e culturali minoritari è stato palesato, per la prima volta, dal U.S. Surgeon General’s Report on Mental Health (USDHHS, 2001) e, in riferimento alla Terapia Cognitivo Comportamentale, dal Cognitive and Behavioural Practice Journal (Hofmann, 2006).
In questo e nei prossimi post verranno illustrati gli adattamenti della Terapia Dialettico Comportamentale (DBT) e la modalità di utilizzo della stessa con i pazienti sordi.
La DBT costituisce uno dei trattamenti maggiormente validati per la riduzione del rischio suicidario in pazienti con diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità (BPD). Con riferimento ai pazienti sordi, sebbene i dati sull’utilizzo di tale terapia siano limitati, alcuni studi riportano una più alta incidenza dei tentativi di suicidio e/o dell’ideazione suicidaria rispetto alla popolazione udente (Black e Glickman, 2006; Durland, 2004; Samar et at., 2007). Inoltre, le persone sorde presentano un più elevato rischio di sviluppare BPD.
La prospettiva socio-biologica della DBT suggerisce che gli individui con BPD presentano vulnerabilità emotiva sia su base biologica che come risultato di esperienze traumatiche. Tali individui, rispetto alla popolazione non clinica, dimostrano una maggiore sensibilità verso stimoli emotivamente rilevanti, più intense risposte emotive e un più lento ritorno ai valori di base.
L’ambiente dal quale i pazienti con BPD provengono, viene frequentemente definito invalidante in quanto non offre all’individuo rispetto, attenzione e comprensione verso i suoi vissuti cognitivi ed emotivi. Il caso estremo è la configurazione di un ambiente abusante. All’interno di un ambiente invalidante, l’individuo non impara a tollerare il distress, a regolare l’arousal, e a discernere quando fidarsi delle proprie risposte emotive. La Lineahan (1993) afferma che il BPD trae origine dall’interazione tra la vulnerabilità emotiva e l’ambiente invalidante.
L’ipotesi che le persone sorde siano ad alto rischio di invalidazione appare agli occhi di chi scrive convincente. Infatti, i pazienti sordi adulti frequentemente riferiscono di aver esperito limitate comunicazione e interazione con la famiglia d’origine e, più in generale, con le persone udenti. Spesso essi sono l’unica persona sorda a casa, a scuola, nei contesti socio-ricreativi e nel luogo di lavoro. Inoltre, la percentuale di persone udenti in grado di comunicare efficacemente con essi è estremamente bassa.
La capacità di tollerare il distress, lo sviluppo delle abilità di regolazione emotiva e la possibilità che i propri pensieri ed emozioni vengano validati dipendono in misura significativa da una adeguata comunicazione e interazione con gli altri.
Le persone sorde spesso non hanno avuto la possibilità di apprendere incidentalmente strategie di regolazione emotiva e di coping nei contesti familiari e, solo un numero limitato di esse, ha beneficiato di un apprendimento diretto. Complicano il quadro la limitata competenza nella lingua utilizzata dalla maggioranza della popolazione e la difficoltà ad accedere alle informazioni. Ne risulta che molti pazienti sordi arrivano in terapia con una difficoltà a identificare e regolare le emozioni (Glickman e Gulati, 2003). Fine prima parte.
Bibliografia
Black, P. A., & Glickman, N. S. (2006). Demographics, psychiatric diagnoses, and other characteristics of North American deaf and hard-of-hearing inpatients. Journal of Deaf Studies and Deaf Education, 11, 303–321.
Durland, B. (2004). [Preliminary analyses of National College Health Assessment data collected in the Fall of 2002]. Unpublished raw data.
Glickman, N., & Gulati, S. (Eds.). (2003). Mental health care of deaf people: A culturally affirmative approach Mahway, NJ: Lawrence Erlbaum.
Hofmann, S. G. (2006). Culturally sensitive CBT [Special Issue].Cognitive and Behavioral Practice, 13(4), 344.
Linehan, M. M. (1993a). Cognitive-behavioral treatment of borderline personality disorder. New York: Guiliford Press.
Samar, V. J., Pollard, R., O’Hearn, A., Lalley, P., Sutter, E., Klein, J. D., et al. (2007, March 13-14). Deaf young adults’ self-reported suicide attempt rate: role of reading and gender. Honolulu, Hawaii: Paper presented at the Pacific Rim Disability Conference.
U.S. Department of Health and Human Services. (2001). Mental health: Culture, race, and ethnicity—A supplement to Mental Health: A Report of the Surgeon General. Washington, DC: Author.