Affrontare il tema della morte con i bambini: L’anatra, la Morte e il Tulipano

di Claudia Perdighe

Era da un po’ che l’anatra aveva una strana sensazione: “Chi sei, e perchè mi strisci alle spalle?” domandò.
“Finalmente te ne sei accorta” … “Io sono la Morte”. L’anatra fu presa dal terrore. E non si poteva darle torto. “Sei venuta a prendermi?”
“Ti sarò accanto… nel caso…”
“Nel caso?” domandò l’anatra.
“Si nel caso ti capiti qualcosa. Un brutto raffreddore, un incidente: non si può mai sapere”.
“E all’incidente ci pensi tu?”
“All’incidente ci pensa la vita, come anche al raffreddore, e a tutte le altre cose che possono capitare a voi anatre. Per esempio la volpe”.
L’anatra non ci voleva nemmeno pensare. Le venne la pelle d’oca. La Morte le sorrise in modo amichevole. In fondo era gentile, anzi molto gentile, se si esclude che era quello che era.

È l’inizio della favola per bambini del libro illustrato di Erlbruch Wolf (L’anatra, la morte e il tulipano, Roma, Edizioni E/O, 2007) che a me sembra, per chi non la conoscesse, un modo delicato per affrontare il tema della morte con i bambini; non solo chi si occupa di età evolutiva, ma a tutti i terapeuti può capitare di porsi il problema di come parlare di un tema cosi difficile. In questo racconto, in cui l’Anatra e la Morte si incontrano e diventano amiche, viene messa in luce, in modo delicato e laico, la normalità della morte e la mancanza di certezze sul dopo; inoltre viene offerta un’immagine molto dolce dell’Ultimo Viaggio: la Morte adagia il corpo dell’Anatra morta sul fiume per l’Ultimo viaggio.

La morte guardò l’anatra. Non respirava più. Giaceva immobile. Le lisciò un paio di piume che le si erano appena arruffate e la portò al grande fiume. Qui la adagiò delicatamente sull’acqua e le diede una spinta lieve. La seguì a lungo con lo sguardo, quando la perse di vista la morte quasi si rattristò.
Ma così era la vita.

Questa bella immagine dell’Ultimo Viaggio ricorda un film giapponese di  qualche anno fa, Departures di Yōjirō Takita, sui riti di cura del corpo del defunto, come ultimo atto di amore prima della separazione finale.

Della favola si trova anche un video

7 risposte a “Affrontare il tema della morte con i bambini: L’anatra, la Morte e il Tulipano”

  1. Condivido la difficoltà degli adulti ad affrontare con i bambini il tema della morte. Dalla lettura del post, mi viene in mente che qualsiasi tentativo di spiegare risulterebbe infruttuoso. Dico “spiegare” perché sembra che gli adulti vengano assaliti da un imperativo che non lascia scampo: “Tuo figlio ti ha chiesto che succede quando si muore. Dove si va a finire?! Devi rispondere senza che si spaventi!”. Disarmati, padri e madri cercano collocazione ai corpi dei poveri defunti. E “sotto terra” pare brutto. Meno male che c’è anche un sopra, un cielo dove i cari trovano dimora continuando a vivere. Una risposta simile mi fa pensare ad un cedimento sul piano delle responsabilità ed un modo per tenere a bada l’intemperanza da pargolo curioso. Come a dire “Nonno sta in cielo. Non aggiungere altro, perché non ne so nulla e non possiamo chiederglielo direttamente. Per ora…”. La favola suggerisce la soluzione: non spiegare, racconta l’Ultimo Viaggio. Racconta la vita. Davvero bella, questa fiaba sulla vita.

    1. Io credo che quasi sempre lo spavento e la paura siano degli adulti, non del bambino. Per il bambino chiedere “Cosa succede quando si muore?”, non è diverso dal chiedere “Cosa fanno i miei pupazzi quando noi dormiamo?”. Sono le reazioni dei genitori che cambiano. La bellezza della favola secondo me è nel doppio messaggio: perdere qualcuno è un fatto molto triste; parlare della morte è naturale, perché morire è un fatto della natura.

  2. Bellissima questa fiaba, anche se condivido la difficoltà del collega Carlo e tiro un sospiro di sollievo come lui
    all’idea di poter mettere in gioco “quel cielo” terso, che accoglie tutti e salva chi sta sotto…..purtroppo parlare di accettazione è veramente molto difficile ( mi viene in mente una bimba orfana di madre suicidaria che mi diceva spesso: però io la volevo”); per cui ben vengano questi racconti, quanto meno per fornirci un’alternativa o un’arma di più da tirare fuori al momento giusto!

  3. D’altra parte noi umani non riusciamo a considerare la morte parte integrante della vita. Tendiamo a tenerla lontana dal nostro ciclo biologico. Più la teniamo lontana e più la neghiamo, più ne siamo spaventati. Tutto questo lo trasmettiamo ai bambini fantasticando alla fine che sono loro ad aver paura e incapaci di affrontare questo tema, quando poi, in realtà è tuuta una questione di noi adulti.

  4. con i miei figli avevamo sempre parlato della morte …il loro papà faceva il medico legale ..l’argomento “morte” era all’ordine del giorno poi all’improvviso è entrata nella nostra casa… non c’è stato più tempo per prepararli con una favola per non farli soffrire così tanto provo ancora adesso il dolore che mi squarciò il cuore nel dargli la notizia. A distanza di quasi tre anni sono sereni e mi stupisco di come affrontano “l’argomento” per loro la morte fa parte della vita…

    1. La morte e parlarne è naturale; perdere una persona cara è doloroso, spesso molto doloroso.
      Come dice Franca, e anche gli studi sull’argomento, la gran parte dei bambini ha, però, grandi capacità di recupero davanti agli eventi traumatici (ciò che ora va di moda chiamare resilienza).

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