Training intensivo sulla Terapia Dialettico-Comportamentale

di Federica Mansutti

Dal 17 al 19 Gennaio si è svolto a Vicenza il primo modulo del training intensivo sulla DBT (terapia dialettico-comportamentale) tenuto dal Prof. C. Swenson e organizzato dall’associazione DPFRI (Disturbi di Personalità Formazione e Ricerca Italia) in collaborazione con la Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC).

foto 2Fin dal primo impatto, il Prof. Swenson conquista l’uditorio grazie alla sua disponibilità, padronanza della materia e competenza clinica, con un raro connubio di qualità umane e professionali. Colpisce la sua storia professionale: psicoanalista, allievo e collaboratore del Prof. Kernberg al Cornell Medical Centre di New York ha diretto per vari anni il reparto per pazienti borderline. Leggi tutto “Training intensivo sulla Terapia Dialettico-Comportamentale”

Il Disturbo Borderline di Personalità: modelli di comprensione e strategie di trattamento Cognitivo-Comportamentali

di Sara Di Biase, Giulia Paradisi e Lisa Lari

La vulnerabilità emotiva, la dissociazione, le reazioni emotive acute ed improvvise, l’impulso ad agire sulla base di esse, la forte sensibilità verso la perdita, i profondi sentimenti di vuoto. E ancora…il brutale istinto che trascina verso la distruzione delle relazioni, l’oscillazione della consapevolezza che porta a confondere l’immaginazione con la realtà e ad agire sulla base di rappresentazioni fantastiche… Sono l’eterogeneità e la variabilità sintomatiche a caratterizzare il quadro del Disturbo Borderline di personalità (DBP), di fronte al quale i clinici si trovano ad osservare tutta la psicopatologia, come turisti che visitino uno stato in cui convivono gruppi etnici diversi. Leggi tutto “Il Disturbo Borderline di Personalità: modelli di comprensione e strategie di trattamento Cognitivo-Comportamentali”

La Terapia Dialettico Comportamentale: adattamento per i pazienti sordi – Seconda Parte.

di Stefania Fadda 

La DBT (Dialectical behavior therapy) vede le origini del disturbo borderline nella disregolazione emotiva e combina l’utilizzo della validazione emotiva con l’insegnamento di tecniche per tollerare l’angoscia, ridurre le emozioni dolorose ed eliminare i problemi comportamentali. Leggi tutto “La Terapia Dialettico Comportamentale: adattamento per i pazienti sordi – Seconda Parte.”

La Terapia Dialettico Comportamentale: adattamento per i pazienti sordi – Prima Parte

di Stefania Fadda 

Le terapie che si avvalgono di materiali e protocolli scritti, la cui comprensione richiede familiarità con la cultura dominante, spesso pongono barriere linguistiche e culturali per i pazienti che appartengono a gruppi minoritari. Quanto affermato è applicabile anche alle persone sorde affiliate alla comunità sorda, per le quali la lingua dei segni rappresenta il metodo di comunicazione elettivo.

Il bisogno di adattare la terapia alle esigenze dei pazienti appartenenti a gruppi linguistici e culturali minoritari è stato palesato, per la prima volta, dal U.S. Surgeon General’s Report on Mental Health (USDHHS, 2001) e, in riferimento alla Terapia Cognitivo Comportamentale, dal Cognitive and Behavioural Practice Journal (Hofmann, 2006).

In questo e nei prossimi post verranno illustrati gli adattamenti della Terapia Dialettico Comportamentale (DBT) e la modalità di utilizzo della stessa con i pazienti sordi.

La DBT costituisce uno dei trattamenti maggiormente validati per la riduzione del rischio suicidario in pazienti con diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità (BPD). Con riferimento ai pazienti sordi, sebbene i dati sull’utilizzo di tale terapia siano limitati, alcuni studi riportano una più alta incidenza dei tentativi di suicidio e/o dell’ideazione suicidaria rispetto alla popolazione udente (Black e Glickman, 2006; Durland, 2004; Samar et at., 2007). Inoltre, le persone sorde presentano un più elevato rischio di sviluppare BPD.

La prospettiva socio-biologica della DBT suggerisce che gli individui con BPD presentano vulnerabilità emotiva sia su base biologica che come risultato di esperienze traumatiche. Tali individui, rispetto alla popolazione non clinica, dimostrano una maggiore sensibilità verso stimoli emotivamente rilevanti, più intense risposte emotive e un più lento ritorno ai valori di base.

L’ambiente dal quale i pazienti con BPD provengono, viene frequentemente definito invalidante in quanto non offre all’individuo rispetto, attenzione e comprensione verso i suoi vissuti cognitivi ed emotivi. Il caso estremo è la configurazione di un ambiente abusante. All’interno di un ambiente invalidante, l’individuo non impara a tollerare il distress, a regolare l’arousal, e a discernere quando fidarsi delle proprie risposte emotive. La Lineahan (1993) afferma che il BPD trae origine dall’interazione tra la vulnerabilità emotiva e l’ambiente invalidante.

L’ipotesi che le persone sorde siano ad alto rischio di invalidazione appare agli occhi di chi scrive convincente. Infatti, i pazienti sordi adulti frequentemente riferiscono di aver esperito limitate comunicazione e interazione con la famiglia d’origine e, più in generale, con le persone udenti. Spesso essi sono l’unica persona sorda a casa, a scuola, nei contesti socio-ricreativi e nel luogo di lavoro. Inoltre, la percentuale di persone udenti in grado di comunicare efficacemente con essi è estremamente bassa.

La capacità di tollerare il distress, lo sviluppo delle abilità di regolazione emotiva e la possibilità che i propri pensieri ed emozioni vengano validati dipendono in misura significativa da una adeguata comunicazione e interazione con gli altri.

Le persone sorde spesso non hanno avuto la possibilità di apprendere incidentalmente strategie di regolazione emotiva e di coping nei contesti familiari e, solo un numero limitato di esse, ha beneficiato di un apprendimento diretto. Complicano il quadro la limitata competenza nella lingua utilizzata dalla maggioranza della popolazione e la difficoltà ad accedere alle informazioni. Ne risulta che molti pazienti sordi arrivano in terapia con una difficoltà a identificare e regolare le emozioni (Glickman e Gulati, 2003). Fine prima parte.

Bibliografia

Black, P. A., & Glickman, N. S. (2006). Demographics, psychiatric diagnoses, and other characteristics of North American deaf and hard-of-hearing inpatients. Journal of Deaf Studies and Deaf Education, 11, 303–321.

Durland, B. (2004). [Preliminary analyses of National College Health Assessment data collected in the Fall of 2002]. Unpublished raw data.

Glickman, N., & Gulati, S. (Eds.). (2003). Mental health care of deaf people: A culturally affirmative approach Mahway, NJ: Lawrence Erlbaum.

Hofmann, S. G. (2006). Culturally sensitive CBT [Special Issue].Cognitive and Behavioral Practice, 13(4), 344.

Linehan, M. M. (1993a). Cognitive-behavioral treatment of borderline personality disorder. New York: Guiliford Press.

Samar, V. J., Pollard, R., O’Hearn, A., Lalley, P., Sutter, E., Klein, J. D., et al. (2007, March 13-14). Deaf young adults’ self-reported suicide attempt rate: role of reading and gender. Honolulu, Hawaii: Paper presented at the Pacific Rim Disability Conference.

U.S. Department of Health and Human Services. (2001). Mental health: Culture, race, and ethnicity—A supplement to Mental Health: A Report of the Surgeon General. Washington, DC: Author.