Lo scorso settembre, al congresso biennale di San Marino “Imparare questo è il problema” , l’intervento di Claudio Marchesano, docente di matematica presso l’”IIS Federico Caffè” di Roma, dal titolo “Matematic…A rovescio” mi ha fatto conoscere un nuovo modo di insegnare ai ragazzi del 2014. Da qui ho iniziato a documentarmi sulla “Flipped Classroom” leggendo le esperienze di diversi docenti che l’hanno sperimentata con i loro alunni, leggendo il libro “La classe capovolta” di M. Maglioni e F.Biscaro e seguendo il gruppo Facebook “La classe capovolta” . Occupandomi di Disturbi Specifici di Apprendimento e di Bisogni Educativi Speciali, spesso mi scontro con realtà scolastiche poco inclusive, dove i diversi modi di apprendere, per molti docenti, sono un problema per lo svolgimento della didattica, e la “Flipped Classroom” mi è da subito sembrata una “carta” vincente per quel cambiamento che potrebbe riportare la scuola Italiana ad alti livelli in Europa prima e nel mondo poi.
Non molto tempo fa un mio amico infermiere di pronto soccorso mi raccontava che molti neogenitori, a tarda sera del giorno delle dimissioni dal reparto maternità, arrivano al pronto soccorso con il loro cucciolo urlante tra le braccia chiedendo disperati aiuto: “Non riusciamo a farlo smettere”. Non tornano chiedendo aiuto su come cambiargli il pannolino o allattarlo, per quello bastano le istruzioni che hanno ricevuto in pochi giorni da una brava ostetrica. Sono disperati e spaventati perché non sanno come gestire l’espressione più autentica e spontanea (e scontata) dell’emozioni del bambino: il pianto. Quando ho letto il libro uscito da poco di Claudia Perdighe, “Il linguaggio del cuore” (edito dalla Erickson), mi è venuta l’idea di chiamare il mio amico infermiere: finalmente una guida per gestire le emozioni del cucciolo umano! Perché ciò che rende così difficile il mestiere di genitore è in gran parte dovuto alla natura emotiva del bambino e del genitore stesso. Il fatto che i genitori in quanto esseri umani siano emotivi a loro volta e quindi possiedano le emozioni, le esperiscano continuamente non rende per niente scontato che le sappiano riconoscere, accettare e gestire funzionalmente nel loro cucciolo. Anche perché i neogenitori sono alle prese con una serie di proprie emozioni forti, a volte impreviste e non desiderate (perché negative) che il diventare genitori scatena dentro. Leggi tutto “Riconoscere e accettare le emozioni dei propri figli e accompagnarli nella crescita”
Si è conclusa domenica 10 agosto a Washington DC la conferenza annuale dell’APA-American Psychological Association; un’occasione per approfondire numerose tematiche e incontrare colleghi provenienti da tutto il mondo.
Molti gli argomenti affrontati che hanno riguardato tutte le aree della psicologia. Le sessioni plenarie sono state focalizzate su: 1) Il rapporto tra la Psicologa e la salute pubblica, 2) Psicologia e violenza, 3) La riforma sanitaria americana, 4) Le controversie e le difficolta’ di comunicazione all’interno della psicologia, 5) Il rapporto tra psicologia e le nuove tecnologie, 6) I meccanismi e i processi sottostanti il cambiamento, 7) Psicologia internazionale. Interessante e’ stato l’intervento del Prof. Bonanno della Columbia University che ha parlato di resilienza e trauma, analizzando le differenze individuali in risposta ad eventi traumatici quali attacchi terroristici, guerre, interventi chirurgici nella cura del cancro ed esiti di danni alla spina dorsale.
Un simposio interessante e’ stato tenuto dal Prof. DiGuseppe, nuovo presidente della Division 29 sulla psicoterapia dell’APA e professore presso la St John’s University e l’Albert Ellis Institute di New York che ha parlato dell’importanza di supportare e proseguire con la ricerca in psicoterapia, affinché la pratica sia guidata dalla scienza. L’obiettivo è quello di definire standard precisi per la ricerca in psicoterapia che possano definire se una psicoterapia e’ efficace o meno.
Tra le sessioni plenarie da segnalare anche quella tenuta dal Prof. Ivry della California University- Berkeley, che ha mostrato i risultati di uno studio che ha messo in evidenza come disfunzioni a carico del cervelletto abbiano un ruolo nello sviluppo di disfunzioni neurologiche e psichiatriche. Interessanti sono stati gli incontri tenuti all’interno delle Division specifiche, in particolare gli incontri organizzati dalla Division 52 che si occupa degli studi internazionali. E’ stata una bella occasione di incontro tra studenti e professionisti da tutti gli Stati Uniti e alcune aree del mondo; un bel modo per incontrarsi e confrontarsi su diverse tematiche di interesse comune e un’occasione di scambio di idee e per prendere spunto per nuovi progetti.
Infine, da segnalare anche la partecipazione dell’Italia con due lavori; il primo all’interno di un simposio dal titolo “Assessment of children internationally. Overcoming barriers and informing practice”, dedicato a studi condotti in diversi paesi (Caraibi, Vietnam, Albania e Italia) su diverse tematiche riguardanti l’età evolutiva e il confronto rispetto agli Stati Uniti. Il lavoro presentato, dal titolo “Considerations for assessing child affect, cognition and behavior in Italy”, aveva lo scopo di presentare i dati preliminari di uno studio volto ad indagare le idee disfunzionali in bambini e adolescenti italiani con difficoltà psicologiche e un gruppo di controllo ed è il risultato di un lavoro di project che si sta conducendo da alcuni anni presso la sede SPC e APC di Verona.
Il secondo simposio dal titolo “Recent developments in cognitive therapy in Italy. Making room for emotions and personal experience”, tenuto dal collega Ruggiero Giovanni della scuola Studi Cognitivi di Milano che ha descritto le caratteristiche del cognitivismo italiano fornendo una panoramica della storia e dei principali rappresentanti passati e presenti.
La conferenza e’ stata un’esperienza stimolante che, personalmente, credo abbia fornito la possibilità di vedere somiglianze e differenze con il nostro paese e ha dato l’opportunità di elaborare nuove idee per il lavoro futuro, sottolineando l’importanza della ricerca scientifica come base di partenza e legame imprenscindibile con l’attività clinica in tutte le sue sfaccettature. Arrivederci all’anno prossimo a Toronto!
Il giorno 2 aprile molte persone, genitori, famiglie, ragazzi, bambini ed esperti, come dei nodi, si sono “uniti” creando una matrice base di quello che era il significato centrale, per tutto il mondo, della giornata: la consapevolezza dell’autismo. Consapevolezza appunto, non un semplice “essere informati” o “sapere” ma una “condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda” con il valore aggiunto della condivisione di pensieri, idee, emozioni provenienti dall’esperienza spesso toccata con mano. Ciò è quello che è successo in occasione di questa giornata “speciale”, il profondo emerge, si trasforma in parole con il convegno “L’autismo non è isolamento” presso l’Auditorium S. Paolo dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Leggi tutto “La giornata della consapevolezza dell’autismo”
La ricerca che descrivo in questo post fa riferimento, in particolare, a due delle caratteristiche principali dell’autismo che sono quelle della compromissione qualitativa dell’interazione sociale e quella della comunicazione. Lo sviluppo della Teoria della Mente è legato a due diverse capacità: il role-taking che può essere tradotto come “mettersi nei panni degli altri” e rappresenta l’abilità cognitiva di decentrarsi dalla propria posizione per assumere quella dell’altro e la perspective-taking ossia l’abilità di adottare la prospettiva altrui in tre dimensioni: dimensione percettiva (capacità di comprendere come gli altri possano percepire un oggetto occupando una dimensione spaziale diversa dalla propria); dimensione cognitiva (capacità di inferire le conoscenze, credenze, pensieri, motivazioni altrui) spesso sovrapposto alla capacità di role-taking; dimensione emotiva (capacità di comprendere gli stati emotivi altrui). La compromissione della perspective-taking nei bambini con autismo coinvolge ciascuna di queste tre dimensioni. Leggi tutto “Raccontare una storia al proprio figlio con autismo: esperienza relazionale condivisa e gli effetti sulla dimensione emotiva della perspective-taking”
Il docufilm “Le Mur”, realizzato da Sophie Robert, apre finalmente gli occhi al mondo coinvolto nell’Autismo. Una conquista importante dopo una dura lotta per la conoscenza e la comprensione di ciò che accade in Francia, nella Svizzera francese e nel Belgio francofono.
Gli psicanalisti francesi diffondono e parlano di teorie che spiegano l’origine e la causa dell’autismo ma non di scienza, ricerca, trattamento e presa in carico del bambino autistico.
Dalla raccolta delle interviste, presenti nel film, emerge l’idea che il bambino autistico in Francia si chiuda dentro di sé, si distacchi dal mondo e si rifiuti di mettere in moto i meccanismi del linguaggio. Come afferma lo psicanalista Alexandre Stevens non esiste una differenza strutturale tra psicosi e autismo. L’ autismo infatti è definito come “una situazione estrema che fa parte del gruppo delle psicosi” proveniente dunque da una cattiva relazione con la madre. Leggi tutto “Primo passo per la caduta del muro dell’autismo psicoanalitico francese”
Il programma TEACCH (Treatment and Education of Autistic and related Communication-handicapped Children) prevede una presa in carico globale in cui collaborano genitori e professionisti. Il punto di forza di tale approccio è la multidisciplinarietà in cui esiste una continua interazione fra servizi, professionisti e familiari. In particolare l’inclusione dei genitori nell’intervento dei propri figli con autismo sembra costituire un grande potenziale in quanto permette di incrementare le capacità nei bambini e diminuire lo stress sia nei genitori che nei bambini. Proprio partendo da questo importante elemento, uno studio realizzato da “Tutti giù per terra” in collaborazione con “Neuropsichiatria Infantile” dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, ha ampiamente messo in luce il potenziale del metodo Teacch.
Lo studio longitudinale (D’Elia, Valeri et al, 2013), condotto su 30 bambini di età prescolare con disturbi dello spettro autistico, ha voluto dimostrare, infatti, i potenziali benefici del trattamento. Sono stati messi a confronto due gruppi di bambini. Il gruppo sperimentale (EG) di 15 bambini ha seguito il programma Teacch a bassa intensità, mentre il gruppo di controllo (CG) costituito da altri 15 bambini ha seguito un approccio non specifico. I risultati della ricerca hanno evidenziato che un programma Teacch a bassa intensità a casa e a scuola può portare a un decremento dello stress genitoriale e della comorbilità psicopatologica. Lo studio inoltre sottolinea come l’applicazione di tale metodo negli ambienti naturali in cui vive il bambino, ossia casa e scuola, permetta che l’approccio sia consolidato e generalizzato e che gli stessi genitori ed insegnanti possano essere dei validi e fondamentali co-terapisti.
La caratteristica del metodo Teacch prevede un coinvolgimento globale dei vari contesti con i quali il bambino interagisce e permette a quest’ultimo di entrare in contatto con un ambiente strutturato e prevedibile, in modo da facilitare e velocizzare le attività che il bambino dovrà svolgere, migliorando così le abilità ed estinguendo i comportamenti mal adattivi.
Meglio si può comprendere l’autismo se leggiamo ciò che scrive, con parole semplici e spontanee, G. Nicoletti, giornalista e padre di un figlio autistico, nel suo libro ‘Una notte ho sognato che parlavi’: “L’autistico opera per calmare le proprie ansie e quindi ribadire a se stesso che nulla cambierà rispetto alle sue abitudini. Il mondo deve girare come le lancette di un orologio, ogni attimo deve sovrapporsi a quello corrispondente del giorno prima, in cui si facciano le stesse identiche cose che si sono sempre fatte ogni giorno a quell’ora”.
Questo padre ci comunica quanto sia difficile “entrare in sintonia quotidiana con una persona che non abbia a fuoco i principi di inizio e fine” e spiega che suo figlio “Tommy vive un tempo ciclico, il suo tempo è quello dell’eterna routine. E quando qualcosa mette in crisi questo suo ordine cosmico, si scatena per lui un cataclisma che lo annichilisce, come se fosse l’annuncio della fine del mondo”.
Bigliografia
D’Elia L., Valeri G., Sonnino F., Fontana I., Mammone A. & Vicari S., (2013) A Longitudinal Study of Teacch Program in Different Settings: The Potential Benefits of Low Intesity Intervention in Preschool Children with Autism Spectrum Disorder. J Autism Dev Disord DOI 10.1007/s10803-013-1911-y
Nicoletti G., (2013). Una notte ho sognato che parlavi. Milano, Collezione Strade Blu Mondadori.
Sabato 14 e domenica 15 dicembre, presso la Sala Conferenze della Biblioteca Consorziale di Viterbo, si è svolto il corso di aggiornamento sul Coping Power Program (CP), condotto dal Dr. Pietro Muratori. L’evento è stato organizzato dall’AIRRI MEDICAL di Viterbo e patrocinato dalla SITCC Lazio.
Messo a punto da John Lochman, Il CP è tra i pochi programmi di intervento di gruppo per il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente che ha superato il vaglio delle prove di efficacia. Esso prevede la contestuale attivazione di un setting per i bambini in età compresa tra gli 8 e i 14 anni ed un setting, sempre di gruppo, per i genitori.
Il CP ha il pregio di essere trattamento che ordina in una sequenza coerente procedure in parte già utilizzate in passato, sfruttandone al massimo le potenzialità. L’articolazione in sessioni con un’agenda setting definita e condivisa tra i bambini, oltre che l’impegno richiesto per gli homework, garantisce una costante motivazione alla terapia, indispensabile affinché in un piccolo paziente si realizzi cambiamento. Il confronto con gli altri e l’esperienza diretta di non essere gli unici a patire una simile condizione di disagio contribuisce ulteriormente agli scopi della terapia.
Sentirsi minacciati e reagire difensivamente ad adulti vissuti come autorità ingiuste o a regole del cui rispetto non se ne vede la convenienza, perché da quelle stesse autorità imposte sono alcuni dei domini su cui il CP interviene. E lo fa differenziando le procedure in relazione alla tipologia di paziente. Un esempio è rappresentato dalla necessità suggerita di ricorrere alle procedure fondate sulla somministrazione di rinforzi, soprattutto con pazienti caratterizzati da elevati livelli di arousal, diversamente da quanto accade con i soggetti a bassa attivazione, conosciuti in letteratura con il nome di Callous Unemotional.
Bibliografia Lisa A. Lenhart, John E. Lochman, Karen Wells. Coping Power. Programma per il controllo di rabbia e aggressività in bambini e adolescenti. Erickson.
Domenica 3 novembre oltre 200 persone si sono recate a Villa Ada a Roma in occasione della I° Edizione dell’evento ‘Corriamo per l’autismo’ organizzata dall’associazione ‘Divento Grande Onlus’.
Alla gara, competitiva (percorso di 8 km) e non competitiva (4 km) erano presenti sportivi, amanti dello sport, famiglie, genitori e bambini che tutti insieme hanno creato un clima di vicinanza, condivisione e solidarietà per dare un segnale e sostenere la causa dell’autismo.
Subito dopo la ‘gara’ ho avuto la possibilità di conoscere Salvatore Bianca, vicepresidente dell’associazione e soprattutto padre di un figlio autistico, il quale ha parlato dell’evento come occasione di “Sfida” che coinvolgesse il mondo dei runner, in questa mattinata, per il piacere di stare insieme, per puntare sul volontariato e sul sostegno all’associazione affinché possa realizzare progetti che incrementino sia l’autonomia che la socializzazione, una delle più grandi difficoltà che i bambini si trovano ad affrontare.
Questo “esperimento”, così lo chiama Salvatore Bianca, ha permesso di “stare insieme, correre insieme e dare un contributo alla solidarietà” e di “scoprire con entusiasmo che si può fare, si può correre di nuovo nei prossimi anni divenendo un appuntamento fisso per lo sport e la solidarietà”.
Queste riflessioni provengono da un padre che apertamente e con semplicità ha espresso la propria felicità per aver potuto regalare al proprio figlio quattordicenne, momento di crescita in cui sta maturando maggior consapevolezza, una giornata di festa, di affetto, di sorrisi provenienti da tante persone presenti che gli vogliono bene e che non considerano lui né gli altri bambini ‘diversi’ ma ‘speciali’.
Salvatore Bianca con tante altre famiglie presenti hanno creato relazione con tutti i bambini, sono stati con e insieme a loro. Ho visto bambini ridere, divertirsi e correre incitati dalle persone vicine o viceversa che loro stessi trascinavano con allegria e senso di libertà.
L’autismo “non è una malattia ma una condizione” afferma Salvatore Bianca che quella domenica, grazie allo sport e a coloro che hanno partecipato, ha avuto modo di comunicarlo.
C’è chi, invece, per comunicare al mondo l’essenza della relazione con il proprio figlio autistico ha utilizzato l’arte, la fantasia, la personalità facendo degli scatti con la sua macchina fotografica. E’ il caso del fotografo e padre Timothy Archibald che ha fotografato suo figlio Elijah.
Le foto esprimono ciò che gli occhi di questo padre vedono, osservano e che ha dato loro modo di “sperimentare insieme”. Sono emozioni, momenti, attimi in cui padre e figlio “creano un contatto unico e speciale”. Credo sia qualcosa che vada al di là del significato della parola ‘autismo’, delle diagnosi da manuale o delle parole degli esperti.