di Estelle Leombruni
Colpa altruistica e colpa deontologica: una tesi dualistica
In un recente articolo pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology, il neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta Francesco Mancini e la psicoterapeuta Amelia Gangemi affrontano il tema della colpa, offrendo al lettore le informazioni necessarie per un’approfondita comprensione di questa complessa emozione e delle sue implicazioni sulla sofferenza psichica.
La tesi portata avanti è quella dell’esistenza di due forme distinte di colpa: la “colpa altruistica”, che viene sperimentata quando si assume di aver compromesso uno scopo altruistico, e la “colpa deontologica”, derivante dall’assunzione di aver violato una propria norma morale.
Queste due forme di colpa generalmente coesistono nella vita quotidiana, tuttavia è possibile anche sperimentarle separatamente: sentirsi in colpa per non essersi comportati in maniera altruistica senza però violare una propria regola morale oppure trasgredire una norma morale senza che sia presente una vittima, ovvero in assenza di una persona danneggiata.
Sono numerose le evidenze empiriche che supportano tale distinzione: da un punto di vista comportamentale, per esempio, le ricerche mettono in luce come, inducendo uno dei due tipi di colpa, si ottengono azioni di risposta differenti (azione che tutela uno scopo altruistico o azione per uno scopo morale). Dal punto di vista dei circuiti neurali coinvolti in questi processi, gli studi condotti tramite la risonanza magnetica funzionale mettono in risalto come si attivino network cerebrali diversi a seconda del tipo di colpa sperimentato. La distinzione è evidente anche per quanto riguarda il rapporto che questi due sensi di colpa hanno con altre emozioni: per esempio, la colpa deontologica sembrerebbe che abbia una stretta connessione con il disgusto mentre la forma altruistica con il vissuto di pena.
Questa duplice visione del sentimento di colpa consente una maggiore comprensione di altri fenomeni (come del cosiddetto omission bias ovvero la tendenza sistematica a favorire un atto di omissione rispetto a uno di commissione) e ha importanti implicazioni circa la psicologia clinica, in particolare, nella comprensione del disturbo ossessivo- compulsivo, in cui la colpa deontologica svolge un ruolo cruciale, e di alcune forme di reazione depressiva, per cui sembra essere rilevante la colpa altruistica.
Una comprensione più approfondita dei disturbi consente di sviluppare interventi psicoterapici che mirino specificatamente al tipo di colpa che potrebbe essere alla base delle problematiche presentate, garantendo in questo modo una maggiore possibilità di successo terapeutico, ossia di raggiungimento e mantenimento degli obiettivi prefissati.
L’approfondimento proposto dai due autori consente, quindi, non solo di comprendere meglio le determinanti psicologiche e le implicazioni cliniche dei due sensi di colpa, ma anche di sviluppare interessanti spunti di riflessione sulle implicazioni psicoterapiche e sulle future possibili ricerche.
Per approfondimenti:
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2021.651937/full