Il contatto di sguardo è essenziale perché il bambino e l’adulto comunichino e decodifichino le emozioni
Molti teorici interessati alle prime forme di comunicazione, allo sviluppo del linguaggio e alla psicopatologia dello sviluppo hanno sottolineato che i primi vis à vis costituiscono la culla di tutte le successive abilità sociali che un bambino può sviluppare nel corso della sua vita.
Il contatto di sguardo, l’osservazione del volto e delle espressioni del caregiver regolano l’impegno reciproco nell’interazione, l’attenzione coordinata e congiunta dei processi intenzionali di comunicazione che portano all’uso della lingua.
Lo psicologo neozelandese Clowyn Trevarthen, con il costrutto di “intersoggettività primaria”, definisce un’innata capacità di condivisione del bambino, che nasce con i mezzi per ottenere una comprensione intima di un partner attento. Secondo questo approccio, il bambino nasce con un interesse per le emozioni e le motivazioni del suo caregiver e s’impegna, fin dall’inizio, in un immediato contatto emotivo con gli altri, acquisisce abilità comunicative e conoscenze su persone e oggetti.
Numerosi studi che hanno utilizzato lo “Still Face Experiment” in cui, durante un’interazione tra madre e bambino, la madre assume l’espressione del “volto immobile”, hanno messo in evidenza come il bambino tenti di sollecitare, quasi immediatamente, l’attenzione della madre, mostrando una serie di tipici gesti di segnalazione, come sorridere, vocalizzare, gesti di risposta o altri segnali gestuali. Finché persiste l’episodio di Still-Faced e i tentativi dei bambini falliscono per sollecitare la risposta materna, i bambini si impegneranno anche nel modificare la propria autoregolazione, distoglieranno lo sguardo per evitare lo stimolo stressante, si fermeranno, protesteranno o si mostreranno tristi e arrabbiati.
La pronta riparazione dell’interazione, da parte della madre, ristabilisce l’equilibrio e fornisce supporto e nuovo stimolo alla comunicazione. Il contatto di sguardo è quindi essenziale perché il bambino e l’adulto comunichino e decodifichino le emozioni, costruendo significati nella relazione via via sempre più complessi ed articolati.
Alcune condizioni di rischio presenti nei caregiver e nel bambino possono influenzare lo sviluppo di questa capacità e portare a una deviazione rispetto al normale processo di sviluppo delle capacità comunicative nel bambino. La presenza di condizioni psichiatriche nei genitori portano inevitabilmente alla costruzione di modelli interattivi disadattivi. Ad esempio, la mancanza di risposta riparativa da parte del caregiver (come negli esperimenti still face), può avere effetti a lungo termine sullo sviluppo del bambino, a causa della sua reiterazione cronica che porta inevitabilmente a una loro auto-amplificazione.
La ricerca sulla depressione post partum ha provato che i bambini di madri depresse mostrano alte probabilità di mostrare maggiori comportamenti autoconsolatori nonché utilizzare comportamenti meno interattivi. Deviazioni dai tipici schemi interattivi sono state osservate anche nella diade con madri associate ad alto rischio, esposte a farmaci, alti livelli di stress genitoriale e fattori di rischio parentale. I modelli di scambi affettivi negativi sono stati osservati anche in diade con madri che facevano uso di droghe e questi rappresentano i livelli più alti d’impegno negativo del careviger nell’interazione con il proprio bambino.
In psicopatologia dello sviluppo, alcuni bambini presentano una difficoltà specifica nel riuscire a decodificare lo stato mentale dell’altro, e/o lo stato emotivo. Il costrutto dell’empatia, da sempre d’interesse per i clinici, può essere descritto come un insieme di diversi sistemi neurocognitivi tra loro connessi che si sviluppa nel bambino grazie all’interazione con l’ambiente e al supporto dei genitori. Le figure genitoriali lo aiutano a creare uno “stato sanzionatorio interno”, teso a sviluppare l’emozione della colpa e dell’empatia, che lo guiderà nel comportarsi in modo adeguato seguendo le regole della famiglia e degli altri ambienti di vita del bambino. In maniera sintetica, sia può distinguere l’empatia cognitiva, legata alla comprensione esplicita dello stato mentale altrui, dall’empatia emotiva, legata alla condivisione dello stato emotivo dell’altro attraverso la decodifica dei segnali facciali o corporei dell’interlocutore, dall’empatia motoria, che implica l’assunzione di risposte motorie dell’altro.
All’interno dei Disturbi dello spettro dell’autismo e dei disturbi del comportamento in età evolutiva, è possibile rintracciare una precisa difficoltà a entrare in relazione attraverso il canale visivo, in modo particolare sostenere lo sguardo dell’altro non è sempre possibile. Molti interventi terapeutici hanno come obiettivo proprio quello di allenare i bambini a prestare attenzione allo sguardo, promuovendo un aumento della loro sensibilità alle risposte emotive e cognitive dell’altro.
In tempo di pandemia da Covid-19 ci viene chiesto di limitare le nostre interazioni fisiche e sociali, il volto è coperto dalla mascherina ma gli occhi sono rimasti liberi dalla minaccia del virus, possiamo impegnarci ancora di più a comunicare attraverso lo sguardo, aiutando i bambini ad allenare questa importante abilità.
Per approfondimenti
I disturbi del comportamento in età evolutiva, Muratori P. Lambruschi F., 2020