Se fossi omosessuale? Aiuto!

Testo di Giuseppe Femia
Vignette di Elena Bilotta

Quando i pensieri proibiti prendono il sopravvento…

Il disturbo ossessivo compulsivo coinvolge sempre aspetti che si ritengono importanti e per tale ragione spesso riguarda la propria identità. Le ossessioni che ne scaturiscono, a volte, instillano dubbi sul proprio orientamento sessuale.
Da questo tipo di pensieri intrusivi, si innescano processi cognitivi che cercano di mettere sotto inchiesta la paura di essere gay, attraverso controlli sul piano comportamentale o evitamento di ambienti e situazioni in cui la paura potrebbe presentarsi maggiormente.

 
Diventano fonti minacciose le palestre, i film omosessuali e il contatto con persone ritenute affascinanti, su cui si potrebbe innescare più facilmente una ruminazione mentale ossessiva. Talvolta si assiste a un congelamento dell’attività sessuale, per paura di scoprirsi eccitati, o non eccitati, a causa di un’interferenza delle ossessioni durante i contatti intimi. Questa tipologia di DOC, definita omosessuale, ricorre sempre di più tra le richieste di aiuto.
Tale manifestazione potrebbe favorire un quesito, sia da parte del paziente che da parte del clinico: il paziente potrebbe pensare che il disturbo sia la copertura di un’omosessualità non accettata; il clinico, da parte sua, potrebbe chiedersi come fare a distinguere un DOC di tipo omosessuale da una condizione di omosessualità ego-distonica e non elaborata. Il confine fra le due condizioni potrebbe sembrare labile.
In realtà, vi sono delle caratteristiche capaci di guidare la valutazione delle due diverse condizioni, sino a discernere i fenomeni.
Il DOC omosessuale, normalmente, si contraddistingue per un funzionamento specifico, caratterizzato da pensieri indesiderati e ricorrenti circa la propria omosessualità, tentativi di soluzione, stati mentali di allarme e ruminazione, ricerche di rassicurazione e comportamenti di controllo.

 

In questi pazienti si riscontra una scarsa autostima, la tendenza a monitorare le proprie emozioni mediante meccanismi cognitivi, la presenza di vissuti di colpa e preoccupazione circa il rispetto di regole morali. Insomma, si contraddistinguono per una ricerca spasmodica tesa a trovare un’impossibile certezza (assoluta) anche in altri campi, o per rimanere in campo sessuale temono di essere pedofili, sadici e tutto quanto ritengono riprovevole. Spesso, i soggetti che soffrono a causa di un DOC omosessuale hanno altre fobie specifiche e altre ossessioni nella loro storia personale, come la paura della contaminazione o di poter perdere il controllo e fare del male agli altri, o compulsioni di ordine e simmetria. Non raramente, sono presenti credenze di inferiorità relative alle proprie caratteristiche fisiche o specificamente rispetto ai propri caratteri sessuali: gli uomini potrebbero avere la convinzione di essere ipodotati e le donne potrebbero pensare di essere poco femminili.

Alle volte, la paura di poter essere omosessuale nasce in seguito a una precedente condizione di DOC relazionale, in cui il rapporto con il partner veniva messo perennemente in discussione: “La amo abbastanza? Se non fosse la persona giusta? Se non mi sono eccitato, forse non mi piace davvero!”; queste prime manifestazioni in ambito affettivo potrebbero precedere il vortice di pensieri centrati sulla sfera sessuale.
Il punto centrale sembra essere la scarsa tolleranza del dubbio di essere gay o meno; domanda a cui diventa complesso o quasi impossibile rispondere.

Lo scopo ultimo sembra essere quello di uscire da uno stato di ansia perenne per scongiurare la possibilità di “non-esserlo” e della colpa connessa all’esserlo e non saperlo/dichiaralo a possibili partner, imbrogliando.

Nel caso di una omosessualità repressa, invece, non per forza sono presenti pensieri intrusivi uniti a compulsioni, anche se gli stati mentali sono comunque accompagnati da pensieri negativi e da stati emotivi di forte ansia e angoscia. Questa condizione sembra distinguersi dal DOC, sulla base degli scopi attivi nella mente della persona.
In questo caso, infatti, il focus non sarebbe il dubbio circa la propria sessualità, ma quello di cercare il modo per dichiarare la propria condizione e trovare le strategie più adeguate per viverla al meglio. Si impara a combattere contro situazioni sfavorevoli, sistemi familiari potenzialmente contrari o soggettivamente vissuti come tali, sino a sviluppare sentimenti di orgoglio e fierezza di natura quasi compensatoria.
I soggetti con DOC omosessuale si dichiarano non omofobi e riferiscono di avere diverse amicizie gay; tuttavia, ci si potrebbe chiedere come mai, nonostante l’omosessualità sia da loro concepita come una condizione normale, resti comunque inaccettabile. Quando viene loro chiesto di dare un parere da zero a dieci, in termini di colpevolezza o disgusto rispetto a un soggetto qualunque nella situazione temuta, rispondono: “Zero!”, ribadendo così la loro sensazione negativa: sentono di subire i pensieri intrusivi.
Se ci fosse, invece, la condivisone di un valore che vede l’omosessuale come intrinsecamente debole o riprovevole? Se ci fossero timori di stigmatizzazione sociale? O ancora esperienze traumatiche e non elaborate?
Queste domande potrebbero segnalare la necessità di riflettere circa il ruolo della vergogna, oltre che sui possibili timori di ostracismo culturale, associati alla presenza di rigidi stereotipi di riferimento: ricorrono sensi di colpa indotti, esperienze di bullismo subite e timori di giudizio e punizione.
Potrebbe essere comunque utile, durante le prime fasi di valutazione, prendere in considerazione la possibilità che dietro a una sintomatologia ossessiva vi possa essere un processo di non accettazione di una propria condizione di omosessualità.
Queste considerazioni andrebbero a limitare il rischio di applicare protocolli standard, senza prima essersi chiesti quanto il problema sia ascrivibile a una categoria diagnostica e non frutto di paure e fenomeni di negazione di sé, attivando terapie riparative e non risolutive. Potrebbe risultare vantaggioso tracciare una differenza fra gli stati mentali di chi è lacerato dal dubbio di essere omosessuale DOC e chi invece scopre di essere gay nel corso della propria crescita.
Non è detto che per i secondi la consapevolezza sia liberatoria, spesso è combattuta e difficile, comporta stati di agitazione e non accettazione di sé. Approfondire cosa scatta nella mente del paziente rispetto allo scenario temuto, in termini di scopi compromessi e immaginazioni catastrofiche, potrebbe aiutare il clinico e il paziente a comprendere l’origine della sofferenza. Infine, sembra fondamentale chiarire come il fulcro del percorso psicoterapico, rispetto a questo tipo di problematica, sia quello di condurre il paziente verso l’accettazione del rischio e del dubbio: istruirlo su come sia un chiaro limite definire un fenomeno, tanto complesso quanto dinamico come la sessualità, dentro schemi poco flessibili e intransigenti. Le tecniche di ristrutturazione cognitiva, assieme alla promozione di concetti come accettazione e de-fusione, appaiono indicate nel trattamento dei pensieri ossessivi ricorrenti: l’obiettivo mira a sostituire le ossessioni con pensieri più funzionali, al fine ultimo di abbassare i livelli di ansietà e angoscia presentati.

P.S.: Se avete letto questo articolo per cercare di capire se avete un DOC  omosessuale o se siete un omosessuale ego- distonico, siete immancabilmente DOC e questa lettura è stata proprio una delle strategie per risolvere il dubbio ossessivo.

 

Per approfondimenti:

Cass V.C. (1979). Homosexual identity formation: A theoretical model. Journal of Homosexuality, 4, 3: 219-235.

Castelfranchi, C., Che figura. Emozioni e immagine sociale, Il Mulino, 2005.

Doron, G., Derby, D., & Szepsenwol, O. (2014). Relationship obsessive-compulsive disorder (ROCD): A conceptual framework. Journal of Obsessive-Compulsive and Related Disorders, 3, 169-180.

Doron, G., Szepsenwol, O., Karp, E., & Gal, N. (2013). Obsessing about intimate-relationships: Testing the double relationship-vulnerability hypothe-sis.Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 44, Issue 4, 433-440.

Mancini, F., La mente ossessiva. Curare il disturbo ossessivo- compulsivo, Cortina Raffaello, 2016.

Montano, A. (2007), L’omofobia interiorizzata come problema centrale nel processo di formazione dell’identità sessuale. In: Rivista di Sessuologia, 31 (1).

 

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